Virus geneticamente modificati per sistemi antenna che mimano i meccanismi di trasporto energetico della fotosintesi naturale
di Luca Longo
Miliardi di anni di evoluzione hanno consentito agli organismi fotosintetici naturali (batteri, alghe e piante superiori) di sviluppare efficienti meccanismi di sfruttamento della luce solare per la loro sopravvivenza.
Protagonista di questi processi è il complesso antenna fotosintetico: una struttura proteica a cui sono legati dei cromofori (clorofille o carotenoidi) a formare una catena anulare ordinata con precise spaziature. La radiazione solare assorbita dai cromofori viene trasferita sotto forma di energia di eccitazione ad un centro di reazione, per essere poi convertita in energia chimica nel noto processo di sintesi di zuccheri a partire da anidride carbonica e acqua.
Ciò che forse è meno noto è che il trasporto di energia ai centri di reazione dei complessi fotosintetici raggiunge efficienze prossime al 100%. Questa sorprendente prestazione deriva dall’intervento degli straordinari effetti della meccanica quantistica: il sistema di cromofori cattura i singoli fotoni solari distribuendone l’energia all’intera catena.
In questo modo l’energia assorbita può essere trasferita istantaneamente al centro di reazione senza subire perdite dovute alle interazioni con la struttura proteica e con le molecole d’acqua che la circondano.
In un recente articolo apparso su Nature Materials un team internazionale di ricercatori Eni Renewable Energy and Environmental R&D Center di Novara, del Massachusset Institute of Technology (MIT) di Boston e del Laboratorio Europeo di Spettroscopie Non Lineari (LENS) di Firenze ha realizzato il primo complesso antenna artificiale in grado di sfruttare gli stessi meccanismi di coerenza quantistica per ottenere un trasporto di energia con efficienze paragonabili a quelle dei complessi naturali.
Il lavoro, durato 4 anni, è nato da un’idea dei ricercatori Eni Roberto Fusco e Petra Scudo, dopo un seminario tenuto da Angela Belcher durante un workshop organizzato presso il Renewable Energy and Environmental R&D Center. Angela Belcher, professoressa di ingegneria genetica al MIT, aveva presentato i risultati di un suo recente tentativo di realizzare sistemi antenna artificiali basati su cromofori legati ad un virus per la scissione dell’acqua in idrogeno e ossigeno. Fusco e Scudo si resero conto che tali sistemi avrebbero potuto essere utilizzati con alcune modifiche per realizzare dispositivi solari ad elevata efficienza sfruttando lo stesso processo di cattura della luce della fotosintesi naturale. Le modifiche suggerite a Belcher riguardavano sia la struttura proteica del virus sia la natura dei cromofori. Eni si fece quindi promotore di un nuovo progetto di ricerca per studiare i possibili fenomeni di trasporto quantistico in questi sistemi, coinvolgendo anche il gruppo teorico di Seth Lloyd, professore di ingegneria quantistica al MIT e uno dei massimi esperti nell’analisi di effetti quantistici in fotosistemi naturali e artificiali, e il gruppo di spettroscopia risolta nel tempo di Paolo Foggi del LENS di Firenze.
Lo studio pubblicato su Nature Materials descrive un sistema biologico artificiale che supporta effetti di coerenza quantistica per l’ottimizzazione del trasporto di eccitoni. Il capside di un virus rappresenta un supporto sul quale ancorare i cromofori. Modificando geneticamente il virus è possibile modificare la struttura proteica del capside e controllare la distanza tra i punti di supporto ai quale ancorare i cromofori. Il sistema è altamente controllabile e consiste in una struttura tridimensionale ordinata (in figura). Una combinazione di misure di spettroscopia risolta nel tempo e di strumenti di modellazione dinamica hanno consentito ai ricercatori di separare i contributi al trasporto quantistico da quelli classici nel trasferimento di energia in modelli fotosintetici artificiali.
Belcher e collaboratori hanno realizzato diversi tipi di complessi antenna virus-cromofori. La base è costituita da un virus batteriofago M13 geneticamente modificato e due tipi di cromofori aggraffati, selezionati in base ai modelli di simulazione: assorbitori donatori di energia e accettori emettitori di luce. I primi simulano il sistema antenna fotosintetico e i secondi i centri di reazione che, in questo caso, sono degli emettitori di luce. Secondo i ricercatori Eni un sistema di questo tipo avrebbe potuto essere utilizzato per la realizzazione di una nuova generazione di concentratori solari luminescenti in grado di catturare la luce solare e di concentrarla su piccole celle solari per la produzione di energia elettrica.
L’uso di geni programmabili permette di manipolare il posizionamento dei siti di legame dei cromofori sulla proteina virale di base in modo preciso e riproducibile e quindi di controllare la distanza tra cromofori primi vicini. Questo fattore influenza direttamente la forza d’interazione tra cromofori che a sua volta è responsabile della delocalizzazione dell’eccitazione. Attraverso successivi tentativi di manipolazione genetica del virus di base, il team di Belcher è riuscito a realizzare sistemi con un’efficienza di trasporto che supera di quasi il 70% la stessa antenna non modificata che supporta solo meccanismi di trasporto classici.
Eni, in collaborazione MIT, sta ora lavorando su dispositivi antenna ottimizzati con l’obiettivo di utilizzarli per aumentare l’efficienza di dispositivi solari.
La ricerca è stata finanziata da Eni nell’ambito della cooperazione Eni-MIT. Oltre a Roberto Fusco e Petra Scudo, che hanno coordinato la ricerca, hanno fatto parte del team Luigi Abbondanza, per i calcoli di simulazione dinamica e fotofisica dei cromofori, Mario Salvalaggio e Andrea Alessi, per le analisi spettroscopiche.