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    Verso i saperi scientifici

    Il presidente onorario della nostra rivista, Romano Prodi, ha voluto dedicare una dei suoi ultimi saluti, come Presidente del Consiglio dei Ministri uscente, all’Accademia delle Scienze. Riteniamo utile riportarne qui un estratto, al posto del nostro editoriale, perché ci è parso un intervento importante, al di fuori di ogni possibile polemica politica del momento, e pieno di elementi di riflessione molto interessanti.

    di Romano Prodi e Alessandro Ovi

    Parlare al meglio della Scienza Italiana, che voi rappresentate, è uno stimolo importante per me politico e per me universitario.

    Due facce di un solo profondo desiderio, mio da sempre, di conoscere per “fare” e di “fare” con grande rispetto della conoscenza.

    Credo che mai come nel tempo che stiamo vivendo l’arte del conoscere che voie rcitate abbia avuto implicazioni tanto importanti sulla possibilità di fare e quindi di governare.

    Al centro della novità di questo stato delle cose sta un termine, forse abusato, ma comunque efficace, la globalizzazione.

    Chi come me viene da Bologna , la più antica università “globale” nel mondo allora conosciuto, sa bene che la ricerca della conoscenza non ha mai sopportato confini, non ha mai avuto paura di confrontarsi con la diversità delle idee. Né poco lontano da Bologna, a Padova, c’era paura a trasportare cadaveri segretamente nella sala anatomica dell’Università per far capire a studenti provenienti da tutta Europa, come era fatto l’organismo umano.

    Ma mai come oggi la ricerca e la scienza hanno toccato così rapidamente e capillarmente i modi di vivere, di percepire se stessi e gli altri di tanti, in tutte le parti del mondo.

    E i luoghi dove il sapere scientifico cresce non sono più gli stessi di anche pochi anni fa.

    Oggi, nel mondo, gli investimenti in ricerca superano i 700 miliardi di euro, ma l’impegno nella scienza fino a pochi anni fa concentrato in America del nord, Europa e Giappone, si è ora esteso ad altri grandi protagonisti, Cina e India in testa.

    Se i dati di crescita di oggi verranno mantenuti, alla fine del prossimo decennio il 90 per cento degli ingegneri, dei chimici e dei fisici saranno asiatici.

    Ma c’è di più. La ricerca si avventura empre più nel mondo dell’infinitamente piccolo, dalle nanotecnologie alle scienze della vita, e produce effetti che si diffondono con una rapidità nuova fino a poco tempo fa impensata aprendo una finestra su mondi che hanno “il sapore dell’origine” .

    E sono effetti che hanno le loro radici in linguaggi sempre più arcani per chi ne beneficia o li subisce. Arrivano quasi all’improvviso e dilagano senza che ci sia stato il tempo per digerirli .

    Il World Wide Web, la struttura portante di Internet, nasce nel 1991 al CERN a Ginevra , nel 1994 ci sono 10.000 utenti nel mondo.

    Oggi, meno di 15 anni dopo,il paese col più alto numero di utenti, la Cina, ne ha più di 150 milioni. L’innovazione non ha più confini né ritardi.

    Non sono sicuro che si possa dire che il “mondo è piatto” perché in realtà è pieno di “voragini”, e basta pensare all’Africa per rendersene conto. Ma il flusso delle cose nuove che vengono dalla scienza scorre quasi dovunque veloce e inarrestabile.

    Tutto pare avere due facce diverse, quasi un coltello che può essere bisturi o pugnale.

    Come le nanostrutture che promettono di catturare l’energia del sole fino a farne davvero una fonte primaria di energia, ma che forse possono penetrare nel nostro organismo come elementi estranei letali, troppo piccole per essere fermate dalle nostre barriere corporee.

    O come l’ ingegneria cellulare che può correggere difetti perfino prima della nascita, ma anche offrire tentazioni di eugenetica o di produzione di “cloni di servizio” .

    Il grande ruolo di chi come voi fa della scienza non solo strumento per soddisfare la curiosità del sapere, ma anche un profondo obiettivo etico, la sfida del conoscere senza lasciare spazio a un fare irresponsabile è durissima, lo sappiamo tutti molto bene.

    Ma è assolutamente inevitabile affrontarla.

    Anche perché oggi, di nuovo, come altre volte in un passato che pensavamo non dovesse più tornare, si sta facendo strada la paura del ” diverso”.

    Una paura che porta alla radicalizzazione dei modi di conoscere secondo modelli di pensiero che con la scienza non hanno nulla in comune.

    Una paura che mina uno dei nostri valori fondamentali: la pace.

    Dobbiamo evitarla. Dovete evitarla.

    Ma, venendo al nostro paese,perché tutto questo abbia un senso dobbiamo anche riflettere sulla nostra scuola. Dobbiamo pensare alla particolare accezione che diamo al termine “cultura”.

    Nessuno dubita che il patrimonio “umanistico” dell’Italia sia staordinario. Arte, achitettura, paesaggio sono una nostra risorsa forse unica al mondo.

    è giusto esserne consapevoli e proteggerla, con una scuola di umanesimo che ne aiuti la comprensione e la valorizzi.

    Ma vivere solo sul passato, per quanto splendido, non basta a rimettere l’Italia al passo col mondo che si sviluppa e si allarga .

    Un passo che richiede la solidità dei valori umanistici certo, ma anche una grande capacità di produrre innovazione per la quale comprendere e applicare la cultura scientifica è assolutamente indispensabile.

    Nel mondo grande e aperto in cui viviamo dobbiamo abbracciare ilmessaggio del recente rapporto Rocard della Commissione Europea:

    “Educazione scientifica ORA: una nuova pedagogia per il futuro dell’Europa”.

    E non è solo l’Europa a dirlo.

    Affermazioni analoghe vengono dai Presidenti delle grandi Università americane preoccupati del degrado delle High Schools del loro paese nella matematica e nelle scienze.

    Un degrado che inaridisce il “vivaio” da cui far emergere le eccellenze di cui hanno bisogno .

    In questo contesto l’Italia ha una posizione particolarmente debole .

    I giovani non si orientano nel numero che sarebbe ragionevole ed auspicabile verso i saperi scientifici.

    Malgrado un leggero recupero negli ultimi due anni, le immatricolazioni in questi settori sono il 55 per cento inferiori a quelle di 10 anni fa.

    Nasce di qui la necessità di un intervento specifico e organico per lo sviluppo della cultura scientifica a partire dalla scuola di base.

    Abbiamo iniziato a farlo. Ora qui in questo mio saluto, c’è anche l’auspicio che da voi venga lo stimolo perché su questa strada si continui.

    Saremmo felici di pubblicare le riflessioni che su questi temi i nostri lettori volessero farci pervenire tramite il nostro sito: www.technologyreview.it

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