Seguici
Iscriviti alla nostra newsletter

    Una sonda in fiamme

    La ESA lancerà dalla Stazione Spaziale un cubesat chiamato Qarman, per farlo esplodere in una palla di fuoco al rientro nell’atmosfera terrestre. Tutto calcolato.

    di Neel V. Patel

    Qarman (abbreviazione di “QubeSat for Aerothermodynamic Research and Measurements on Ablation”) è una sonda sperimentale, delle dimensioni di una scatola da scarpe, studiata per aiutare i ricercatori a comprendere meglio la fisica in gioco quando gli oggetti precipitano nell’atmosfera del pianeta e bruciano.

    Qarman è stato portato all’ISS a dicembre, durante una missione di rifornimento merci. Il 17 febbraio verrà lanciata nello spazio e inizierà lentamente la deriva verso la Terra, per poi entrare nell’atmosfera e bruciare in circa sei mesi.

    Qarman ha quattro pannelli, coperti di celle solari, progettati per aumentare la resistenza atmosferica e accelerare il rientro. La sua punta è realizzata con un tipo speciale di sughero che viene solitamente utilizzato nei sistemi di protezione termica dei veicoli spaziali. I test a terra mostrano che quando il sughero comincia a riscaldarsi, carbonizza e si sfalda un po ‘alla volta. I ricercatori dell’esperimento Qarman sono interessati a scoprire come funziona il processo del rientro.

    Il veicolo spaziale è inoltre dotato di numerosi sensori e telecamere progettati per misurare la temperatura, la pressione e il flusso di calore dall’astronave mentre brucia. Alcuni strumenti si trovano all’interno di un compartimento in carbonio ceramico e aerogel destinato a sopravvivere al rientro (anche se non verranno recuperati e probabilmente andranno persi in mare).

    I dati raccolti dalla morte infuocata di Qarman potrebbero essere usati per migliorare la protezione dei veicoli spaziali, ma l’obiettivo principale del progetto è capire meglio come vanno le cose durante il rientro, così che gli ingegneri possono aiutare a risolvere il crescente problema dei detriti orbitali, ovvero la spazzatura spaziale.

    Il problema dei detriti spaziali, infatti, è destinato solo a peggiorare quando il tasso di lanci di satelliti aumenterà bruscamente nel prossimo decennio. I risultati della missione potrebbero aiutare a costruire satelliti progettati per bruciare completamente a funzioni terminate, una possibilità che contribuirebbe a ridurre la quantità di spazzatura che sfreccia attraverso l’orbita.

    (lo)

    Related Posts
    Total
    0
    Share