Francois Balloux, un epidemiologo computazionale, ha lavorato su un nuovo modello sui diversi metodi per affrontare il contagio da coronavirus e sui compromessi che devono essere perseguiti sul fronte etico.
di Will Douglas Heaven
Ieri il governo del Regno Unito ha radicalmente rivisto la sua politica ufficiale sul coronavirus sulla base di un nuovo modello sviluppato da un team dell’Imperial College di Londra. Il modello mostra i probabili risultati di due grandi strategie: la mitigazione, che mira a eliminare completamente la trasmissione del virus, e la soppressione, che mira a ridurre la velocità di trasmissione a un livello che non travolga i servizi sanitari fino a quando non venga trovato un vaccino.
Seguendo il modello, il governo del Regno Unito sta ora adottando una strategia più vicina alla soppressione che alla mitigazione. Questa strada sembra anche quella intrapresa dagli Stati Uniti. Ho intervistato telefonicamente Francois Balloux, un epidemiologo computazionale dell’University College di Londra, che ha collaborato con i ricercatori di Imperial per lo sviluppo del modello.
Quali ipotesi sono alla base di questo modello?
Al di là del livello tecnico, il modello è dettagliato e realistico, ma suggerisce al momento stesso molte ipotesi, alcune delle quali non esplicite. Ma in termini di stime generali, penso che sia adeguato. Non fornisce numeri specifici, ma suggerisce intervalli. È probabile che molte persone abbiano bisogno di cure costose. È probabile che ci siano numerosi decessi. Ma i numeri sono grandi qualunque scenario venga preso in considerazione. Il documento non è una lettura rilassante, ma direi che è improntato a un relativo ottimismo di fondo.
In che senso?
Ci sono alcune variabili importanti non incorporate. Per esempio, si presume che se qualcuno è infetto, sarà immunizzato a vita. Ma è qualcosa che in realtà non possiamo dare per certa. Non sappiamo per quanto tempo le persone restano immunizzate dopo la “guarigione”, se possono contrarre la malattia un’altra volta e, nel caso, dopo quanti mesi. Queste ipotesi negativa cambierebbe il risultato, e decisamente non in meglio.
L’altra cosa che il modello non considera correttamente è la stagionalità. Per esempio, il raffreddore comune è molto più diffuso in inverno che in estate. Anche il normale raffreddore è un coronavirus, e in qualche modo i due non sono così diversi. Ma il modello non tiene conto di tale cambiamento nel corso dell’anno. Non sto dicendo che avrebbero dovuto esaminare l’effetto del caldo o del freddo sul virus. Piuttosto, presume solo che ci sarà un certo numero di posti letto negli ospedali durante tutto l’anno, il che non è vero. Se le terapie intensive non fossero libere durante il periodo invernale, un focolaio sarebbe molto più deleterio.
Il modello include anche ipotesi sul comportamento delle persone. Cosa prevede?
Il distanziamento sociale è modellato tramite una velocità di trasmissione ridotta. Se le persone non si avvicinano, la velocità di trasmissione diminuisce. Certo, si parte dal presupposto che il distanziamento sociale o l’isolamento siano implementati in modo efficace. Ma se si guardano bene i numeri, non stanno dicendo che non ci deve essere assolutamente alcun contatto tra le persone. Dicono solo che il contatto è ridotto di x o di y.
In effetti, il modello presuppone che una determinata percentuale di persone rispetterà i consigli ufficiali. Eppure non sappiamo cosa faranno le persone. Possiamo consigliare loro di non uscire da casa, di non andare al lavoro, ma se non si applicano rigorosamente tali politiche come si fa a sapere che questi presupposti sono corretti?
Non è esattamente così. Certo, si può consigliare alle persone di non uscire e loro sono libere di ascoltare o meno. Dipenderà da quanto efficacemente viene trasmesso il messaggio e dalla paura delle persone di contagiarsi. È una situazione estrema, specialmente nei paesi democratici, vedere minacce di multe enormi se le persone escono per una ragione non essenziale o partecipano a una riunione “affollata”.
Non sono uno psicologo, ma penso che le persone si adegueranno alle regole da sole. Non è la mia preoccupazione principale. Due settimane fa era diverso, quando la gente diceva: “Oh, è solo l’influenza”. Ma ora che c’è più consapevolezza, gli atteggiamenti cambieranno molto rapidamente. Le persone iniziano a preoccuparsi e quando le persone sono allarmate ascoltano i consigli. Comunque, il fatto che le persone non possano riprendersi la malattia è molto più importante per l’accuratezza del modello rispetto a quanto i cittadini osservino le regole.
Il modello sembra anche supporre che il numero di letti di terapia intensiva rimarrà stabile. Perché non si possono aggiungerne altri?
Nel Regno Unito ci sono circa 400 posti letto in terapia intensiva e l’80 per cento è occupato. Ci sono 100.000 letti ospedalieri standard e alcuni di questi potrebbero essere adattati alla terapia intensiva. Ma non si tratta semplicemente di letti. Necessitano attrezzature, compresi i ventilatori, di cui abbiamo bisogno molto rapidamente, ma anche letti supplementari per la terapia intensiva. Ma è solo un aspetto del problema. Servono il personale qualificato. I medici e gli infermieri della terapia intensiva sono altamente preparati ed è difficile sostituirli.
Il governo ha ora cambiato rotta e sembra seguire una strategia più vicina alla soppressione che alla mitigazione. È quello che raccomanda il modello?
Il modello afferma che la mitigazione ha un grande svantaggio: porterà a molti decessi nei primi mesi. Ma non dice esplicitamente che è una strategia da non seguire.
Pochissime persone lo hanno capito. Da un lato la mitigazione ha conseguenze devastanti a breve termine, tra cui un elevato numero di decessi, specialmente tra le persone anziane. Ma l’altra opzione, la soppressione, presuppone che restrizioni sociali estremamente forti rimangano in vigore fino a quando non viene trovato un vaccino che funziona, il che potrebbe non accadere. Non esiste una soluzione facile. Un’altra cosa da considerare con attenzione è l’impatto di qualsiasi strategia a lungo termine sull’economia. Perché se si verifica una grave recessione economica, ciò avrà anche un forte impatto sulla salute delle persone.
Quindi con la mitigazione si sta giocando d’azzardo con la vita delle persone, assumendo che molte persone moriranno a breve termine. Ma con la soppressione si sta scommettendo su un futuro imprevedibile, in cui le persone moriranno per un periodo più lungo.
Se si fosse in guerra, si potrebbe accettare di perdere tante vite nella prima battaglia se ciò significasse arrivare a una rapida fine. Ma è importante notare che il modello non dice quale sia la strategia migliore. Si tratta sempre di una scelta. Se si valutano la mitigazione e la soppressione nell’arco di uno o due anni, non sono sicuro di quale sia la risposta. Certo, questa è un’analisi portata avanti dal punto di vista scientifico.
Vi sono inoltre prospettive etiche e politiche, incluso il rifiuto di accettare un numero drammatico di morti a breve termine. Ma il modello stesso non dice quale sia l’opzione giusta. In effetti, mi chiedo anche io fino a che punto il distanziamento sociale sia accettabile per la popolazione. Ma non voglio essere frainteso. Non ho la risposta. È un problema troppo complesso per prendere una posizione assoluta.
Immagine: AP / MIT Technology Review
(rp)