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    Una rondine non fa primavera

    A Roma sono tornate le rondini, con un paio di mesi di ritardo rispetto alle previsioni proverbiali: un altro segno dei cambiamenti climatici o del fatto che sia le rondini, sia i cambiamenti climatici non sono del tutto prevedibili?

    di Gian Piero Jacobelli

    Ieri mattina, martedì 21 maggio, ho visto le prime rondini sfrecciare nel cielo di Roma. Magari non erano rondini, ma rondoni, come sostengono alcuni esperti ornitologi: erano comunque il segno di un ritorno che, con le temperature meno rigide, si attendeva da tempo.

    Da almeno due mesi, perché «San Benedetto, la rondine sotto il tetto», come dice l’antico proverbio, e San Benedetto cade il 21 marzo, che di solito segna l’inizio della primavera, ma non quest’anno in quanto, per ragioni astronomiche e calendariali, la primavera ha avuto inizio un giorno prima, il 20 marzo.

    Comunque, giorno più, giorno meno, questo ritardo stagionale sta rinfocolando le preoccupazioni “apocalittiche” dei climatologi, che continuano a mettere in guardia contro la insufficiente, se non mancata, assunzione di responsabilità nei confronti del clima, da parte di quei paesi occidentali e orientali che inquinano maggiormente.

    Come sempre, la nostra rivista può fungere da utile cartina di tornasole, anche sul breve termine, di quanto avviene nel mondo della scienza e della tecnologia, anche a proposito del clima. Non passa settimana, infatti, che da qualche parte del mondo non pervengano studi allarmanti sui pericoli che si corrono, vuoi per l’innalzamento delle temperature del pianeta, vuoi per il conseguente scioglimento dei ghiacci polari, con l’innalzamento del livello dei mari, che secondo una notizia di questa settimana potrebbe rivelarsi, nel 2100, quasi doppio rispetto al circa 1 metro già previsto. Due metri, dunque, che comporterebbero la perdita di quasi 2 milioni di km quadrati di terre emerse, tra le più importanti per la produzione di cibo, da cui potrebbero derivare terribili carestie e massicci movimenti migratori.

    Pochi giorni prima, un nuovo programma di Intelligenza Artificiale, applicato ai mutamenti climatici dei prossimi 50 anni negli Stati Uniti, ci ha fornito delle immagini drammatiche dell’impatto che il cambiamento climatico potrà avere sui centri abitati.

    Un altro passo indietro di pochi giorni e un ulteriore articolo ci ha reso edotti sulla crisi degli ecosistemi naturali e delle specie a rischio di estinzione in conseguenza del cambiamento climatico e del riscaldamento globale, anche quando fosse contenuto entro il limite di 2 gradi stabilito dagli accordi di Parigi.

    Continuando la nostra ricognizione a ritroso delle notizie online pubblicate dalla nostra rivista, troviamo un Rapporto della Banca Mondiale in cui viene sviluppato un modello delle possibili migrazioni su larga scala causate dal cambiamento climatico, dove si parla di circa 150 milioni di persone in movimento in Africa, Asia meridionale e America Latina entro il 2015.

    Non si tratta che di pochi esempi relativi a questo ultimo mese, il mese delle rondini: pochi esempi che accrescono le preoccupazioni, anche se non possono tenere conto delle possibili reazioni, sia sul piano meteorologico, la cui complessità resta sempre molto difficile da decifrare e interpretare, sia su quello comportamentale, nel senso della contrastata, ma comunque crescente consapevolezza dei governi e delle politiche mondiali.

    Nonostante il continuo miglioramento dei modelli digitali e degli algoritmi in gioco, prevedere l’esatto innalzamento dei mari o la durata dei periodi di siccità richiede la individuazione e la considerazione di molteplici variabili sconosciute. Per ora, dunque, limitiamoci alle rondini, chiedendoci dove vadano in inverno.

    In inverno le rondini europee migrano verso il Sud Africa, che raggiungono in poco più di un mese, non attraversando il Mediterraneo, ma viaggiando lungo la costa francese e spagnola, per passare in Africa attraverso il più agevole Stretto di Gibilterra. Poi il Marocco, l’Algeria, il Sahara, la Nigeria, il Ciad, il Congo, arrivando a destinazione intorno a Natale e, un paio di mesi dopo, riprendendo il viaggio verso l’Europa, dove sbarcheranno più spesso alla fine di aprile che alla fine di marzo.

    Insomma, può darsi che, quest’anno, le rondini siano un poco in ritardo, ma questo ritardo non autorizza a profetizzare, quanto meno a breve scadenza, le piaghe d’Egitto, le cavallette, la fame e via dicendo.

    Scrive Aristotele, nella Etica Nicomachea, che «come una rondine non fa primavera, né la fa un solo giorno di sole, così un solo giorno o un breve spazio di tempo non fanno felice nessuno». «C’è bisogno di molte rondini», aggiunge Aristofane, invitando alla prudenza, sia quando si parla di felicità, sia quando si parla di clima.

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