Il nuovo farmaco di Pfizer contro il covid potrebbe aiutare non solo a intervenire sulla pandemia in corso, ma anche a prevenire la diffusione di nuove minacce alla salute pubblica. Rimane aperto il problema del finanziamento della ricerca
di Antonio Regalado
Nei primi giorni della pandemia, nel maggio del 2020, gli Stati Uniti hanno annunciato l’operazione Warp Speed, che prevedeva investimenti di miliardi per lo sviluppo di vaccini. Ma, per lo più nel silenzio dei media, erano già in corso iniziative per progettare una pillola su misura per il covid-19.
I chimici della struttura di ricerca di Pfizer nel Connecticut hanno rispolverato alcune idee che l’azienda aveva sviluppato durante l’epidemia di SARS nel 2003. Già allora, una strategia di attacco ovvia era stata quella di bloccare una componente ben nota del ciclo di vita del virus che coinvolgeva una proteasi chiave, una proteina che orchestra il modo in cui il virus si copia. Se si fosse trovata una sostanza chimica in grado di aderire abbastanza strettamente a quella proteina, si sarebbe impedito al virus di replicarsi nell’organismo, riducendo le possibilità che un paziente si ammalasse gravemente.
La fortuna è stata dalla parte dei ricercatori. Pfizer ha scoperto che nessuna delle migliaia di proteine nel corpo umano condivideva lo stesso pezzo di struttura molecolare con cui prevedeva di interferire nella SARS-CoV-2. Ciò significava che potevano colpire duramente il virus e non aspettarsi alcun effetto collaterale importante. L’azienda ha accelerato lo sviluppo del farmaco testando centinaia di sostanze chimiche in parallelo e quindi producendo grandi lotti di quella più promettente.
I primi vaccini contro il covid sono stati autorizzati negli Stati Uniti nel dicembre del 2020 mentre erano in corso studi sugli animali per un farmaco che in seguito sarebbe stato chiamato Paxlovid. La sperimentazione umana è iniziata a marzo del 2021 ed entro l’autunno Pfizer era pronta a dichiarare il successo.
Un comitato di monitoraggio ha deciso di interrompere lo studio sull’uomo perché i dati dimostravano con evidenza che i pazienti con covid-19 a cui era stato dato il Paxlovid non stavano morendo, a differenza di quelli che avevano ricevuto il placebo. Charlotte Allerton, responsabile del design della medicina di Pfizer, crede che Paxlovid sia il farmaco che è passato più rapidamente dalla fase di sintesi di una nuova sostanza chimica alla efficacia nella terapia.
Poco prima della fine del 2021, un test condotto da Pfizer su volontari non vaccinati ha dimostrato che la nuova pillola riduce dell’89 per cento le possibilità di un caso grave di covid. I risultati sembravano arrivare in un momento perfetto: picchi di contagi, mortalità alta e la nuova variante di omicron a rapida diffusione. Il presidente Joe Biden, la cui amministrazione ha autorizzato la vendita della pillola il 22 dicembre del 2021, l’ha pubblicizzata come “un punto di svolta”.
Finora, il mondo ha guardato ai vaccini per la prevenzione e, nei paesi ricchi, a costose infusioni endovenose di farmaci chiamati anticorpi monoclonali. Con le confezioni di pillole ritirabili in farmacia con una semplice prescrizione medica, la prospettiva cambia completamente.
La proteasi è, nel gergo dei biologi, una molecola “ad alta conservazione”, nel senso che anche se il virus si evolve, cambia raramente. Quindi, mentre il coronavirus è mutato rapidamente per eludere i vaccini, i test di Pfizer confermano che Paxlovid funzionerà altrettanto bene contro qualsiasi variante, che si tratti di omicron o qualsiasi altra cosa venga dopo. “Ha il potenziale per essere un agente pan-coronavirus contro future pandemie, ma è pronto per lottare contro quella attuale”, afferma Dafydd Owen, un chimico di Pfizer.
Ma ci sono altri prodotti antivirali a mostrare risultati promettenti. Alla fine del 2020, un farmaco chiamato remdesivir è stata la prima sostanza chimica approvata negli Stati Uniti per il trattamento del covid-19. Ma il remdesivir deve essere somministrato attraverso una flebo, cinque giorni di seguito. Ciò ha limitato il suo impatto.
Si respira un cauto ottimismo
Nonostante l’entusiasmo iniziale, la pillola di Pfizer continua a scarseggiare. Nel disperato tentativo di porre fine alla pandemia, l’amministrazione Biden ha immediatamente speso 5,3 miliardi di dollari per preacquistare, a dicembre, 10 milioni di dosi di Paxlovid e ha raddoppiato l’importo poche settimane dopo. Ma queste 20 milioni di dosi non saranno disponibili fino a metà anno, per lo più troppo tardi per far fronte all’attuale impennata di omicron.
Alcuni ricercatori medici sospettano che gli spettacolari risultati dei test di Pfizer possano essere troppo rosei. La sperimentazione umana che ha portato alla sua autorizzazione è stata relativamente limitata, coinvolgendo circa 2.000 persone, il che significa che la vera efficacia del farmaco potrebbe essere minore nel mondo reale.
Un altro inconveniente è che Paxlovid, come appurato dai modelli interni di Pfizer, dovrebbe essere somministrato entro cinque giorni dall’inizio dei sintomi. Uno studio dell’agosto del 2021 pubblicato sugli “Annals of Emergency Medicine” ha rilevato che, in media, le persone presentano sintomi per 5 o 6 giorni prima di andare in ospedale. A quel punto, la pillola diventa inutile perché i casi gravi devono affrontare problemi polmonari mortali dovuti non al virus, ma alla reazione immunitaria del loro organismo.
Per questo motivo, Pfizer ha lanciato l’idea di offrire il farmaco alle persone in attesa dei risultati dei test. “Il problema è la velocità”, afferma Myoung Cha, responsabile dell’assistenza domiciliare di Carbon Health, che gestisce strutture mediche itineranti negli Stati Uniti. “Anche se oggi avessimo a disposizione farmaci per via orale, la debacle dei test impedirebbe a molte persone di essere curate“. Pfizer sta anche conducendo uno studio per vedere se le pillole si possono utilizzare alla stregua di un trattamento profilattico.
Vista la scarsità del prodotto, la Food and Drug Administration statunitense ha autorizzato le pillole per chiunque abbia un’infezione da covid-19 confermata e un fattore di rischio per lo sviluppo di malattie gravi. Ma quali fattori di rischio si qualificano e quali pazienti dovrebbero assumere il farmaco è ancora in discussione.
Bob Wachter, direttore medico dell’Università della California, a San Francisco, ha annunciato su Twitter che il suo ospedale avrebbe riservato le pillole a persone con sistema immunitario compromesso, come chi ha subito trapianti di rene o è malato di cancro. Lo stato di New York ha avanzato l’idea di dare la priorità ai residenti neri e ispanici, ragionando sul fatto che sono più a rischio a causa delle disuguaglianze sanitarie.
In ogni caso, il fattore di rischio più significativo per il covid-19 grave è non essere vaccinato e sono state le persone non vaccinate che Pfizer ha preso in considerazione nel suo studio sull’uomo. Se si fornisce l’accesso prioritario alle pillole ai non vaccinati, si rischia di rinforzare le motivazioni di chi non vuole assumere il vaccino.
Tuttavia, David Boulware, un medico dell’Università del Minnesota, sospetta che chi rifiuta il vaccino potrebbe non cercare le cure in tempo per ottenere Paxlovid. I pazienti nella terapia intensiva del suo ospedale, infatti, sono principalmente persone vaccinate con un sistema immunitario poco efficiente o persone non vaccinate che si presentano con serie difficoltà respiratorie. Alcuni hanno già provato rimedi casalinghi “casuali” o trattamenti controversi come il farmaco antiparassitario ivermectina.
“È una finestra di tempo troppo stretta: due giorni per fare il test e altri due per ottenere il farmaco“, dice. “Se una persona se ne rimane in casa e pensa che il covid sia una bufala, difficilmente verrà testato abbastanza velocemente. E quando arriva in ospedale, la malattia sarà guidata dalla risposta infiammatoria del corpo e a quel punto gli antivirali non giocano più un ruolo importante”.
In una dichiarazione, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha affermato che “questi farmaci non saranno alternative ai vaccini”. L’organizzazione, con sede a Ginevra, non ha ancora formulato una raccomandazione formale a favore di Paxlovid e afferma di voler monitorare eventuali effetti collaterali.
Una strategia diversa
All’inizio della pandemia, le organizzazioni internazionali hanno investito miliardi in programmi di vaccinazioni. Hanno anche dato la priorità al “riutilizzo” dei farmaci esistenti, essenzialmente cercando negli scaffali delle farmacie qualsiasi cosa potesse aiutare. Ma la progettazione di un nuovo farmaco chimico personalizzato non ha ottenuto lo stesso tipo di sostegno pubblico. “Il mondo è sembrato rinunciare ai nuovi antivirali senza neanche combattere“, ha scritto l’anno scorso su “Nature” Annette von Delft, ricercatrice dell’Università di Oxford.
Von Delft fa parte di un’organizzazione chiamata Covid Moonshot che afferma di aver lottato per trovare finanziamenti per nuove pillole antivirali. Questo nonostante alcuni grandi successi con altri antivirali, come le pillole per l’HIV e, più recentemente, quelle che hanno sconfitto l’epatite C. Il gruppo afferma che uno dei motivi è che le autorità sanitarie ritenevano che la progettazione di una nuova sostanza chimica da zero avrebbe richiesto troppo tempo.
È vero che la creazione di un prodotto di questo tipo comporta inevitabili cicli di tentativi ed errori. Inoltre, negli ultimi anni alcune grandi aziende farmaceutiche si sono allontanate dalla ricerca antivirale. Nonostante i successi con l’HIV e l’epatite C, l’elenco dei virus per i quali non esiste un vaccino nei paesi ricchi non è molto lungo e le prospettive di profitto con eventuali pillole appaiono limitate.
SARS-CoV-2 provoca la malattia iniettando in una cellula materiale genetico che la induce a replicare le proteine necessarie per produrre ancora più copie del virus. A quanto pare, un certo numero di queste proteine virali sono generate come un unico pezzo, che ricorda una catena di anelli di salsiccia collegati. Il compito dei chimici è tagliare questa grande “poliproteina” in parti funzionanti, intervenendo con una speciale tacca molecolare.
I ricercatori sapevano che se avessero potuto riempire l’apertura con una sostanza chimica talmente aderente da non poter essere staccata, la proteasi non avrebbe fatto il suo lavoro e il virus non si sarebbe moltiplicato. “Creare un inibitore della proteasi è come fresare una chiave da inserire in una serratura”, afferma Michael Lin della Stanford University, che ricorda come produrre e testare prodotti chimici in fretta sia legato alla presenza di fondi illimitati di ricerca e sviluppo delle grandi aziende. Pfizer è stata in grado di sintetizzare 800 molecole, secondo l’azienda.
Dopo aver individuato quelle più promettenti, a settembre del 2020 l’azienda si è mossa rapidamente. Owen ha deciso di accelerare la produzione. Entro dicembre del 2020, alcune delle prime forniture del nuovo prodotto avevano raggiunto White a New York. Mentre tutti gli occhi erano puntati sui vaccini di Moderna e Pfizer, White ha iniziato a somministrare i nuovi composti ai topi infettati da SARS-CoV-2. Il primo è stato un fallimento, ma il secondo, il Paxlovid, si è mostrato vincente, riducendo la quantità di virus nei corpi dei topi di un fattore di mille o più. Entro un anno, il farmaco aveva ottenuto l’autorizzazione dalla FDA.
Un prezzo conveniente
Acquistando 10 milioni di cicli di trattamento di Paxlovid per 5,3 miliardi di dollari, gli Stati Uniti hanno stabilito un prezzo di circa 530 dollari per ciclo di pillole: sei compresse al giorno per cinque giorni. Anche Italia, Germania e Belgio hanno effettuato ordini. Secondo il CEO di Pfizer Albert Bourla, il prezzo del vaccino (circa 30 dollari per ciascuna dose) ha contribuito a determinare il costo del nuovo farmaco.
Ma persino a circa 500 dollari a persona, Paxlovid potrebbe essere un affare. Se i nuovi studi di Pfizer dovessero confermare i dati attuali, il farmaco potrebbe salvare un paziente su 100 di quelli a maggior rischio. Sono 50.000 dollari per una vita. Gli esperti di economia, sostengono che i farmaci hanno anche un “costo negativo”, ovvero permettono di risparmiare denaro mantenendo le persone fuori dall’ospedale, poiché ogni ricovero costa migliaia di dollari.
Inoltre le pillole antivirali sono una specie di polizza assicurativa contro nuove varianti o anche diversi coronavirus che devono ancora essere scoperti. Il covid-19 ha sorpreso più volte gli scienziati mutando in modi che gli consentono di diffondersi più velocemente o addirittura di eludere l’immunità. Alcuni farmaci anticorpali autorizzati per il trattamento del covid-19, come nel caso di quello venduto dall’azienda biotech Regeneron, si sono rivelati inefficaci contro omicron.
Una resistenza del genere si verifica perché il virus modifica continuamente la molecola che usa per entrare nelle cellule, che è l’obiettivo di vaccini e anticorpi. Ma i ricercatori non pensano che potrebbe apparire una forma di covid-19 resistente a Paxlovid, perchè la proteasi avrebbe difficoltà a replicarsi. “Non credo che la resistenza sia una grande preoccupazione”, afferma Shafer, che gestisce un database di tipi di HIV resistenti ai farmaci presso la Stanford University.
La natura meno mutevole del gene della proteasi anche nei virus cugini è un altro motivo per cui il farmaco di Pfizer potrebbe rivelarsi utile contro nuove minacce. I test di laboratorio condotti dall’azienda mostrano che oltre a bloccare la crescita di SARS-CoV-2 nelle cellule, inibisce anche una mezza dozzina di altri coronavirus. Questi includono la MERS, una sindrome respiratoria ad alta mortalità diffusa dai cammelli, il SARS originale del 2003 e una manciata di coronavirus che causano solo raffreddori.
Potrebbero essere in arrivo anche nuove pillole per altre malattie virali. Nel giugno del 2021, gli Stati Uniti hanno annunciato che avrebbero speso 3 miliardi di dollari per un’importante ricerca di farmaci di nuova generazione. Circa la metà di questi soldi servirà a creare una decina di nuovi centri di ricerca antivirali che lavoreranno ciascuno sul covid-19 e su un altro virus a loro scelta, come l’Ebola o il comune raffreddore.
“L’obiettivo è anticipare le minacce alla salute pubblica”, afferma Matthew Frieman, esperto di coronavirus presso la University of Maryland School of Medicine. A suo parere, un giorno i coronavirus potranno essere trattati con una combinazione di farmaci antivirali, simili ai “cocktail” usati per controllare l’HIV. “Sarà probabilmente possibile trovare anche farmaci che funzionano contro quasi tutti i virus”, conclude Frieman. “In passato non avevamo fondi perché a nessuno importava. Ora la situazione è cambiata”.
(rp)