La Rigetti Computing sta lavorando a modelli di chip quantistici con i quali eseguire operazioni con cui spingere la chimica avanzata e l’apprendimento automatico.
di Tom Simonite
Nello spazio ufficio della startup Rigetti Computing a Berkeley, tre grossi frigoriferi dominano la scena – solo uno di questo, però, viene utilizzato per conservare cibo.
Gli altri due frigoriferi utilizzano elio liquido per raffreddare chip sperimentali fino ad una frazione di grado dallo zero assoluto. La società di due anni sta cercando di realizzare l’hardware necessario ad alimentare un computer quantistico, che potrebbe travolgere una qualunque macchina convenzionale affidandosi alla meccanica quantistica.
La società mira a produrre entro la fine del 2017 un prototipo di chip che sia notevolmente più complesso rispetto a quelli realizzati da altri gruppi che stanno lavorano a computer quantistici interamente programmabili. La generazione successiva di chip dovrebbe essere in grado di accelerare alcune forme di apprendimento automatico ed eseguire simulazioni chimiche altamente accurate grazie alle quali potrebbero essere svelate nuove forme di processi industriali, spiega Chad Rigetti, fondatore e CEO della società.
“I chip ai quali stiamo lavorando saranno in grado di risolvere problemi realmente approfonditi”. Per farci un esempio, Rigetti cita il processo Haber-Bosch, utilizzato per produrre ammoniaca per fertilizzanti seppur responsabile del consumo del 2 percento dell’energia mondiale. L’elaborazione di un catalizzatore più efficiente per la reazione sarebbe estremamente utile.
Rigetti mira ad allestire una sorta di servizio quantistico nel cloud attraverso il quale i clienti possano pagare per sottoporre problemi ai chip superconduttori della società.
Sta anche lavorando a software per agevolare la scrittura di codici da parte di altre aziende sul suo hardware quantistico.
Per riuscire nei suoi piani, Rigetti dovrà riuscire a compiere balzi in avanti, nella scienza e nell’ingegneria, che hanno finora eluso laboratori governativi, aziendali ed accademici. Per quanto i fisici abbiano ormai gettato le basi per progettare un computer quantistico e descritto i benefici che questi potrebbero portare, la loro costruzione si è finora rivelata complessa.
Il processo comporta il collegamento di dispositivi denominati qubit, che rappresentano bit digitali di dati utilizzando delicati stati quantistico-meccanici. Proprio come le componenti di base in un computer convenzionale, possono codificare uno 0 o un 1 – ma possono anche entrare in uno stato che contempla entrambi allo stesso tempo. Quando i qubit interagiscono in questo stato di “superposizione”, riescono a prendere delle scorciatoie computazionali che i computer convenzionali non riescono a sfruttare.
I fisici hanno realizzato qubit in modi differenti. I ricercatori di governi ed accademie sono però riusciti a far funzionare pochi qubit fra loro. Una startup canadese di nome D-Wave ha venduto un chip con più di mille qubit a clienti quali Lockheed Martin e Google, ma la tecnologia non è ancora stata dimostrata al punto da confermare i benefici dei computer quantistici.
I qubit sono difficili da gestire in gruppo perché gli stati quantici che utilizzano per rappresentare i dati sono estremamente delicati e i dispositivi interferiscono l’uno con l’altro. Rigetti spiega che la sua società ha sviluppato un design che dovrebbe essere sufficientemente stabile da poter essere prodotto in scala, utilizzando peraltro i convenzionali processi produttivi per chip.
Al momento, la startup sta testando un chip da tre qubit realizzato con circuiti in alluminio depositati su un wafer in silicio; il design che verrà presentato il prossimo anno, invece, dovrebbe presentare 40 qubit. Stando a Rigetti, un simile sviluppo è possibile grazie al software di progettazione creato dalla società, che permette di ridurre il numero di prototipi necessari prima di arrivare al design finale. Versioni con 100 o più qubit sarebbero in grado di prestazioni migliori rispetto a quelle dei computer ordinari in termini di simulazioni chimiche e apprendimento automatico, spiega Rigetti.
Altri ricercatori al lavoro sui computer quantistici concordano sull’idea che la tecnologia dei qubit sia finalmente arrivata al punto da poter combinare un maggior numero di dispositivi. Il leader del laboratorio di informatica quantistica di Google, che al pari di Rigetti utilizza qubit superconduttori, ha previsto di poter costruire chip con circa 100 qubit nel giro di un paio di anni (vedi “Google’s Quantum Dream Machine”). Ricercatori di IBM, MIT Lincoln Lab e altre istituzioni hanno sviluppato anch’essi qubit superconduttori di alta qualità “IBM presenta un chip per l’informatica quantistica”). Lo stesso Rigetti, in precedenza, lavorava nel gruppo di ricerca di IBM.
“È un periodo veramente emozionante”, dice Daniel Lidar, direttore del Center for Quantum Information Science and Technology della University of Southern California. “Non è incrementale; stiamo veramente cominciando ad assistere a diversi gruppi che, lavorando con i qubit superconduttori, riescono a compiere grandi passi in avanti”.
Ciononostante, precisa Lidar, non è ancora chiaro quando chip quantistici utili e scalabili cominceranno ad essere prodotti. Ogni serio tentativo di realizzarne uno, spiega, continua ad avere dei costi enormi. I profitti di Google nel business delle pubblicità online gli permettono di dedicare enormi risorse a piacimento. D-Wave, la sola società ad offrire un chip qubit su larga scala, ha più di 100 dipendenti ed ha ricevuto oltre $120 milioni da diversi investitori, fra cui il fondatore di Amazon, Jeff Bezos, e la CIA.
La società di Rigetti ha raccolto $5 milioni in fondi ed impiega circa 15 persone. Gli intensi confini di una startup, secondo lui, fornirebbero l’ambiente migliore per risolvere le grandi sfide dietro l’implementazione massiccia della tecnologia qubit. Rigetti sostiene inoltre che la società saprà raccogliere ulteriori fondi ed assumere più dipendenti in base alle necessità.
(MO)