Seguici
Iscriviti alla nostra newsletter

    Un mondo a più variabili

    Non siamo preoccupati perché qualcosa, o forse molto, sta cambiando. Perché si sta passando, almeno in Italia, dalla grande alla media e piccola industria, dalla industria pesante a quella leggera.

    di Gian Piero Jacobelli

    Che nel corso delle generazioni mutino le vocazioni prevalenti, che se prima si cercava a tutti i costi di essere come gli altri adesso si cerchi di essere diversi dagli altri, non sarebbe un motivo di preoccupazione, anzi. Come insegnano i paradossi della cosiddetta glocalizzazione, in ogni «doppio legame» al rischio del disorientamento si accompagna sempre una nuova potenziale creatività.

    Il fatto preoccupante è che non si tratta di libere scelte, ma di scelte obbligate. Che da noi non si sceglie, ma si fa finta di scegliere ed è anche peggio, perché così il sistema – si pensi per esempio, ma non soltanto, a quello formativo – tende a irrigidirsi su posizioni astratte, involute, sostanzialmente impraticabili. Il compito della nostra rivista, tra tanti altri operatori dell’informazione scientifica e tecnologica, è stato appunto quello di contribuire a mantenere viva la possibilità di scegliere attraverso il metodo più antico del mondo: l’incontro e il confronto, la comparazione e la sintesi, come si diceva una volta nella riflessione filosofica. Un incontro e un confronto che, programmaticamente, avveniva nel contesto della ricerca più qualificata, quella dei centri di eccellenza americani. Da allora, da quando abbiamo cominciato il nostro lavoro, molte cose sono cambiate anche in questo incontro e in questo confronto. 

    Da un lato, infatti, sono state integrate nell’originario quadro di riferimento importanti realtà esterne a quelle americane: si vedano i servizi sempre più numerosi che sono dedicati alle novità provenienti dell’estremo oriente, croce e delizia di ogni riflessione sullo sviluppo e sulla concorrenzialità mondiale. E, dall’altro lato, sono state adeguate le formule redazionali e grafiche alla proiezione verso nuovi pubblici: una proiezione che, al di là delle sue ragioni editoriali, comporta anche l’esigenza di coinvolgere progressivamente non soltanto gli addetti ai lavori, ma la gente in genere, tutti coloro che partecipano a diverso titolo ai processi di cambiamento e, ciascuno per la propria parte, sono chiamati ad assumersene le relative responsabilità.

    Come si può vedere da questo fascicolo, ancora una volta questa esigenza appare evidente, nella grafica, più compatta e leggibile, ma anche più ricca di visualizzazioni; nella struttura redazionale, con nuove rubriche, per sintetizzare e inquadrare le informazioni rilevanti. E altre novità compariranno nei prossimi fascicoli, tutte orientate verso un allargamento dell’impegno di comunicazione dagli specialisti a un pubblico più vasto, ma non generico: i nostri interlocutori potenziali sono infatti i cittadini, chiamati a conoscere e a decidere, e soprattutto, come sottolinea Alessandro Ovi nel suo intervento, a «sognare» in maniera più pertinente e produttiva. 

    In questo senso, «Technology Review», nelle diverse edizioni mondiali, intende porsi e proporsi, nei suoi settori di competenza, come una complessa rete di conoscenza e di valutazione, in grado non soltanto di fornire informazioni scientifiche e tecnologiche sempre più precise, dettagliate e comprensibili, ma anche di prescindere da un unico punto di vista e di rispondere adeguatamente alla logica di un mondo a più variabili. Perché sognare è importante, ma a occhi aperti. 

    Related Posts
    Total
    0
    Share