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    Un materiale rimanda il calore nello spazio e promette di reinventare la climatizzazione

    Una tecnologia per il raffreddamento radiativo potrebbe contribuire ad abbattere del 70 percento i consumi energetici nei nuovi edifici – e abbattere significativamente la domanda nelle strutture esistenti.

    di James Temple

    Eli Goldstein, cofondatore di SkyCool Systems, mi ha mostrato il risultato delle ricerche condotte dalla piccola spinout di Stanford in un piccolo garage a Burlingame, in California.

    La società sta sviluppando degli spechi high-tech pensati per raffreddare i palazzi in maniera ben più efficiente rispetto ai tradizionali impianti di climatizzazione; per farlo, questi specchi sfruttano un fenomeno dell’ottica che permette a una ridotta fascia delle radiazioni luminose di sfuggire verso lo spazio (vedi “Come consumare meno con l’aria condizionata”).

    In base alle applicazioni e alle condizioni climatiche, questa tecnologia potrebbe abbattere il consumo di energia per il raffreddamento delle strutture di un valore compreso fra il 10 e il 70 percento, intaccando uno dei principali fattori di sforzo sulla rete elettrica e contribuendo significativamente alla riduzione delle emissioni di gas serra.

    Per comprendere l’esatto funzionamento di questi pannelli, occorre rivedere alcune basi fondamentali. Tutti gli oggetti disperdono calore nella forma di radiazioni infrarosse, una forma di luce invisibile nella parte rossa dello spettro luminoso. Cappotti, guanti e sciarpe sono pensati per trattenere quanta più radiazione possibile e tenerci al caldo nelle fredde sere d’inverno. L’atmosfera stessa, principalmente nella forma di molecole d’acqua, disperde una porzione di calore.

    Una frazione di queste emissioni nel campo medio infrarosso (con lunghezze d’onda comprese fra gli 8 e i 13 micrometri), sfugge attraverso il fenomeno conosciuto come la “finestra sullo spazio”. I materiali che emettono radiazioni in questa frazione scagliano letteralmente il calore nelle fredde vastità dello spazio, o almeno nelle parti più fredde dell’atmosfera, permettendo alle superfici di raggiungere temperature inferiori rispetto a quelle dell’aria circostante. Questo fenomeno naturale è responsabile della formazione di brina sulle superfici anche quando le temperature non raggiungono il punto di congelamento.

    Una sfida fondamentale nel cercare di sfruttare questo meccanismo sta nel fatto che, durante il giorno, il calore del sole combatte qualunque forma di raffreddamento. In una ricerca comparsa su Nature nel tardo 2014, gli scienziati di SkyCool Systems avevano risolto questo problema sviluppando un materiale avanzato in grado di irradiare la luce infrarossa nello spettro che passa attraverso l’atmosfera, riflettendo nel contempo il 97 percento della luce solare. Posizionato su un tetto ed esposto a luce solare diretta, il materiale manteneva una temperatura 4.9 °C più bassa rispetto a quella dell’aria, per una “potenza di raffreddamento di 40.1 watt per metro quadrato”.

    Tre dei ricercatori coinvolti in questo lavoro hanno fondato SkyCool Systems la scorsa primavera per cercare di commercializzare la tecnologia. Goldstein è il CTO dell’azienda; Aaswath Raman, autore principale del documento originale e “Innovator Under 35” nel 2015, è il presidente, mentre Shanhui Fan, un professore di ingegneria elettrica di Stanford, funge da consulente.

    La scorsa settimana i ricercatori hanno pubblicato un paper di aggiornamento su Nature Energy, dimostrando che una versione più grande della tecnologia può essere impiegata per raffreddare l’acqua corrente. Collocando dei tubi dell’acqua direttamente sotto i pannelli, i ricercatori sono riusciti a raffreddare la temperatura dell’acqua di 5 °C in tre giorni. Il risultato indicherebbe che la tecnologia può essere incorporata nei meccanismi di climatizzazione e refrigerazione esistenti. Attraverso una serie di modelli, i ricercatori hanno dimostrato come la tecnologia, installata all’interno di un edificio di due piani a Las Vegas, sia in grado di ridurre del 21 percento il consumo energetico dovuto alla climatizzazione nel periodo estivo.

    La possibilità di annettere il sistema agli edifici esistenti, e ridurre così i costi di gestione, si traduce in un potenziale di mercato enorme. Intorno al 14 percento della produzione energetica complessiva degli Stati Uniti va alle strutture commerciali e residenziali. Il programma ARPA-E del DoE, che nel 2012 aveva fornito $3 milioni ai ricercatori della SkyCool, aveva identificato nei pannelli per il raffreddamento radiativo il potenziale per ridurre il consumo energetico del 10-20 percento, e alleviare il carico sulla rete elettrica durante i periodi di picco.

    Risparmi energetici persino maggiori potrebbero venire dall’inclusione di sistemi di raffreddamento radiativo nella fase di progettazione di nuovi edifici, spiega Nick Fernandez, un analista di energia del Pacific Northwest National Laboratory. Accoppiando questo nuovo sistema a un impianto di raffreddamento radiativo idronico – un metodo raro ma efficiente per risparmiare sul raffreddamento dei palazzi che consiste nel far circolare acqua piuttosto che muovere aria – riscaldamento, climatizzazione e ventilazione potrebbero raggiungere il 70 percento del risparmio in condizioni climatiche ideali, stando a una analisi di simulazioni pubblicata nel 2015, di cui Fernandez è autore principale.

    SkyCool non è la sola società a interessarsi a questo mercato. Lo scorso febbraio, un team di ingegneri della University of Colorado, Boulder, ha pubblicato su Science un paper in cui descrive “un materiale ibrido in vetro-polimero che ha raggiunto una potenza di raffreddamento del 93 percento watt per metro quadro nelle ore più calde del giorno”. I ricercatori hanno sottolineato il fatto di aver già elaborato un metodo di produzione economico per il materiale; di conseguenza, secondo una pubblicazione da parte dell’università, il materiale “avrebbe il potenziale per trovare importanti applicazioni sia commerciali che residenziali”.

    Come nel primo caso, anche i ricercatori della CU hanno raccolto fondi dall’ARPA-E, presentato la richiesta di brevetto e fondato una società, la Radi-Cool. Gli scienziati sono in trattativa con alcuni potenziali investitori e produttori, stando a Ronggui Yang, un professore di ingegneria meccanica, coautore del paper e direttore generale della startup.

    I ricercatori di SkyCool, che sono riusciti a raccogliere altri fondi da parte del governo federale e di privati, continuano a migliorare l’efficienza dei loro materiali avanzati. Raman, il CEO della startup, non è ancora disposto a parlare di costi di prodotto, ma crede che qualunque cifra potrebbe essere ammortizzata nel lungo termine grazie al risparmio energetico assicurato. Se un radiatore per coperture, come quello a cui sta lavorando la società, avesse un costo inferiore ai 58 centesimi per piede quadrato, il risparmio energetico permetterebbe di coprire i costi in appena cinque anni, stima lo studio del Pacific Northwest Lab.

    La società sta conducendo prove sul campo della sua ultima generazione di pannelli a Davis, in California, distante un paio di ore da Burlingame, nella Central Valley, per valutarne l’efficacia come sistema di potenziamento sia degli impianti di climatizzazione che dei sistemi di refrigerazione.

    Il prossimo grande traguardo di SkyCool sarà una dimostrazione su larga scala assieme a un primo cliente o partner, che Raman e Goldstein sperano di organizzare per l’anno prossimo. Il team ha presi di mira grandi aziende, quali supermercati e data centers, dove qualunque forma di risparmio energetico è benvenuta.

    (MO)

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