Se non si riuscirà a risolvere il problema, la stazione spaziale internazionale sarà costretta a fare un nuovo rifornimento d’aria.
di Neel V. Patel
Nel bel mezzo della notte di due giorni fa, i due cosmonauti e un astronauta sulla Stazione Spaziale Internazionale sono stati svegliati da una chiamata dal controllo della missione. E’ stato detto loro che c’era un buco in un modulo sul lato russo della stazione, responsabile della fuoriuscita di aria dal veicolo spaziale da 150 miliardi di dollari immerso nel vuoto dello spazio. Il loro compito è quello di localizzare la perdita e vedere se possono ripararla, poiché la situazione appare allarmante, almeno al momento anche se una lettura successiva ha ridimensionato la gravità del problema.
La ISS si occupa della perdita d’aria da oltre un anno. Scoperto per la prima volta nel settembre 2019 quando la NASA e i suoi partner hanno osservato un leggero calo della pressione atmosferica, il problema non ha mai rappresentato una minaccia per gli equipaggi a bordo. È stato solo in agosto, dopo che le squadre di terra hanno notato che la perdita si stava aggravando, che è stata avviata un’indagine per trovare finalmente la causa e porre rimedio al problema.
Da allora, l’astronauta americano Chris Cassidy e i cosmonauti russi Anatoly Ivanishin e Ivan Vagner hanno trascorso diversi fine settimana accovacciati in un unico modulo, con il resto dei portelli della stazione chiusi, e hanno effettuato misurazioni dei cambiamenti di pressione dell’aria negli altri moduli. Dopo numerosi tentativi, è stato deciso che la perdita era localizzata nel modulo Zvezda, che fornisce supporto vitale alla parte russa della stazione.
L’ISS perde sempre un po’ d’aria e ciò in genere richiede semplicemente la sostituzione dei serbatoi di azoto e ossigeno durante le regolari missioni di rifornimento. Ma il fatto che la perdita stesse peggiorando avrebbe richiesto la sostituzione dei serbatoi prima del previsto e la possibilità che la situazione peggiorasse rapidamente. (Si veda tweet)
Per trovare la posizione esatta della perdita, Cassidy e i suoi compagni di squadra dovranno trascorrere un po’ di tempo fluttuando intorno al modulo con un dispositivo portatile chiamato rilevatore di perdite ad ultrasuoni, che individua le frequenze emesse dal flusso d’aria che fuoriesce da piccoli buchi e crepe. Il rumore sulla stazione può rendere più difficile rilevare queste frequenze e l’equipaggio potrebbe dover attraversare più volte alcune aree per trovare effettivamente la fonte.
Un’azienda vuole migliorare questa strategia implementando un robot in grado di “ascoltare” le perdite e identificarle in tempo reale, senza bisogno dell’intervento umano. Una volta trovata la fonte della perdita, la si riparerà con un kit che utilizza resina epossidica.
Non esiste solo la perdita di ossigeno. L’ISS ha già subito fuoriuscite di ammoniaca provenienti dai circuiti di raffreddamento della stazione. Poiché l’ammoniaca è tossica per l’uomo, tali perdite richiedono un’azione immediata, che comporta lunghe passeggiate nello spazio per identificare i fori nel sistema di raffreddamento e ripararli.
Il problema dimostra che anche un veicolo spaziale ben progettato e protetto come la ISS non è invulnerabile. E poiché vediamo più paesi e aziende inviare esseri umani in missioni con equipaggio in orbita, tali perdite saranno un evento molto più comune e probabilmente non tutti i veicoli spaziali reagiranno alle difficoltà come l’ISS.
Ci sono due modi principali in cui si genera una perdita su un veicolo spaziale. La fuga di più alto profilo della ISS nella memoria recente risale all’agosto del 2018: un buco di 2 millimetri su una navicella spaziale russa Soyuz ancorata alla stazione in quel momento. Quel buco sembra essere stato il risultato di un errore di perforazione commesso durante la fase di produzione (sebbene l’agenzia spaziale russa sia stata cauta su cosa effettivamente l’abbia causato).
Il mistero di quella perdita ha fornito materiale ai teorici della cospirazione, ma il fatto che il buco sia stato accidentalmente fatto da un trapano è stato un evento fortunato in quanto un buco del genere è pulito e preciso e poco soggetto a crepe o dilatazioni.
Ma quando l’ISS genera una perdita senza una chiara causa, il principale sospetto è una collisione casuale con un micrometeoroide o un piccolo pezzo di detriti (alcuni di dimensioni millimetriche). Gli oggetti nell’orbita terrestre sfrecciano a velocità estremamente elevate. La Stazione Spaziale Internazionale, per esempio, ha una velocità media di 7,66 chilometri al secondo o 17.000 miglia orarie.
Alcuni micrometeoroidi nello spazio superano le 20.000 miglia orarie. A queste velocità elevatissime, anche piccoli oggetti più piccoli di un centimetro possono assolutamente distruggere oggetti più grandi o lasciare crepe o danni strutturali che si propagano attraverso il resto dello scafo della navicella o perforano il sistema di raffreddamento dell’ammoniaca.
I veicoli spaziali pressurizzati, solitamente progettati per essere abitabili, sono più vulnerabili a questi problemi, poiché la pressione interna provoca ulteriore stress sullo scafo del veicolo spaziale. “Le crepe sono più vulnerabili a fattori di stress aggiuntivi”, afferma Igor Telichev, ingegnere dell’Università di Manitoba in Canada ed esperto di collisioni di veicoli spaziali con detriti. “Un buco, anche grande, è ovviamente dannoso, ma una crepa potrebbe iniziare a propagarsi in tutta la struttura e minacciarne l’integrità”.
Gli ingegneri cercano di progettare veicoli spaziali con scudi in grado di resistere a collisioni con micrometeoroidi e piccoli frammenti di detriti spaziali. Per la ISS, hanno usato il cosiddetto scudo Whipple (dal nome del suo inventore, il defunto astronomo di Harvard Fred Whipple). È un sottile paraurti esterno che è distanziato dalla fiancata principale della navicella. Il paraurti non ferma completamente i micrometeoroidi in arrivo o altri piccoli detriti, ma rompe questi pezzi in una nuvola di piccole particelle che si aprono a ventaglio su una vasta area e rappresentano un rischio minore. Per la fiancata è molto differente essere colpita da un singolo grande proiettile o da frammenti.
Esistono diverse varianti dello scudo Whipple. Alcune, per esempio, hanno un’imbottitura in kevlar o ceramica tra gli strati. La stessa ISS ha oltre 100 diverse configurazioni di scudo Whipple, poiché alcune aree sono più vulnerabili alle collisioni di micrometeoroidi rispetto ad altre.
Ma come evidenziato dalla storia della stazione con impatti con micrometeoroidi, gli scudi Whipple non sono impenetrabili. I futuri veicoli con equipaggio e le stazioni spaziali che saranno realizzati si troveranno di fronte a un traffico spaziale sconosciuto al tempo della ISS e saranno probabilmente più vulnerabili alle perdite causate da collisioni con piccoli detriti e particelle.
Quando è stata costruita 20 anni fa, pochi esperti prevedevano quanti altri oggetti avrebbero attraversato l’orbita terrestre. Il problema è destinato a peggiorare in quanto l’industria spaziale si espande e gli esseri umani lanciano sempre più veicoli. Possiamo costruire schermature che tengano conto di un ambiente in cambiamento, ma nemmeno i migliori modelli futuri possono prevedere l’accumulo di detriti spaziali.
Nel febbraio 2009, i satelliti Iridium 33 e Kosmos-2251 si sono scontrati, creando un’enorme fascia di detriti che ha iniziato a circolare attraverso l’orbita terrestre. I pezzi più grandi sono stati identificati e rintracciati, ma i detriti di lunghezza inferiore a 10 centimetri – pezzi che rappresentano a loro volta una minaccia per lo scafo delle astronavi – sfrecciano nello spazio senza essere monitorati.
L’incidente ha dimostrato che eventi imprevisti potrebbero inasprire il problema della protezione dei veicoli spaziali. “Qualsiasi grave incidente potrebbe cambiare drasticamente la situazione e aumentare i rischi per un numero imprecisato di veicoli spaziali in orbita”, afferma Telichev. “Quello che decidiamo oggi potrebbe non essere già più valido domani”.
La schermatura può aiutare a prevenire la comparsa di perdite, ma “il problema è inevitabile”, afferma Telichev, che sostiene anche che l’unica possibile soluzione sia una migliore gestione dello spazio e la riduzione dell’accumulo di detriti grandi e piccoli. “Se il governo mondiale non presta attenzione al problema ora”, continua, “di certo non se ne andrà da solo”.
Cassidy e il suo team stanno ancora cercando la perdita. Northrop Grumman Cygnus, una missione di rifornimento è prevista è sulla rampa di lancio, seguita dal Crew Dragon di SpaceX il 14 ottobre per portare altri due cosmonauti e un astronauta sulla ISS. Tra il disimballaggio delle nuove forniture e gli esperimenti scientifici e l’accoglienza del nuovo equipaggio, non ci sarà molto tempo per trovare la perdita nelle prossime settimane, quindi la pressione è, a dir poco, alta.
(rp)