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    Ricerca per la transizione energetica

    Ci prepariamo al futuro low-carbon investendo in ricerca e sviluppo.

    di Eni Staff

    Produrre energia al più basso impatto carbonico è la sfida che oggi ogni azienda energetica è chiamata a cogliere. Per vincerla, Eni ha scelto di investire in un’attività che sa condurre particolarmente bene: la ricerca scientifica e tecnologica.

    Nel Piano d’Azione 2020-2023 Eni ha dedicato 4 miliardi di euro a ricerca e sviluppo sulla carbon neutrality ed economia circolare e cioè il 30% in più rispetto al Piano Strategico 2019-2022. Nell’ambito della R&D attualmente lavorano 1500 persone di Eni, operano 50 impianti pilota e sono in corso collaborazioni con 70 Università e Centri Ricerche.

    L’impegno della società nella decarbonizzazione e nella transizione energetica si concretizza anche in partnership strette con Oil and Gas Climate Initiative (OGCI), Commonwealth Fusion Systems LLC (CFS), Divertor Tokamak Test (DTT) e con le principali università e istituzioni di ricerca, fra cui ENEA, CNR e MIT. L’80% degli investimenti riguardano la neutralità carbonica e l’economia circolare. Per il solo 2019, Eni ha investito nella ricerca scientifica e sviluppo 194 milioni di euro complessivi, di cui circa 102 milioni dedicati al percorso di decarbonizzazione ed all’economia circolare.

    La scienza ha bisogno di relazioni perché di esse si nutre il nostro cervello. Per questo Eni continua a rafforzare la propria rete di collaborazioni con le più importanti realtà scientifiche nazionali e internazionali.

    A marzo 2018 sono stati sottoscritti nuovi accordi con Commonwealth Fusion Systems (CFS) e Massachusetts Institute of Technology (MIT) per potenziare lo sviluppo industriale della fusione magnetica: una fonte di energia sicura, sostenibile, praticamente inesauribile e senza alcuna emissione di elementi inquinanti, né scarti di lungo termine. A gennaio 2020, la società ha anche sottoscritto un’intesa con la Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile (ENEA) per realizzare un grande polo scientifico-tecnologico sulla fusione DTT (Divertor Tokamak Test), che verrà realizzato nel Centro Ricerche ENEA di Frascati (Roma) dalla società DTT Scarl, di cui Eni avrà il 25%.

    Per moltiplicare l’accesso a tecnologie emergenti di grande impatto, inoltre, è stato adottato un approccio di Open Innovation attraverso Eni Next e in OGCI-Climate Investments. Grazie a queste collaborazioni la società si prefigge di sviluppare il proprio network con università, centri di ricerca, start-up, imprese hi-tech e tutte le realtà che stanno preparando il futuro energetico low-carbon. Al tempo stesso, proseguiranno gli investimenti in iniziative di venture capital e di sviluppo e deployment di tecnologie disruptive, con un focus su Economia Circolare, Decarbonizzazione ed Energie Rinnovabili.

    Nel corso del 2018, infine, Eni ha siglato un Memorandum of Understanding (MOU) con il Consiglio Nazionale per le Ricerche (CNR) per realizzare un programma di studio in quattro aree ad alto interesse scientifico e strategico: fusione magnetica, acqua, agricoltura ed ecosistema artico. Le attività di ricerca sono svolte in 4 centri di ricerca congiunti nell’Italia Meridionale: Gela, Metaponto, Portici e Lecce, con un impegno economico complessivo di oltre 20 milioni di euro per una durata di cinque anni.

    Transizione energetica

    Il gas naturale rimane al centro della strategia di Eni per sostenere la transizione energetica. Con il suo basso impatto carbonico, può sostituire le fonti più inquinanti nel periodo che accompagna la conversione del sistema energetico verso le rinnovabili.

    Attorno a questa risorsa Eni sta sviluppando impianti pilota e dimostrativi che impiegano le tecnologie che finora sviluppate. Ne è esempio il sistema per la trasformazione del metano in metanolo attraverso piccoli impianti anche off-shore o floating, in modo da poter sfruttare in modo utile quantità marginali di gas naturale altrimenti destinate al flaring.

    Dal 2015, inoltre, la società ha istituito il Programma Energy Transition, focalizzato sullo sviluppo di tecnologie low carbon e in particolare sulla filiera del metanolo e sull’utilizzo della CO2. In particolare, il programma si concentra sulle tecnologie a valle della produzione di gas naturale sviluppando tre filoni principali di ricerca e sviluppo:

    – conversione e valorizzazione dell’idrogeno solforato (H2S)
    – valorizzazione del gas naturale e conversione del metano in liquidi per facilitare il suo trasporto e utilizzo
    – gestione e utilizzo della CO2 per la riduzione delle emissioni climalteranti.

    Energie rinnovabili

    Nel campo delle energie rinnovabili la società sta sviluppando tecnologie innovative che possono essere facilmente integrate nelle sue attività Upstream e Downstream, in particolare sviluppando impianti solari di nuova generazione.

    Esempi significativi dei risultati ottenuti in questo ambito sono il solare termodinamico a concentrazione (CSP),il fotovoltaico organico (OPV)  e i concentratori solari luminescenti (LSC). Con il deployment del CSP potremo produrre vapore per alimentare impianti industriali, con l’installazione di moduli dimostrativi OPV potremo testare un nuovo sistema per fornire elettricità a ulteriori sensori di rilevamento da collocare in zone di impianti industriali che ne erano prive, mentre con la tecnologia Eni Ray Plus alla base degli LCS si possono già realizzare finestre intelligenti che producono elettricità e migliorano la luminosità naturale degli ambienti.

    Sempre nel mondo delle rinnovabili, un ambito in cui la società sta investendo è la produzione di energia elettrica dal moto ondoso, per il quale abbiamo sviluppato la tecnologia Inertial Sea Wave Converter (ISWEC) insieme al Politecnico di Torino (PoliTO) e allo spin-off Wave for Energy S.r.l. : una dimostrazione delle potenzialità del nostro approccio di open innovation. Semplice ed evoluto, ISWEC è un sistema galleggiante che trasforma il movimento delle onde marine in elettricità, per alimentare impianti offshore o piccole comunità costiere.

    Un impianto pilota è già attivo a Ravenna, collegato alla piattaforma PC80 e integrato in un sistema ibrido smart grid unico al mondo composto da fotovoltaico e sistema di stoccaggio energetico. Superando ogni aspettativa, questa prima applicazione ha già raggiunto un picco di potenza di oltre 51 kW. Inoltre, in collaborazione con Ocean Power Technologies (OPT), abbiamo applicato su scala pilota, sempre nell’offshore di Ravenna, il PowerBuoy: una boa la cui oscillazione provocata dal moto ondoso aziona una turbina collegata a un generatore elettrico.

    Bio-refinery e biofissazione della CO2

    La chimica è il linguaggio dell’Universo e sta a noi decidere come utilizzarla. Esaurita la fase della produzione massificata a forte impatto ambientale e sociale, oggi l’industria chimica ha cambiato pelle per reinventare processi e prodotti secondo i principi della sostenibilità e dell’economia circolare.

    Considerando questa riconversione assolutamente strategica, Eni ha ridefinito i propri cicli industriali orientandoli verso prodotti a origine biologica. Gli esempi più significativi del nostro impegno in questo ambito sono:

    – l’impianto pilota Waste to Fuel nella bioraffineria di Gela
    – l’impianto pilota per la biofissazione di CO2 a Ragusa

    A Gela, Eni Rewind ha realizzato un esempio di tecnologia Waste to Fuel che, attraverso un processo di termoliquefazione, trasforma la frazione organica dei rifiuti solidi urbani (FORSU) in bio olio, consentendo anche di recuperare e rendere disponibile per l’agricoltura il 70% dell’acqua contenuta nella carica biologica di partenza. L’impianto pilota è in funzione nelle aree della bioraffineria dove viene già prodotto biocarburante da materie prime di origine biologica con la tecnologia EcofiningTM.

    In prospettiva, Eni conta di realizzare altri esempi della tecnologia Waste to Fuel su scala industriale in Italia e all’estero. La messa in pratica del progetto rappresenta un passo significativo verso la produzione di bio-carburanti di seconda generazione, a minore impatto ambientale, attraverso processi sostenibili e tecnologie legate al riuso delle risorse.

    A Ragusa, è stato realizzato un impianto pilota di bio-fissazione della CO2 attraverso microalghe. Il processo sfrutta la luce solare, concentrata e veicolata attraverso fibre ottiche in fotobioreattori cilindrici dove le microalghe crescono in acqua arricchita della CO2 separata dal gas proveniente dai pozzi del vicino Centro Oli Eni. Successivamente, la componente algale viene essiccata e trasformata in farina da cui si estrae un olio che potrà essere destinato alle bioraffinerie al posto della carica attuale o come additivo di prodotti ad alto valore aggiunto (nutraceutica).

    Anche in questo caso, l’acqua di processo viene recuperata e purificata. Se utilizzata per alimentare la bioraffineria, la biomassa da microalghe è classificata come carica “advanced” secondo la Direttiva UE RED II, in quanto non è in nessun modo in competizione con coltivazioni a fini alimentari.

    Clicca qui per leggere l’articolo originale

    (lo)

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