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    Pretese di conoscenza

    Il dibattito su come lottare contro il terrorismo globale sta portando al grande pubblico, con rinnovata forza, anche il tema del ruolo giocato dalla scienza e dalla tecnologia sullo sviluppo del mondo. 

    di Alessandro Ovi 

    Assieme a un paese come il Quatar che investe centinaia di milioni di dollari per far nascere nella sua capitale un Politecnico gemello alla Carnegie Mellon University di Pittsburg, vi sono ancora i rilevanti finanziamenti sauditi per scuole coraniche nel mondo arabo.

    E da noi, accanto a una visione sostanzialmente positiva della «nostra» scienza, la scienza occidentale, vi sono altri punti di vista che da tempo si sono fatti strada e vanno da un moderato scetticismo a un pessimismo assoluto. Soprattutto nelle punte più avanzate della nuova conoscenza, come quelle raggiunte dalle scienze della vita, ci si domanda quale è il rapporto tra progresso scientifico e cambiamento sociale. 

    Non si sa bene se tale progresso possa essere sfruttato per ridurre le enormi disuguaglianze presenti nel mondo oppure se la tecnologia, che da sempre della scienza è figlia, faccia parte integrante di quel sistema che ha generato le stesse disuguaglianze. 

    Il problema non è nuovo, perché fin dagli albori della filosofia occidentale ci si è sempre interrogati sulla superiorità, o presunta tale, del pensiero razionale e logico sugli aspetti emotivi, definiti anche come irrazionali. 

    Da anni, infatti, anche da noi in Occidente, neurobiologi e cognitivisti hanno messo in discussione questa contrapposizione; gli antropologi, da parte loro, si sono sforzati di dimostrare come i nostri giudizi, e i nostri valori, vengano considerati razionali, mentre non possono esserlo quelli di persone che sono vissute in culture lontane e che, forse proprio solo perché diversi, vengono percepiti come irrazionali e inaccettabili.  

    Esiste un dato di fatto rappresentato dalla superiorità, rispetto a chi non ha seguito lo stesso percorso, di chi grazie all’illuminismo e allo sviluppo della scienza occidentale ha assunto un un approccio positivo e ottimistico allo sviluppo della società. Si è dato per scontato che la conoscenza e la capacità di utilizzare a fondo il valore della scienza e della tecnologia siano vantaggiose per il miglioramento della condizione umana.  

    Ma la superiorità che obiettivamente, fino a oggi, è derivata da questa convinzione rischia di portare più rischi che benefici, se si perde la natura laica della forza che la ha generata.

    Noi siamo convinti che la forza della conoscenza razionale, dalla fisica dell’atomo alla biologia molecolare, abbia alimentato l’espansione della nostra civiltà. 

    Ma se dalla forza della convinzione passiamo all’uso della forza nel diffonderla, tra chi ancora non l’ha condivisa, usciamo dalla laicità che sola distingue le controversie scientifiche dalle guerre di religione. E mentre nelle prime abbiamo tutto da guadagnare, nelle seconde abbiamo tutto da perdere.

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