Una nuova analisi mostra come il sequestro di anidride carbonica direttamente dall’aria potrebbe costare meno di $100 per tonnellata.
di James Temple
Diversi scienziati di fama mondiale hanno a lungo screditato l’idea che una tecnologia capace di risucchiare direttamente dall’aria l’anidride carbonica, una delle principali responsabili del cambiamento climatico, potesse essere sviluppata e messa in pratica a un costo sostenibile. Una nuova e dettagliata analisi, pubblicata dal giornale Joule, sostiene ora il contrario.
Lo studio conclude che la cattura dell’anidride carbonica tramite l’implementazione su scala commerciale delle tecnologie esistenti costerebbe fra i $94 e i $232 per tonnellata. Una stima precedente, pubblicata da Proceedings of the National Academies, indicava un costo superiore ai $1.000 per tonnellata di anidride carbonica (nonostante i calcoli fossero stati effettuati su una base di costi evitati, secondo cui le cifre presentate dal nuovo studio crescerebbero del 10 percento).
Il progetto più economico, ottimizzato per la produzione e vendita combustibili alternativi derivati dall’anidride carbonica catturata, potrebbe risultare proficuo avvalendosi delle pratiche diffuse in diversi mercati (vedi “L’era della cattura e sequestro del carbonio sta per cominciare”). Le stime dal costo più elevato riguardano invece i piani per la realizzazione centrali in grado di sequestrare permanentemente nel sottosuolo l’anidride carbonica catturata.
Abbattere il costo di questa tecnologia è un elemento tanto fondamentale perché, secondo un crescente numero di ricercatori, sarà pressoché impossibile contenere l’aumento delle temperature globali entro 1,5 °C senza ricorrere a qualche sorta di tecnologia implementata su scala imponente. Secondo alcune stime, il mondo potrebbe arrivare a emettere abbastanza gas serra da raggiungere questo allarmante livello nel giro di pochi anni. A quel punto, una delle poche soluzioni per invertire gli effetti del riscaldamento globale sarà proprio rimuovere anidride carbonica direttamente dall’atmosfera, dove altrimenti si sofferemerà per migliaia di anni.
David Keith, un professore di fisica di Harvard e principale autore del paper, ritiene che queste informazioni dovrebbero spostare la percezione della cattura diretta di anidride carbonica “da uno stunt pubblicitario a qualcosa che può realmente essere realizzato con le attuali tecnologie industriali”.
Keith è anche il fondatore di Carbon Engineering, una startup di Calgary che ha trascorso gli ultimi nove anni a progettare, affinare e testare a Squamish (Columbia Britannica) un impianto pilota per la cattura diretta dall’aria (vedi “Go inside an industrial plant that sucks carbon dioxide straight out of the air”) Lo studio, finanziato in parte dal Dipartimento di Energia, simula una versione più grande dell’impianto pilota in termini di prestazioni e costi.
L’impianto dimostrativo sta già producendo piccole quantità di combustibili sintetici.
CARBON ENGINEERING
“Spero che porti a un concreto cambiamento nella percezione della tecnologia da parte della comunità”, commenta Keith. Nel 2011, un paio di paper influenti screditavano questo approccio per costi che, rispetto alla cattura di gas serra dalle ciminiere delle centrali elettriche, sarebbero stati un ordine di magnitudo superiori.
“Sarebbe una soluzione grandiosa – se solo fosse reale”, aveva commentato all’epoca Howard Herzog, ricercatore senior presso la MIT Energy Initiative e co-autore dello studio secondo cui i costi si sarebbero aggirati intorno ai $1.000 per tonnellata di anidride carbonica catturata.
In una recente intervista, Herzog si è complimentato per l’analisi dettagliata condotta dal nuovo studio, ribadendo comunque il proprio scetticismo verso le stime di costo. Secondo Herzog, Carbon Engineering andrà incontro a costi e sfide superiori al previsto man mano che cercherà di realizzare impianti più grandi.
“Fino a quando i costi e le prestazioni su grande scala non verranno confermati, sarà sempre opportuno prestare molta attenzione a ciascuna voce”, dice. “Continuo a credere che il conto finale sarà ben più grande”.
Le differenze di costo rispetto agli studi precedenti dipendono principalmente da una serie di scelte progettuali diverse, quali l’impiego di strutture orizzontali anziché verticali, requisiti energetici inferiori dovuti a una migliore integrazione del calore nel processo, e la fonte energetica selezionata per alimentare l’impianto.
La Carbon Engineering intende combinare con l’idrogeno l’anidride carbonica catturata dai suoi impianti per produrre combustibili sintetici carbon-neutral secondo un processo che l’impianto pilota ha già saputo portare a termine. Questi combustibili sono più cari rispetto a benzina e diesel, per cui la dimensione e la stabilità del mercato dipenderanno principalmente dalla presenza e dalla portata di eventuali sussidi.
A seguito dei test condotti con successo presso l’impianto pilota, Carbon Engineering sta pianificando la realizzazione di una centrale più grande per la vendita dei combustibili derivati.
Ad oggi, la società è riuscita ad assicurarsi fondi per $30 milioni, ma sta continuando a raccoglierne per la realizzazione di un impianto più grande attraverso il quale cominciare a vendere i combustibili derivati dal suo processo di conversione, seppure in quantitativi ridotti.
Questi combustibili carbon-neutral, però, non contribuiranno direttamente alla riduzione della concentrazione di anidride carbonica nell’atmosfera (a meno che non vengano utilizzati all’interno di sistemi dedicati alla cattura di anidride carbonica). Per ottenere i maggiori benefici in termini di rimozione dei gas serra, il mondo dovrà sequestrare permanentemente enormi quantità di anidride carbonica, piuttosto che rilasciarla nuovamente sotto forma di combustibili sintetici. Per riuscirvi su una scala sufficientemente ampia sarà necessario raggiungere importanti riduzioni di costo, attribuire un costo elevato al carbonio o formulare normative specifiche a supporto di questi progetti.
Keith dice che la produzione di combustibili sintetici rappresenti un business model sostenibile che potrebbe aiutare le società a perseguire un ampliamento dei propri progetti e la riduzione dei costi associati alla loro tecnologia, agevolando il percorso verso questo traguardo.
Herzog, che ha studiato le sfide poste dai processi per la conversione di anidride carbonica in combustibile, continua a dubitare che le cifre funzioneranno persino per questo primo business model.
“È veramente difficile, ancor di più se la CO2 proviene dalla fonte più costosa, l’aria”,dice.
(MO)