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    Open Access: a pranzo con MIT Technology Review Italia

    Sulla falsariga di una ben nota rubrica del Financial Times, ‘Lunch with …’, che riporta la conversazione della redazione con un personaggio della politica o dell’economia, abbiamo incontrato a pranzo esperti di Scienza e Tecnologia di ogni tipo per lanciarne una nostra versione dal titolo ‘A pranzo con MIT Technology Review Italia…’

    di Alessandro Ovi

    Sulla falsariga di una ben nota rubrica del Financial Times, ‘Lunch with …’ che riporta la conversazione della redazione con un personaggio della politica o dell’economia, abbiamo immaginato di ripetere la stessa operazione incontrando a pranzo esperti di Scienza, Tecnologia di ogni tipo e lanciarne una nostra versione col titolo ‘A pranzo con MIT Technology Review Italia…’ 

    Per questo nostro primo test abbiamo invitato, in un glorioso ristorante di Milano, IL BOEUCC in Piazza Belgioioso, a fianco della casa di Alessandro Manzoni, cinque donne incontrate negli ultimi mesi per promuovere la collaborazione con le nostre edizioni digitali, particolarmente sensibili al tema dell’accesso aperto a informazione e comunicazione scientifica e tecnologica. In ordine rigorosamente alfabetico sono: Federica Alberti (Head of Corporate Affairs &Institutional Relations, Zambon SpA), Francesca Ferrazza (VP Ricerca e Knowledge Management, Eni), Gioia Ghezzi (Presidente RGI Group, già presidente di Ferrovie dello Stato), Patrizia Grieco (Presidente Enel), Elena Zambon (Presidente Zambon SpA).

    A pranzo con MIT Technology Review Italia. 
    Si parla di Open Access

    ‘Open Access’  è una modalità di pubblicazione del materiale prodotto dalla ricerca, come ad esempio gli articoli scientifici pubblicati in riviste accademiche o atti di conferenze.
    In senso lato, con Open Access si vuole indicare la libera disponibilità online di contenuti digitali in generale e l’insieme della conoscenza e della creatività liberamente utilizzabile.

    Le riflessioni emerse da questo nostro primo incontro ’A pranzo con MIT Technology Review Italia’, hanno generato una bella raccolta di alcuni punti specifici:

    Valutazione dello sforzo di rendere più accessibile e spedito il processo di pubblicazione di lavori sui temi di scienza e tecnologia da parte di giovani, donne e ricercatori di paesi in via di sviluppo.
    I più diretti beneficiari del suo utilizzo sono coloro che storicamente incontrano più difficoltà a pubblicare speditamente i propri lavori innovativi: giovani, donne e ricercatori dei paesi in via di sviluppo.

    Sostiene Francesca Ferrazza: “Penso sia molto importante favorire la pubblicazione di temi in ambito STEM ( Science, Technology, Engineering and Mathematics) da parte di giovani, donne e ricercatori in paesi in via di sviluppo. E’ un punto essenziale nella crescita dei paesi, nel processo di formazione di nuove competenze, e in quello dei giovani e delle donne.”

    E’ noto a tutte che un piano per progredire decisamente verso l’Open Access è stato oggetto di discussione in un recente incontro tra Carlos Moedas, Commissario europeo per la ricerca, la scienza e l’innovazione, e Marc Schiltz, Presidente di Science Europe. Proprio da questa discussione è nato il Piano S. Il piano è strutturato attorno a diversi principi, primo tra tutti quello dove si afferma che, entro il 2020, la ricerca finanziata con sovvenzioni pubbliche deve essere pubblicata su riviste o piattaforme ad accesso aperto.

    Federica, Francesca, Gioia, Patrizia ed Elena si sono trovate d’accordo sui maggiori problemi emersi dalla pubblicazione ad accesso chiuso:

    – Ci vuole troppo tempo per rendere la scienza disponibile al pubblico. Il ritardo è generato dal processo di revisione che spesso richiede revisioni multiple.

    – Vi è un accesso limitato a contenuti e dati.
    La barriera dell’abbonamento, spesso costoso, rende meno agevole l’accesso a chi non sia affiliato con un’istituzione che ha sottoscritto il contenuto di un giornale.

    – Spesso non vengono pubblicati: risultati negativi, i set di dati completi, gli studi di conferma, le note di ricerca, i protocolli, ecc. Tutti questi sono utili risultati di ricerca che vanno così persi.

    – Il sistema è pieno di contributi intellettuali sprecati.
    Una ponderata revisione tra ‘peers’ è una preziosa produzione intellettuale, ma di solito ne prendono visione i soli autori stessi e gli editori.

    – C’è troppo pregiudizio nel processo di revisione, direttamente guidato da una mancanza di trasparenza. Ad esempio: scienziati africani possono soffrire in modo sproporzionato di pregiudizi, perché spesso provengono da gruppi di ricerca e istituzioni sconosciute alle recensioni nel Nord del mondo. Il pregiudizio, sebbene solitamente non intenzionale e spesso inconsapevole, è comunque reale e dannoso.

    – Gli articoli sono statici. Una volta pubblicati, possono essere rivisti solo con difficoltà. Quindi, ad esempio, eventuali nuovi dati, che un autore può scegliere di non pubblicare autonomamente, non sono condivisi perché non possono essere facilmente aggiunti laddove è utile.

    E’ sorto quindi un dubbio: 

    E’ possibile una convivenza di canali Open Access con i tradizionali editori basati sulla Peer Review’?
    “Certo,” afferma Francesca Ferrazza: “Penso che si possa trovare un disciplinare che permetta entrambe le cose. Occorre comunque analizzare in profondità le caratteristiche di entrambe le possibilità, salvaguardando i sistemi di Peer Review e lasciando spazio a nuove iniziative di Open Access. Sarebbe opportuno creare dei tavoli trasversali che analizzino anche gli aspetti formali legati alle due strade.”
    “Indubbiamente, continua Ferrazza, “la grande possibilità di accesso a tecnologie nuove da parte di paesi in via di sviluppo, dei giovani, delle donne, rende questa convivenza indispensabile. Non si può tornare indietro, bisogna solo impegnarsi a gestire la nuova realtà.”

    Ricordiamo che la riflessione sul tema del Piano S ha raccolto una opinione significativa anche da parte dello ‘Special Advisor’ dell’Accademia Africana delle Scienze, Dr Elizabeth Marincola, membro del Consiglio della Bloomberg School of Public Health.
    Come riporta un post sul suo blog: “La maggior parte degli scienziati, anche prima di aver avuto esperienza diretta come autore, ha la sensazione che la pratica standard dell’editoria scientifica sia viziata. Sin da studenti, i ricercatori possono osservare come condividere i risultati dell loro lavoro richieda molto tempo ed implichi spesso il soddisfare richieste editoriali che possono sembrare arbitrarie, oltre a rendere necessario uno strano corteggiamento dell’Impact Factor. (Indice del livello quantitativo e qualitativo di un pezzo pubblicato)
    L’Impact Factor prende vita propria: pubblicare in una rivista con il più alto Impact Factor, diventa l’obiettivo della pubblicazione, e perversamente, anche l’obiettivo della scienza stessa. Il processo di pubblicazione, non la concettualizzazione e l’esecuzione della scienza, diventa un uso dominante del tempo e dell’energia: è la coda che agita il cane. L’ Impact Factor tiene in ostaggio le carriere dei ricercatori, ‘conditio sine qua non’ dell’editoria. E il ciclo si perpetua.”

    “Vero,” sostiene Gioia Ghezzi:
    “Vanno sicuramente rivisti con regolarità i condizionamenti presenti nell’attuale sistema di pubblicazione scientifica, inserendo anche incentivi per correggerli, tuttavia la funzione di filtro è sempre piu’ fondamentale in un mondo sommerso di dati e di rumore, va premiata, non combattuta.”

    Il problema va diviso in due parti:
    1) Offrire accesso alla letteratura a chi ha difficoltà ad accedervi.
    2) Ofrire accesso alla pubblicazione a chi ha difficoltà a venire preso seriamente.

    1) L’accesso ai contenuti va favorito in vari modi, legato al concetto di “information as utility”, che diventa diritto. Si è parlato della possibilità che stati o grandi enti e istituzioni paghino gli abbonamenti rendendo così “gratuito” l’accesso all’utente finale. 

    2) Devono essere offerti incentivi a combattere i condizionamenti, ma la qualità’ di quanto pubblicato va protetta ad ogni costo.

    Nel corso degli anni sono state fatte grandi critiche al processo di revisione e pubblicazione di articoli scientifici. Tuttavia, ad oggi, non e’ stato individuato un meccanismo migliore per allocare fondi alla ricerca e selezionare personale scientifico.  
    “Pur non avendo seguito da vicino l’argomento,” spiega Gioia Ghezzi, “anche nella letteratura che ci è stata sottoposta non ho visto una risposta alternativa valida – semplicemente ‘rendere disponibile e pubblicare’ qualunque cosa venga scritta, per esempio perche’ finanziata pubblicamente, non mi pare una risposta valida, perche’ ingorga il sistema e mette in svantaggio chi deve poi capire a cosa valga davvero la pena dedicare tempo.” 

    Interessante l’adesione di Alberti, Ferrazza, Ghezzi, Grieco, Zambon allo scenario di pareri favorevoli e contrari emersa dalla conversazione al Boeucc:

    Il piano S risulta aver sollevato sia pareri favorevoli che contratri.

    Viene ricordato che molto decisa è stata l’opposizione di numerosi editori di riviste non ad accesso aperto. 
    Springer Nature “esorta le agenzie di finanziamento della ricerca ad allinearsi.”
    L’AAAS, editore della rivista Science, ha affermato che Plan S “non supporterà peer-review di alta qualità e che la sua implementazione sarebbe un disservizio per i ricercatori, nonchè insostenibile per la famiglia delle riviste scientifiche. 
    Elsevier comunica: “chi crede che le informazioni debbano essere gratuite, vada su Wikipedia”. 

    La posizione negativa tuttavia non è solo culturale.
    Un primo impatto negativo della crescente posizione a favore dell’Open Access è stata la cancellazione di moti abbonamenti da parte delle Università Californiane che giudicano troppo oneroso il loro costo a fronte del diffondersi della filosofia dell’Open Access.
    Le reazioni negative al piano includono anche una lettera aperta, attualmente firmata da più di 1500 ricercatori, che esprimono le loro preoccupazioni in merito a presunti risultati non intenzionali del piano.

    A sostegno del piano, per altro, è’ stata pubblicata anche una lettera aperta firmata da oltre 1900 ricercatori, già prima della fine del 2018.
    Ralf Schimmer, capo della divisione di informazioni scientifiche presso la biblioteca digitale Max Planck, ha dichiarato a The Scientist che “il piano S aumenterà la pressione sugli editori e sulla consapevolezza dei singoli ricercatori rispetto alla possibilità si implementare un cambiamento radicale dell’ecosistema della ricerca.
    La’European University Association (EUA, 7 settembre 2018) ha pubblicato una dichiarazione in cui accoglie generalmente le ambizioni del Piano di trasformare l’Open Access in realtà entro il 2020.

    ll 24 settembre 2018, le tre grandi organizzazioni di ricercatori: Eurodoc, Marie Curie Alumni Association e Young Academy of Europe hanno pubblicato una “Dichiarazione comune sull’accesso aperto ai ricercatori” che annuncia il loro sostegno a Plan S
    Il 5 dicembre 2018 il Ministero della Scienza e della Tecnologia (Cina) ha dichiarato di voler sostenere il piano S e l’obiettivo dell’accesso immediato immediato a progetti finanziati con fondi pubblici. Nel 2018 la Cina è diventata il maggior produttore mondiale di articoli scientifici in termini di volume.

    Nel suo complesso il tema dei pro e dei contro dell’Open Access, pur avviato sulla via di una ampia condivisione (vedi la lunga lista dei partecipanti alla Coalizione dei promotori) sta raccogliendo un largo consenso. 
    Resteremo quindi ben aperti a pubblicare ogni possibile parere in materia.

    Organizzazioni appartenenti alla coalizione che ha promosso il Piano S:
    * Commissione Europea, European Research Council incluso;
    * Austria: Austrian Science Fund;
    * Finlandia: Academy of Finland;
    * Francia: Agence Nationale de la Recherche;
    * Irlanda: Science Foundation Ireland;
    * Italia: Istituto Nazionale di Fisica Nucleare;
    * Lussemburgo: Luxembourger National Research Fund;
    * Paesi Bassi: Netherlands Organisation for Scientific Research;
    * Norvegia: Research Council of Norway;
    * Polonia: National Science Centre;
    * Slovenia: Slovenian Research Agency;
    * Svezia: Swedish Research Council for Sustainable Development (Formas); Swedish Research Council for Health, Working Life and Welfare (Forte); Swedish Riksbank’s Jubileee Fond (RJ);
    * Giordania;
    * Zambia;
    * Regno Unito: United Kingdom Research and Innovation; Wellcome Trust
    * USA: Gates Foundation.

    Hanno espresso il proprio supporto istituzionale: 
    * Deutsche Forschungsgemeinschaft;
    * Swiss National Science Foundation; 
    * Swedish Research Council; 
    * Portuguese Foundation for Science and Technology (FCT); 
    * Ligue des Bibliothèques Européennes de Recherche (LIBER); 
    * League of European Research Universities (LERU); 
    * European Molecular Biology Organization (EMBO); 
    * EU-Life; 
    * Netherlands Organisation for Health Research and Development (ZonMw); 
    * European University Association;
    * Marie Curie Alumni Association;
    * SPARC Europe; 
    * Confederation of Open Access Repositories; 
    * Fair Open Access Alliance; 
    * Eurodoc;
    * Young Academy of Europe;
    * Young European Research Universities Network (YERUN);
    * Open Access Scholarly Publishers Association (OASPA); 
    * DARIAH-EU;
    * OpenAIRE; 
    * Faculty of 1000; 
    * Joint statement of 113 institutions from 37 nations and 5 continents; 
    * National Science Library (NSL), China; 
    * National Science and Technology Library (NSTL), China;
    * National Natural Science Foundation of China; 
    * All European Academies (ALLEA); 
    * African Academy of Sciences (AAS); 
    * National Institute for Health Research (NIHR);

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