La tecnologia C-V2X permette ai veicoli di comunicare fra loro, permettendo di ridurre il numero di incidenti e assistere le automobili autonome.
di Elizabeth Woyke
Che risultati potremmo ottenere, in termini di efficienza, sicurezza e scorrevolezza del traffico, se le automobili fossero in grado di comunicare con semafori e segnaletica stradale in prossimità degli incroci, ricevere notifiche sull’attraversamento dei pedoni, o comunicare fra loro durante il viaggio? Una tecnologia wireless peer-to-peer conosciuta come C-V2X è in grado di avvertire i veicoli della presenza di ostacoli che potrebbero sfuggire a radar e videocamere, connettendoli con il mondo circostante al punto da assisterli nella guida autonoma.
Una moltitudine di società tech, fra cui Ericsson, Huawei, Nokia e Qualcomm, hanno cominciato a sviluppare la tecnologia C-V2X (una abbreviazione di “cellular-vehicle-to-everything”) nel 2016 e stanno cominciando ora a darne qualche piccola dimostrazione. La maggior parte di queste demo riguarda persone impegnate nella guida di automobili e camion equipaggiati con chipset e modem specifici. I veicoli trasmettono e ricevono segnali wireless volte al secondo e illustrano alcune di queste informazioni – avvertimenti sulla prossimità di alcuni pedoni, incidenti o fenomeni atmosferici avversi – sotto forma di allerte pop-up sulla plancia o sul parabrezza del conducente.
L’ultima dimostrazione di C-V2X, tenuta in Colorado lo scorso 14 agosto, è stata arricchita dalla connessione delle vetture partecipanti con i semafori stradali, in modo da permettere ai conducenti di sapere esattamente quando queste avrebbero cambiato colore. In futuro, la tecnologia potrebbe scambiare informazioni fra automobili, ponti, caselli stradali, segnaletica speciale ed altre infrastrutture stradali.
Le società sviluppatrici sostengono che i dati così trasmessi permetterebbero di ridurre il tasso di incidenti, la congestione del traffico e, conseguentemente, l’emissione di gas serra. Laddove le principali voci a favore provengono dalle stesse società sviluppatrici, un numero rilevante di case automobilistiche ha risposto con entusiasmo all’idea di introdurre nuovi chip, software e apparecchiature necessari per stabilire una rete C-V2X
Prendiamo, ad esempio, Ford. Per quanto la società non abbia ancora preso alcun impegno verso l’integrazione della tecnologia C-V2X nei suoi prossimi modelli, tre delle dimostrazioni tenutesi nell’ultimo anno hanno potuto contare sulla fornitura di vetture da parte della casa auto, che a detta di Jovan Zagajac, responsabile delle iniziative Ford per le vetture connesse, è fiduciosa della capacità di questa tecnologia di migliorare la sicurezza stradale ed aiutare le città a gestire il traffico. Ford ha anche manifestato il proprio supporto entrando a far parte della 5G Automotive Association, (5GAA) un consorzio di società nato per favorire lo sviluppo e l’implementazione della C-V2X.
Audi, BMW, Daimler, Honda, Hyundai, Nissan, e Volvo fanno anch’esse parte della 5GAA.
Ciononostante, la più grande casa automobilistica del mondo non si è ancora espressa a favore. Toyota, assieme a GM, sembra preferire una tecnologia rivale (e incompatibile) basata su una rete Wi-Fi e denominata DSRC (“dedicated short-range communications”). Le due società hanno cominciato a sviluppare la DSRC nei primi anni 2000, e da allora Toyota l’ha difesa come “tecnologia provata e uscita dalle fasi di concetto e collaudo”. Toyota e GM offrono già la tecnologia DSRC su alcune delle loro vetture e intendono ampliarne la distribuzione nei prossimi anni.
La posizione di Toyota è rilevante perché l’amministrazione Trump ha espresso l’intenzione di lasciare che sia l’industria automobilistica a scegliere quale tecnologia utilizzare. “Le case costruttrici stanno prendendo una posizione che determinerà, al posto del governo, la tecnologia per la connessione delle auto”, spiega Chris Armstrong, capo dei progetti per la mobilità intelligente di Panasonic, che sviluppa i software per l’analisi dei dati raccolti dalle automobili connesse.
Sarebbe meglio far scegliere ai consumatori? I sostenitori della C-V2X ritengono che la tecnologia possa fare di più rispetto alla DSRC, in parte perché può contare sui costanti aggiornamenti degli operatori alle loro reti cellulari (con la C-V2X, le comunicazioni a raggio corto fra le vetture avvengono pressoché automaticamente, senza necessitare di una connessione cellulare; le automobili possono anche accedere alle reti mobili circostanti per comunicare a distanze maggiori).
Le differenze fra DSRC e C-V2X potrebbero emergere più chiare quest’anno, quando gli operatori telecom cominceranno a implementare la prossima generazione di reti wireless, conosciuta come 5G. Grazie all’impiego di bande di frequenza differenti e dotate di una banda larga maggiore rispetto alle attuali reti cellulari, la connettività 5G dovrebbe, almeno in teoria, permettere alle automobili di scambiare enormi quantità di dati a una velocità superiore rispetto a quella raggiungibile oggi. Queste prestazioni permetterebbero di supportare la guida autonoma nelle vetture dotate di tecnologia C-V2X, spiega Nakul Duggal, vice presidente della gestione prodotto di Qualcomm.
“Nell’era della 5G potrete sapere quando un veicolo intende cambiare corsia o comincia a frenare, anche quando questo sarà lontano da voi e fuori dal vostro campo visivo”, spiega Duggal. “Potrebbero persino nascere corsie speciali per gli spostamenti veloci di automobili autonome che, grazie alla costante condivisione dei dati, saranno sempre aggiornate sulle condizioni del traffico”.
Alcune organizzazioni sono talmente ansiose di assistere all’ingresso in scena delle automobili connesse da aver già cominciato a installare attrezzature di supporto per entrambi gli standard. È il caso del Colorado, che ha cominciato a equipaggiare le proprie strade con router wireless compatibili con la DSRC e intende implementare funzioni C-V2X. Il Dipartimento dei Trasporti del Colorado ha anche intenzione di equipaggiare 2.500 vetture con dispositivi C-V2X e DSRC entro la fine dell’anno. “Teniamo a salvare vite, e crediamo fortemente che una infrastruttura per le vetture connesse ci aiuterà a farlo”, commenta Amy Ford, responsabile dei progetti di mobilità avanzata dell’agenzia. “Non sapendo ancora come si evolverà questa tecnologia, stiamo solo assicurandoci di creare un ambiente sufficientemente flessibile da permettere di implementare entrambi gli standard”.
(MO)