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    Mente e magneti

    Grazie a un sistema che utilizza sfere magnetiche per valutare la posizione dei muscoli, chi ha subito un’amputazione potrebbe far muovere i propri arti protesici in modo naturale.

    di Anne Trafton

    Le persone che usano arti protesici dopo un’amputazione spesso faticano a ritrovare una fluidità di movimenti. Ora una nuova tecnica basata su minuscoli magneti offre il potenziale per un controllo molto più preciso e intuitivo. Oggi, la maggior parte degli arti protesici è controllata tramite elettromiografia (EMG), che utilizza elettrodi, impiantati chirurgicamente o posizionati sulla pelle, per registrare segnali elettrici dal cervello che dicono ai muscoli dell’arto residuo di contrarsi. 

    Ma ciò non basta a cogliere quanto il muscolo sta effettivamente facendo. La magnetomicografia (MM), l’alternativa sperimentale sviluppata dai ricercatori del gruppo di meccatronica di Hugh Herr al MIT Media Lab, si basa invece su coppie di sfere magnetiche incorporate nel tessuto. Misurando il modo in cui i magneti si muovono l’uno rispetto all’altro, i ricercatori possono calcolare con precisione come e quanto velocemente si stanno contraendo i muscoli. Questo feedback può essere trasmesso alla protesi con un breve ritardo.

    Le misurazioni potrebbero quindi essere inserite in un modello computerizzato che predice dove si troverebbe nello spazio l’arto fantasma del paziente, in base alle contrazioni del muscolo. Un paziente sarebbe in grado di dirigere il dispositivo per muoversi come desiderato, con i risultati che corrispondono a un’immagine mentale della posizione dell’arto.

    “Con la magnetomicrometria, misuriamo direttamente la lunghezza e la velocità del muscolo”, afferma Herr. “Attraverso la modellazione matematica dell’intero arto, possiamo calcolare le posizioni target e le velocità delle articolazioni protesiche da controllare, e quindi un semplice controller robotico può avere il dominio di quelle articolazioni”.

    In un articolo pubblicato di recente sulla nuova tecnica, in cui veniva descritto l’utilizzo di sfere magnetiche da tre millimetri inserite nei polpacci dei tacchini, i ricercatori hanno mostrato che con sensori magnetici posti all’esterno delle gambe erano in grado di determinare la posizione dei magneti con una precisione di 37 micron (circa la larghezza di un capello umano) mentre le articolazioni delle caviglie dei tacchini erano in movimento. Queste misurazioni potrebbero essere ottenute entro tre millisecondi.

    Nei prossimi anni, i ricercatori sperano di fare un piccolo studio sugli esseri umani che devono subire amputazioni sotto il ginocchio. I sensori utilizzati per controllare l’arto bionico potrebbero essere posizionati sugli indumenti, attaccati alla pelle o fissati all’esterno della protesi.

    Il MM potrebbe anche essere utilizzato per migliorare il controllo muscolare ottenuto con una tecnica chiamata stimolazione elettrica funzionale, che ora viene impiegata per aiutare a ripristinare la mobilità nelle persone con lesioni del midollo spinale. E potrebbe potenzialmente guidare esoscheletri robotici, che possono essere attaccati a una caviglia o a un’altra articolazione per sostenere le persone con debolezza muscolare a causa di un ictus o di qualche altro problema di salute.

    “I magneti e l’esoscheletro agiscono come un muscolo artificiale che amplificherà la produzione dei muscoli biologici nell’arto colpito da ictus”, afferma Herr. “La nostra speranza è che il MM sostituirà l’elettromiografia come modo dominante per collegare il sistema nervoso periferico agli arti bionici. Inoltre”, conclude, “le sfere potrebbero rimanere dove sono tutta la vita senza bisogno di essere sostituite.

    (rp)

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