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    Marte è scosso da centinaia di terremoti

    I primi risultati della missione InSight della NASA descrivono la natura geologica complessa di Marte, sollevando nuove domande sulla storia del pianeta.

    di Neel V. Patel

    Sulla superficie, Marte è un inferno freddo e sterile. Ma sotto la superficie brulica di terremoti e altre attività geologiche. I primi risultati della missione InSight della NASA, pubblicati in diversi articoli su Nature Geoscience e Nature Communications arricchiscono le nostre conoscenza sul pianeta rosso. InSight è un lander atterrato sulla superficie di Marte nel novembre 2018, in una località conosciuta come Elysium Planitia.

    “Abbiamo finalmente dimostrato che Marte è un pianeta sismicamente attivo”, spiega Bruce Banerdt, responsabile della missione InSight. La sua attività sismica è superiore a quella della luna, ma inferiore a quella della Terra. “Grazie a questi segnali, stiamo iniziando a farci un’idea di cosa avvenga all’interno di Marte”, dichiara.

    A partire dalla sua attivazione un anno fa e dal rilievo dei primi tremori lo scorso aprile, il sismometro di InSight ha rilevato 174 marsquake (‘terremoti’ di Marte), suddivisi in due categorie: 150 eventi di piccola magnitudine che si verificano frequentemente e si propagano lungo la crosta e 24 eventi di magnitudo tra 3 e 4 che si propagano da una profondità pari a quella del mantello del pianeta. Questi terremoti non sono percepibili sulla superficie, si verificano troppo in profondità.

    Questi rilevamenti sismici sono stati rafforzati dall’osservazione di oltre 10.000 vortici di pressione (i cosiddetti ‘dust devils’) per mezzo delle telecamere del lander, il sensore di pressione e il sismometro. Gli stessi dust devils creano vibrazioni che possono essere osservate e aprono agli scienziati uno spiraglio d’osservazione nel sottosuolo fino a una decina di metri di profondità.

    Per quanto i ricercatori non siano in grado di individuare la causa di ciascun singolo sisma, ritengono che i dati, studiati nel loro complesso, indichino un’origine nel processo di raffreddamento a lungo termine del pianeta. Man mano che il pianeta perde calore, i fragili strati esterni si contraggono, fratturandosi nel processo e provocando brontolii geologici. È possibile che eventi localizzati di attività vulcanica possano contribuire ulteriormente a questi eventi.

    Le letture sismiche suggeriscono anche la presenza di qualcosa di più allettante: una piccola quantità di acqua nella crosta. I ricercatori non sono in gradi determinare se si tratti di grandi serbatoi d’acqua, ma è comunque umidità.

    I nuovi articoli si concentrano principalmente sui risultati sismologici, ma forniscono anche uno sguardo notevolmente approfondito sulle condizioni del campo magnetico di Marte. Finora, la maggior parte dei rilevamenti del campo magnetico del pianeta è stata condotta dall’orbita del pianeta, da almeno 150 chilometri sopra la superficie. Sappiamo che Marte non è attualmente dotato di un campo magnetico globale: ha perso il proprio ad un certo punto in tempi antichi. I venti solari hanno quindi reso rossa la superficie e spogliato l’atmosfera che lo aveva tenuto abbastanza caldo da sostenere pozze d’acqua in superficie.

    Il magnetometro di InSight è il primo in assoluto ad essere utilizzato sulla superficie di Marte. Queste osservazioni magnetometriche mostrano un campo magnetico inaspettatamente stabile, 10 volte più forte di quello osservato dai satelliti. Le rocce magnetizzate sotto la superficie sono coerenti con le condizioni necessarie ad aver, un tempo, prodotto un campo magnetico forte quanto quello della Terra.

    La missione InSight è attualmente preoccupata da un malfunzionamento della sonda di calore. Progettata per scavare fino a circa 5 metri di profondità, “la talpa” è rimasta bloccata a circa 35 cm di praticamente dal primo giorno. I ricercatori hanno provato in diversi modi a farla emergere, senza successo, e intendono ora provare utilizzando il braccio robotico del lander.

    Anche senza la talpa, InSight ha probabilmente una lunga vita d’esplorazioni davanti a sé, e ha già fornito informazioni a sufficienza da soddisfare una generazione di scienziati. “Abbiamo molti più dati che conclusioni in questo momento”, afferma Banerdt. “È un po’ come trovarsi nel selvaggio West della raccolta dati.”

    (lo)

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