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    Lo scooter che si piega e non inquina

    Per una mobilità individuale più sostenibile di quella garantita dall’utilitaria privata.

    Il gruppo Smart Cities del Media Lab del MIT sta lavorando a due veicoli elettrici a basso costo che si spera rivoluzionino il trasporto di massa e aiutino ad alleviare il problema dell’inquinamento. Il team ha presentato un primo prototipo di scooter elettrico ripiegabile all’EICMA Motorcycle Show di Milano, nel novembre del 2007. Quest’anno dovrebbe seguire un primo prototipo di macchina elettrica ripiegabile dal nome programmatico City Car.

    I ricercatori del MIT vedono l’invenzione come l’asso nella manica di una strategia volta da una parte a ridurre l’inquinamento grazie al ricorso all’energia elettrica, dall’altra ad ampliare lo spazio pubblico a disposizione con la possibilità di richiudere e impilare i veicoli come se fossero dei carrelli per la spesa, dall’altra ancora a far diminuire il traffico consentendo il noleggio e la resa delle vetture in parcheggi appositi, situati in prossimità di centri nevralgici per il trasporto come stazioni ferroviarie, aeroporti, depositi di autobus. “Puntiamo a una mobilità individuale di gran lunga più sostenibile di quella garantita dall’utilitaria privata”, spiega William Mitchell, responsabile del gruppo di ricerca Smart Cities.

    L’idea è quella di risolvere in maniera efficace l’annoso problema del “chilometro finale” senza dover rinunciare alla comodità di un’auto personale, precisa Mitchell. Il “chilometro finale” è la fastidiosa distanza che generalmente separa la fermata del sistema dei trasporti generale dall’effettiva destinazione finale in cui l’individuo ha bisogno di recarsi. Un’auto tradizionale offre mobilità su richiesta e consente di raggiungere qualsiasi posto il conducente desideri, ma porta con sé degli effetti collaterali negativi apparentemente irrisolvibili, in primo luogo traffico e inquinamento.

    La base dei nuovi veicoli è costituita da una ruota robotica omnidirezionale appositamente sviluppata dal team. Nella ruota sono incorporati un motore, delle sospensioni, un volante e un sistema di frenata, tutti elettrici. Non avendo né un motore né delle parti meccaniche che separino le ruote dai controlli, il sistema è contraddistinto da un design di notevole flessibilità, per cui è effettivamente possibile per il conducente “ripiegarlo”, al punto che in un parcheggio normale ne possono entrare fino a sei o otto impilati tra loro. Lo sviluppo del progetto è stato sponsorizzato dalla General Motors.

    Le ruote garantiscono inoltre la massima manovrabilità. Invece di fare un’inversione a U, la macchina può girare su se stessa e, girando le ruote di 90 gradi, è anche possibile parcheggiare in parallelo perché l’auto si sposta di lato. “L’idea delle ruote mobili c’era da tempo”, commenta Peter Schmitt, che ha progettato il sistema, ma il vantaggio è determinato dal fatto che in questo caso la ruota è controllata dal software e non da comandi meccanici.

    Non è nuova neanche l’idea proposta dal team del MIT di instaurare un sistema di condivisione della mobilità offerta dal veicolo. A Lione, in Francia, un’azienda di nome Velo’v recentemente ha introdotto una rete di condivisione di biciclette che comprende l’intera città. Grazie al successo ottenuto dall’iniziativa, è attualmente in programma l’estensione del progetto anche a Parigi, per un totale di circa 2.000 rastrelliere e 20.000 biciclette.

    Un altro modello di business che il team ha adottato come riferimento è il sistema di noleggio auto Zip Car, in cui i clienti devono riportare la macchina nello stesso posto in cui l’hanno presa e devono prenotarla anticipatamente on line. Secondo i ricercatori del MIT, il modello Zip Car funziona benissimo nei quartieri in cui la gente deve entrare e uscire di frequente per svolgere le proprie commissioni. Ma in una città affollata in cui mancano i parcheggi, a detta degli esperti MIT è molto meglio un modello a senso unico, in cui ci possa spostare di luogo in luogo senza essere costretti a tornare sempre al punto di partenza. Nell’ideale schema City Car, la vettura può essere presa da una parte e restituita da un’altra.

    Robin Chase, fondatrice ed ex amministratore delegato di Zip Car, ha alcune riserve sul sistema ideato dagli scienziati del Mit. La preoccupano alcuni problemi di natura logistica e operativa, come per esempio la distribuzione dei veicoli. Con un modello a senso unico, se ne potrebbero concentrare troppi in un posto solo, e a quel punto l’azienda potrebbe trovarsi costretta a pagare dei rimorchi per ridislocare macchine e scooter in città. Oltretutto, aggiunge Chase, quando era alla Zip Car ha notato una riluttanza dei clienti ad adottare le nuove tecnologie. “L’auto elettrica era la nostra vettura meno noleggiata”, commenta. “Sembrava che la gente non si fidasse di quella tecnologia”.

    Ma il team MIT non si lascia scoraggiare. E guarda a Taipei come città ideale in cui avviare la sperimentazione sullo scooter elettrico, che è stato sviluppato in collaborazione con SYM, uno dei principali produttori di ciclomotori di Taiwan. “Taipei ha una grande dimestichezza con questo genere di mezzo”, spiega Ryan Chin, designer del gruppo Smart Cities. Attualmente, a Taiwan quasi ogni abitante possiede un motorino. Nell’ora di punta, la strada ne è piena e i conducenti indossano mascherine chirurgiche per difendersi dagli scarichi inquinanti. In tutto il paese ci sono circa tre milioni di ciclomotori abbandonati. “Se uno stesso scooter venisse utilizzato da 10 persone diverse al giorno, se ne ridurrebbe il numero sulle strade di circa la metà”, puntualizza Chin. Se la dimostrazione di Milano otterrà un adeguato riscontro, il nuovo scooter potrebbe essere prodotto in serie e messo in commercio entro i prossimi tre anni.

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