Secondo ricercatori inglesi, l’intelligenza artificiale può prevedere con un’accuratezza del 92% quali pazienti di una clinica della memoria svilupperanno forme di demenza.
di Lisa Ovi
Non esistono cure per la ‘demenza’, né ne esiterà mai una sola, in quanto la demenza non è che una conseguenza di diverse malattie, come il morbo di Alzheimer, di Parkinson, la demenza frontotemporale o la demenza a corpi di Lewy, tutte condizioni per cui il mondo della ricerca ancora non ha trovato una soluzione.
I primi sintomi della demenza possono includere problemi di memoria, difficoltà nel trovare le parole e nei processi di pensiero, cambiamenti nella personalità o nel comportamento, mancanza di iniziativa o cambiamenti nelle funzioni quotidiane a casa, al lavoro o nel prendersi cura di se stessi.
Nonostante non esistano cure definitive, gli anni di ricerca hanno dato risultati. Una diagnosi precoce apre le porte ad una gestione del male che mette il paziente e la famiglia nelle condizioni di contenere il progredire del male e pianificare in anticipo il futuro.
Ora, un gruppo di ricercatori della Exeter University rivela di aver sviluppato un’Intelligenza Artificiale capace di prevedere, con con due anni di anticipo e un’accuratezza del 92%, chi svilupperà una forma di demenza nel giro di due anni. Lo studio, pubblicato su JAMA Network Open, ha utilizzato i dati di oltre 15.300 pazienti degli Stati Uniti per individuare modelli nascosti nei dati che rivelano quali pazienti sono più a rischio.
Sotto la supervisione del Professor David Llewellyn e della dottoressa Janice Ranson i ricercatori hanno analizzato i dati di persone che hanno frequentato una rete di 30 cliniche per la memoria del National Alzheimer’s Coordinating Center negli Stati Uniti tra il 2005 ed il 2015. I partecipanti non presentavano alcun segno di demenza all’inizio dello studio, nonostante molti denunciassero difficoltà con la memoria o altre funzioni cerebrali. Nei dieci anni di osservazione, uno su dieci dei 1.568 partecipanti ha ricevuto una diagnosi di demenza a distanza di due anni dalla prima visita alla clinica della memoria.
Il modello di apprendimento automatico non ha solo correttamente previsto i nuovi casi di demenza con un’accuratezza pari al 92%, ma anche evitato false diagnosi (130, circa l’8%) solo successivamente corrette dalle cliniche.
Incorporare l’apprendimento automatico nelle cliniche della memoria può aiutare a garantire diagnosi molto più accurata, riducendo nella pratica clinica il margine di congettura e migliorando significativamente il percorso diagnostico, aiutando le famiglie ad accedere al supporto di cui hanno bisogno nel modo più rapido e accurato possibile.
I ricercatori hanno scoperto che l’apprendimento automatico funziona in modo efficiente, utilizzando le informazioni sui pazienti normalmente disponibili in clinica, come la memoria e le funzioni cerebrali, le prestazioni sui test cognitivi e fattori specifici dello stile di vita. Il team ora prevede di condurre studi di follow-up per valutare l’uso pratico del metodo di apprendimento automatico nelle cliniche, per valutare se può essere implementato per migliorare la diagnosi, il trattamento e la cura della demenza.
(lo)