Un gruppo di ricercatori ha studiato l’impatto sulla salute umana non solo della quantità, ma anche del potenziale ossidativo del particolato atmosferico di diverse regioni dell’Europa.
di Lisa Ovi
Secondo un recente rapporto della Commissione Europea per l’Ambiente, ogni anno, almeno 400.000 decessi prematuri in Europa sarebbero da attribuirsi all’inquinamento atmosferico, 12.000 all’inquinamento acustico. Il collegamento diretto tra gradi di inquinamento e salute è diventato oggetto di dibattito quando, al principio della pandemia da Covid-19, alcuni ricercatori italiani ipotizzarono una possibile correlazione tra livelli d’inquinamento e mortalità da covid-19.
In collaborazione con ricercatori di diverse istituzioni europee, ricercatori del Paul Scherrer Institute (PSI), hanno studiato il grado di pericolosità per la salute umana del particolato originato da svariate fonti. Pubblicato su Nature, lo studio rivela che la quantità di particolato, o aerosol, da sola non rappresenta il maggiore fattore di rischio. È piuttosto il cosiddetto potenziale ossidativo a rendere l’inquinamento da particolato tanto dannoso.
Quando si parla di “potenziale ossidativo”, si fa riferimento alla capacità del particolato atmosferico di ridurre la quantità di antiossidanti nel corpo e quindi portare a danni alle cellule ed ai tessuti del corpo umano. Lo studio si è concentrato su due punti in particolare:
– Da cosa è provocato il potenziale ossidativo dell’aerosol
– Se il rischio per la salute dell’aerosol è causato proprio dal suo potenziale ossidativo
In una prima fase, i ricercatori hanno esposto a campioni di particolato cellule delle vie aeree umane, le cosiddette cellule epiteliali bronchiali, per testarne la reazione biologica. Sotto stress, queste cellule emettono una sostanza che allerta il sistema immunitario della necessità di avviare reazioni infiammatorie nel corpo. I ricercatori sono stati in grado di dimostrare che ad un elevato potenziale ossidativo corrisponde una reazione infiammatoria più intensa. Uno studio condotto dall’Università di Berna ha dimostrato, inoltre, una suscettibilità elevata al particolato nelle cellule di pazienti affetti da fibrosi cistica.
Per condurre lo studio, i ricercatori hanno raccolto campioni di particolato atmosferico in varie località della Svizzera. Utilizzando una tecnica di spettrometria di massa sviluppata al PSI, ne hanno analizzato la composizione, associando così un luogo d’origine a ciascun profilo chimico. Di ciascun campione è stato determinato anche il potenziale ossidativo.
Da un punto di vista quantitativo, la maggior parte del particolato è costituito da polvere minerale e cosiddetti aerosol inorganici secondari, come nitrato di ammonio e solfato. Il potenziale ossidativo del particolato, però, è soprattutto influenzato dai cosiddetti aerosol organici secondari di origine antropica, che provengono principalmente dalla combustione del legno e dalle emissioni di metalli derivanti dall’usura dei freni e dei pneumatici nel traffico stradale.
Un’analisi dei dati sperimentali con un modello computerizzato ha anche permesso di identificare le località in Europa con il più alto potenziale ossidativo. Le zone più critiche sono risultate le aree a carattere principalmente metropolitano, come la capitale francese, Parigi, e la Pianura Padana nel Nord Italia.
I ricercatori hanno quindi scoperto non solo che la popolazione nelle aree urbane è esposta a una maggiore quantità di particolato atmosferico, ma anche che proprio il particolato di queste regioni ha un potenziale ossidativo più elevato ed è quindi più dannoso per la salute rispetto a quello che si respira nelle aree rurali. Regolare semplicemente la quantità di particolato prodotto non è sufficiente a salvaguardare la salute dei cittadini, nonostante sia indubbiamente una misura necessaria per pazienti affetti da malattie croniche.
(lo)