Nel ripulire l’aria dal nostro inquinamento, potremmo finire per peggiorare la gravità del fenomeno.
di James Temple
Il cambiamento climatico sta chiaramente accentuando il fenomeno delle precipitazioni o della siccità in alcuni paesi. Eppure gli scienziati faticano a rilevare con chiarezza il ruolo consistente dell’uomo nell’incrementare la frequenza e la gravità di questi eventi considerando la variabilità climatica naturale, le differenze fra le varie regioni del mondo e la ridotta quantità di dati disponibili.
Un nuovo rapporto su Nature offre alcune prove a dimostrazione dell’ipotesi che l’inquinamento dell’aria possa contribuire a rendere la ricerca scientifica più complessa, mascherando il ruolo dei gas serra sulla siccità.
Alcune ricerche hanno già individuato il ruolo che l’inquinamento dell’aria gioca nel moderare la portata del riscaldamento globale (vedi “Stiamo per annullare un esperimento tanto importante quanto fortuito per la riduzione del riscaldamento globale”). Le ultime scoperte suggeriscono che questo stesso effetto potrebbe aver giocato una parte anche nella riduzione delle siccità, riducendo il livello di essiccazione del terreno che sarebbe stato altrimenti registrato. In tal caso, nel cercare di ripulire la nostra aria inquinata, potremmo favorire il peggioramento degli effetti che il cambiamento climatico avrebbe sulla siccità.
Nel nuovo studio, ricercatori della NASA, della Columbia University e del Lawrence Livermore National Laboratory hanno analizzato gli anelli negli alberi per documentare la variazione dell’umidità del suolo nel corso degli anni. L’analisi dendrocronologica ha permesso di identificare tre trend distinti: una chiara impronta delle attività umane sui livelli di siccità nella prima metà del secolo scorso; un trend divergente fra il 1950 e il 1975, quindi un nuovo cenno dell’intervento umano, anche se più debole.
I ricercatori hanno notato come il periodo intermedio coincida con l’incremento dagli aerosol atmosferici, le piccole particelle rilasciate da aeroplani, automobili, centrali a carbone e persino eventi naturali come incendi ed eruzioni vulcaniche. A seconda delle particelle, l’effetto sulla formazione di nuvole, sulla probabilità di pioggia, sulla concentrazione di calore e umidità, e persino sulla riflessione della luce solare nello spazio possono variare.
Il livello di inquinamento globale dell’aria ha cominciato a calare rapidamente verso la metà degli anni ’70 in seguito all’approvazione del Clear Air Act degli Stati Uniti e di riforme analoghe in Europa. Questo, almeno, è quanto si evince dai dati letti nello studio.
Gli autori hanno subito chiarito come la loro scoperta accenni solamente a un “possibile ruolo” degli aerosol ambientali nella moderazione dei fenomeni di siccità, per la cui conferma occorreranno ulteriori ricerche.
Jian Lu, uno scienziato del Pacific Northwest National Laboratory che studia le alterazioni apportate dal cambiamento climatico al ciclo idrologico, sostiene che sia difficile determinare se gli aerosol ambientali costituiscono l’elemento fondamentale, precisando che le oscillazioni decennali nelle temperature naturali degli oceani potrebbero giocare a loro volta un ruolo importante.
Se l’inquinamento dell’aria rappresenta realmente una forza capace di contrastare la siccità, però, potrebbe seriamente complicare i problemi e le soluzioni a nostra disposizione per affrontare il cambiamento climatico.
(MO)