Gli osservatori umani impiegherebbero anni prima per visionare decine di migliaia di ore di filmati che documentano violazioni dei diritti fondamentali nello Yemen. Con l’apprendimento automatico, la situazione è radicalmente diversa.
di Karen Hao
Nel 2015, allarmata da una guerra civile incontrollabile nello Yemen, l’Arabia Saudita ha condotto una campagna aerea contro il Paese per sconfiggere quello che considerava un minaccioso aumento del potere sciita. Secondo le dichiarazioni iniziali dei funzionari sauditi, l’intervento avviato con altri otto stati in gran parte sunniti doveva durare solo poche settimane. Quasi cinque anni dopo, non si è ancora fermato.
Secondo alcune stime, la coalizione da allora ha effettuato oltre 20.000 attacchi aerei, molti dei quali hanno ucciso civili yemeniti e distrutto le loro proprietà, presumibilmente in violazione diretta del diritto internazionale. Da allora le organizzazioni per i diritti umani hanno cercato di documentare tali crimini di guerra nel tentativo di fermarli attraverso cause legali. Ma la verifica sul campo da parte di giornalisti e attivisti è spesso troppo pericolosa per essere possibile.
Le organizzazioni hanno sempre più spesso fatto riferimento a foto e video in crowdsourcing per comprendere il conflitto e hanno iniziato a presentarli in tribunale per integrare le prove dei testimoni oculari. Tuttavia, con la proliferazione della documentazione digitale sulla guerra, il tempo impiegato per analizzarla si è dilatato. Le immagini, inoltre, sono traumatizzanti per chi deve esaminare i filmati.
Ora un’iniziativa che porterà presto a un confronto serrato nel sistema giudiziario del Regno Unito sta sperimentando un’alternativa con l’apprendimento automatico, che potrebbe offrire un modo per rendere più accessibili le prove in crowdsourcing e aiutare le organizzazioni per i diritti umani a attingere a più materiale.
La proposta, sostenuta dalla Swansea University nel Regno Unito insieme a una serie di organizzazioni per i diritti umani, fa parte di un piano per monitorare i presunti crimini di guerra che si verificano nello Yemen e accrescere la loro responsabilità legale. Nel 2017 la piattaforma Yemeni Archive ha iniziato a compilare un database di video e foto che documentano gli abusi. Il contenuto è stato raccolto da migliaia di fonti, compresi i contributi di giornalisti e civili, nonché video open source da piattaforme di social media come YouTube e Facebook. Tutti i materiali sono conservati su una blockchain in modo che qualsiasi manomissione non passi inosservata.
Insieme alla Global Legal Action Network (GLAN), un’organizzazione no profit che fa causa agli Stati per violazioni dei diritti umani, gli investigatori hanno quindi iniziato ad accumulare prove di specifiche violazioni dei diritti umani in un database separato e a intraprendere cause legali in vari tribunali nazionali e internazionali.
“Se si arriva in aula, non è sufficiente dimostrare che sia accaduto qualcosa”, afferma Yvonne McDermott Rees, professore all’Università di Swansea e responsabile dell’iniziativa. “Si deve spiegare per quale motivo si ritiene quell’atto specifico un crimine di guerra. Per esempio, si può sostenere che è stata impiegata un’arma illegale o si è trattato di un attacco aereo ai civili o si è fatto uso di una forza sproporzionata”.
L’attenzione si sta ora concentrando su una bomba a grappolo prodotta nel Regno Unito, la BLU-63. L’uso e la vendita di munizioni a grappolo, armi esplosive che rilasciano oltre 2.000 frammenti esplosivi all’impatto, sono vietate da 108 paesi, tra cui il Regno Unito. Se si riuscisse a dimostrare in un tribunale del Regno Unito che queste armi sono state effettivamente utilizzate per commettere crimini di guerra, si potrebbero creare le condizioni per fermare la vendita di armi del Regno Unito all’Arabia Saudita o per incriminare le persone coinvolte nelle vendite.
Si è quindi deciso di produrre un sistema di apprendimento automatico per rilevare tutti i casi di utilizzo delle BLU-63 nel database. Ma questo tipo di immagini sono rare proprio perché le bombe sono illegali. Pertanto, chi sostiene l’accusa ha creato un set di dati sintetici ricostruendo modelli 3D della BLU-63 in una simulazione.
Usando i pochi esempi precedenti che avevano a disposizione, tra cui una foto della munizione conservata dall’Imperial War Museum, le organizzazioni hanno collaborato con Adam Harvey, un ricercatore di computer vision, per ricostruirle. A partire da un modello base, Harvey ha aggiunto una trama fotorealistica, diversi tipi di danno e varie decalcomanie.
Ha poi simulato varie condizioni di illuminazione e vari ambienti per creare centinaia di immagini fisse che imitano il modo in cui la munizione potrebbe essere trovata in natura. Ha anche creato dati sintetici di altri oggetti che potrebbero essere scambiati per la munizione, per esempio una palla da baseball verde, per abbassare il tasso di falsi positivi.
Mentre Harvey sta ancora lavorando a oltre 2.000 esempi di oggetti, il sistema esistente funziona già bene: oltre il 90 per cento dei video e delle foto che recupera dal database sono stati verificati da esperti umani come relativi all’utilizzo delle BLU-63. Una volta che il sistema sarà corredato di modelli di stampa 3D, il team prevede di esaminare l’intero archivio yemenita, che contiene 5,9 miliardi di fotogrammi video.
Secondo la stima di Harvey, una persona impiegherebbe 2.750 giorni lavorando 24 ore al giorno per raccogliere tutte queste informazioni. Al contrario, il sistema di apprendimento automatico svolgerà il lavoro in circa 30 giorni su un desktop normale.
Anche se gli esperti umani dovranno comunque verificare il filmato dopo che il sistema lo ha filtrato, il guadagno in termini di efficienza cambia completamente la situazione per le organizzazioni per i diritti umani che desiderano affrontare cause in tribunale. Non è insolito per queste organizzazioni archiviare in crowdsourcing enormi quantità di video di testimoni oculari.
Amnesty International, per esempio, ha 1 terabyte di filmati che documentano possibili violazioni in Myanmar, afferma McDermott Rees. Le tecniche di apprendimento automatico possono consentire loro di setacciare questi archivi e dimostrare le violazioni dei diritti umani su una scala precedentemente non fattibile, rendendo molto più difficile per i tribunali negare l’evidenza.
“Quando si guarda, per esempio, agli ospedali, avere un video che mostra una struttura ospedaliera presa di mira fa impressione, ma potrebbe essere un caso isolato”, afferma Jeff Deutch, ricercatore capo dell’Archivio siriano, che ha anche lanciato l’archivio yemenita. “Ma se si riesce a mostrare centinaia di video di centinaia di bombardamenti di ospedali, chiunque capisce che si tratta di una strategia deliberata di guerra. Quando le azioni sono considerate intenzionali, è più facile in termini legali stabilire le responsabilità per crimini di guerra”.
La coalizione a guida saudita ha già negato la colpevolezza in precedenti accuse di crimini di guerra, che il governo del Regno Unito riconosce come giustificate dai dati ufficiali. I tribunali britannici hanno anche archiviato un precedente caso sollevato dalla GLAN per impedire al governo di vendere armi all’Arabia Saudita, poiché riteneva che le prove video open source non fossero sufficientemente convincenti.
I collaboratori sperano che la maggiore quantità di prove porti a risultati diversi. Nei casi precedenti in cui sono stati presentati video open source nel contesto siriano, la documentazione è stata riconosciuta come valida, afferma McDermott Rees.
Questa iniziativa non è la prima a utilizzare l’apprendimento automatico per filtrare le prove in un contesto di diritti umani. Il sistema E-Lamp della Carnegie Mellon University, uno strumento di analisi video per il lavoro sui diritti umani, serve ad analizzare gli archivi della guerra siriana. Harvey ha anche lavorato in precedenza con alcuni dei suoi attuali collaboratori per identificare le munizioni utilizzate in Siria. Il caso dello Yemen, tuttavia, sarà uno dei primi a essere coinvolto in un causa giudiziaria e potrebbe costituire un precedente per altre organizzazioni per i diritti umani.
Immagine di: Vframe
(rp)