E’ in corso un vasto progetto basato sulla tecnologia CRISPR per rendere i suini immuni a una malattia per loro mortale. I prossimi saremo noi?
di Antonio Regalado
Quando il covid-19 ha iniziato a diffondersi in tutto il mondo, le nazioni hanno chiuso le attività e hanno detto ai cittadini di restare a casa. Molti pensavano che sarebbe bastato per fermare il coronavirus. Se avessimo prestato maggiore attenzione ai maiali, avremmo avuto una risposta immediata. Quando si tratta di controllare i virus presenti nell’aria, afferma Bill Christianson, “penso che ci illudiamo della nostra efficacia nel contrastarli”.
Christianson è un epidemiologo e veterinario che dirige la Pig Improvement Company, a Hendersonville, nel Tennessee. L’azienda vende suini da riproduzione d’élite all’industria del maiale, che da 34 anni combatte una malattia virale chiamata sindrome riproduttiva e respiratoria dei suini, la cosiddetta PRRS (porcine reproductive and respiratory syndrome).
L’agente patogeno causa una malattia nota come orecchio blu, per uno dei suoi sintomi più visibili. La prima volta che si è manifestata, negli anni 1980, era semplicemente chiamato “malattia misteriosa dei suini”. Una volta contagiata dalla PRRS, una scrofa rischia di abortire o dare alla luce suinetti morti e raggrinziti. “Questa malattia”, spiega Christianson, “è per loro un pericolo ancora più grande del covid per noi”.
Per fermare la PRRS, così come altre malattie, gli allevatori di suini adottano misure familiari a chiunque abbia cercato di evitare il contagio da covid-19. Prima di entrare in una stalla sicura per i maiali, ci si misura la temperatura, si fa la doccia e si cambiano i vestiti. I contenitori per il pranzo vengono immersi nella luce UV e le attrezzature vengono disinfettate. Poi si riempiono questionari con domande come: “Ultimo contatto con il maiale”, “Hai avuto contatti con maiali nel giorno libero? Sei stato a una fiera di campagna? (Rispondere sì significa una quarantena di due settimane lontano dal lavoro).
Nonostante le precauzioni, il virus si trasmette e si diffonde rapidamente a distanza ravvicinata. Un rapido “spopolamento”, ossia l’abbattimento, degli animali è il modo più efficace per risolvere il problema. Negli anni più difficili, gli allevatori di suini americani hanno perso 600 milioni di dollari a causa della PRRS.
Ora Christianson, che lavora in una succursale dell’azienda di genetica animale Genus, sta provando una strada diversa. Invece di cercare di isolare gli animali dall’ambiente, sta cambiando i maiali stessi. In una struttura sperimentale negli Stati Uniti centrali (il luogo è tenuto segreto per motivi di sicurezza), l’azienda dispone di un centro di fecondazione in vitro suina e di un laboratorio in cui gli ovuli di maiale vengono modificati geneticamente utilizzando CRISPR, le rivoluzionarie forbici genetiche.
Nell’area di gestazione, dove le scrofe trascorrono nove mesi fino al “parto”, i piccoli suini modificati geneticamente sono immuni alla PRRS perché i loro corpi non contengono più il recettore molecolare a cui il virus si lega.
Ogni virus attacca le cellule fondendosi con esse e iniettando il suo carico genetico. Con il covid-19, il virus si lega a un recettore chiamato ACE-2, comune nelle vie aeree e nelle cellule polmonari, motivo per cui la malattia causa problemi respiratori. Nel caso della PRRS, è CD163 , un recettore presente nei globuli bianchi. Questi maiali sperimentali non hanno il gene CD163 completo perché parte di esso è stato tagliato via con l’editing genetico. Nessun recettore, nessuna infezione.
Secondo una ricerca non pubblicata dell’azienda, i tentativi di infettare i suini modificati geneticamente con la PRRS non hanno avuto successo. “Non avrei mai pensato che avrebbe funzionato come un interruttore della luce”, dice Christianson, “ma sembra realmente attivo contro tutti i ceppi del virus”.
Un metodo simile è stato provato negli esseri umani. In un tentativo spericolato del 2018, gli scienziati cinesi hanno modificato gli embrioni umani nella speranza di conferire resistenza all’HIV, la causa dell’AIDS. Anche quei ricercatori sognavano di fermare una malattia rimuovendo un recettore. Il problema era che la tecnologia non era pronta per svolgere un lavoro così ambizioso in sicurezza. Sebbene lo strumento del CRISPR sia immensamente versatile, manca di precisione e la chirurgia del DNA ha creato qualcosa di simile alle cicatrici genetiche nei gemelli nati dall’esperimento.
A settembre un gruppo internazionale di alto livello ha affermato che nessuno deve intervenire con modificazioni genetiche sui bambini “fino a quando non sarà stato chiaramente stabilito che è possibile effettuare cambiamenti genomici precisi in modo efficiente e affidabile”. Ma con i maiali, l’era della modificazione genetica è arrivata e i suoi benefici potrebbero essere presto visibili.
Genus spera di ottenere l’approvazione per vendere i suoi maiali negli Stati Uniti e in Cina già nel 2025. Le sue stazioni sperimentali ospitano già centinaia di maiali modificati geneticamente e migliaia dei loro discendenti. (Si veda l’articolo sul salmone transgenico)
Per Raymond Rowland, un ricercatore dell’Università dell’Illinois che è stato coinvolto nella creazione dei primi animali a prova di PRRS, l’editing genetico è “nel suo senso più ampio, un modo per migliorare la vita” per i maiali e per chi li accudisce.
Maiali d’élite
Il Mondo Nuovo, il romanzo di Aldous Huxley, inizia con un tour del “Central London Hatchery”, dove i bambini di una società futura nascono in provetta all’insegna del motto: “COMUNITÀ, IDENTITÀ, STABILITÀ”. I fili conduttori nelle strutture di Genus sono soprattutto i controlli della temperatura e il lavaggio delle mani, ma il concetto non è così diverso. Ogni maiale è numerato, monitorato e con il DNA testato per definire le sue qualità genetiche.
L’azienda gestisce animali selezionati secondo i criteri di piena salute, rapidità di crescita e capacità di procreazione. Questi animali – quello che Genus chiama “germoplasma d’élite” – vengono poi fatti circolare in “fattorie moltiplicatrici” e acquistati dai produttori di tutto il mondo, dallo Iowa a Pechino, che li allevano a loro volta.
L’azienda utilizza il sequenziamento del DNA da diversi anni per identificare i suini che presentano i tratti preferiti e per guidare i suoi programmi di allevamento. Nel 2015, ha firmato una licenza esclusiva per modificare geneticamente suini e bovini utilizzando la tecnologia di Caribou Biosciences, un’azienda fondata da Jennifer Doudna dell’Università della California, a Berkeley, che lo scorso ottobre ha condiviso un premio Nobel per lo sviluppo di CRISPR.
Poiché l’azienda di suini non aveva esperienza in ingegneria genetica, ha iniziato ad assumere esperti di biologia vegetale. Uno di loro è il suo direttore scientifico, Elena Rice, una genetista di origine russa che ha trascorso 18 anni alla Monsanto, sviluppando principalmente piante di mais geneticamente modificate per ingrandirsi e resistere alla siccità. “Le piante non mi hanno mai coinvolto particolarmente”, dice Rice. “Il porcellino o la mucca mi emozionano. Vuoi abbracciarli, vuoi che siano sani. È come avere un bambino. Non vuoi che si ammalino”.
La stazione di ricerca di Genus è impostata per eseguire rapidamente il processo di editing su molti maiali. Le scrofe vengono anestetizzate e quindi portate in una sala chirurgica, dove i veterinari rimuovono gli ovuli dalle ovaie, li fecondano e introducono le molecole CRISPR. Due giorni dopo la modifica, gli embrioni – ormai grandi poche cellule – vengono impiantati nelle scrofe surrogate.
La forbice genetica CRISPR è famosa per la sua capacità di tagliare il DNA in posizioni predeterminate, anche se in pratica la tecnologia ha un elemento casuale. A seconda del punto d’intervento, il genoma cambierà in modo diverso. Si possono presentare anche modifiche non pianificate, o “fuori bersaglio”.
Nelle piante, questa casualità non è un problema. Un cambiamento genetico riuscito su un singolo seme (un “evento”, come lo chiamano gli ingegneri delle piante) può moltiplicarsi rapidamente. Nei suini, è necessario creare modifiche identiche in molti animali al fine di stabilire una popolazione di suini pronti alla riproduzione.
Negli esperimenti su cellule di maiale, i ricercatori di Genus hanno provato molte possibili modifiche al gene CD163, cercando quelle che si verificano in forme più facilmente prevedibile. Anche con tali accortezze, i maiali che nascono hanno la modifica voluta sono solo nel 20-30 per cento dei casi. I piccoli suini i cui genomi hanno errori finiscono nel cumulo di compostaggio. “Questa tecnologia è complessa”, sostiene Mark Cigan, un biologo molecolare con un ruolo di primo piano nel programma. “Dobbiamo essere rigorosi, perché vogliamo un cambiamento prevedibile in tutti i suini. Deve essere lo stesso cambiamento ogni volta”.
Eradicare l’influenza
Anche se la PRRS è il problema più grande negli Stati Uniti, Genus e altre aziende pensano di poter rendere i maiali immuni anche ad altri virus. Stanno valutando se l’editing genetico potrebbe creare maiali che non contraggono la peste suina africana, una malattia che dilaga in Cina e dal 2018 ha portato alla perdita della metà dei suini di quel paese. Ricercatori come Rowland affermano che i maiali modificati potrebbero anche avere il vantaggio indiretto di ridurre la possibilità che alcuni virus si diffondano dai maiali agli esseri umani.
Le origini del covid-19 sono ancora indeterminate, ma la teoria prevalente è che la malattia sia zoonotica, nel senso che è passata dagli animali alle persone. Poiché i maiali non contraggono il nuovo coronavirus, probabilmente non hanno avuto alcun ruolo nell’emergere del covid-19. Ma gli allevamenti di suini sono noti per dare il via alle pandemie influenzali. I suini possono contrarre l’influenza aviaria e umana, oltre all’influenza suina. Ciò li rende un pericoloso recipiente di miscelazione in cui i virus influenzali possono scambiare tratti di DNA tra loro.
Un tale riassortimento delle componenti genetiche può produrre improvvisamente un nuovo virus influenzale che si diffonde tra le persone, che non godranno dell’immunità. L’influenza suina H1N1 del 2009 ha visto la presenza di elementi virali provenienti da uccelli, maiali e esseri umani. Negli Stati Uniti si sono verificati circa 61 milioni di casi: quasi 300.000 persone sono finite in ospedale e circa 12.500 sono morte. La mortale pandemia influenzale del 1918 fu accompagnata negli Stati Uniti da una “influenza suina”, sebbene la connessione tra loro rimanga non dimostrata.
Dall’anno scorso, Genus collabora con uno scienziato della Kansas State University, Jürgen Richt, per progettare suini resistenti all’influenza. Richt non è sicuro di poter rendere i maiali completamente immuni ai virus influenzali in rapida evoluzione, ma spera di poter rallentare gli agenti patogeni, forse anche abbastanza da ridurre le probabilità di un’altra pandemia. “Se ottieni meno replicazione, ottieni meno mutazione, meno riassortimento”, spiega.
Poiché i recettori a cui si lega l’influenza sono così comuni nell’organismo, nessun animale potrebbe sopravvivere alla loro eliminazione, dice Richt. Quindi il progetto mira a rimuovere altri geni, quelli della proteasi che l’influenza – e il covid-19 – utilizzano come cavallo di Troia per penetrare efficacemente nelle cellule. Poiché ci sono molti tipi di influenza, sarà necessario rimuovere più di una proteasi, lasciando aperta la domanda se i suini possono sopportare la cancellazione di tutti questi geni.
Non è ancora chiaro se i suini resistenti alla PRRS, con un solo recettore rimosso, siano sani o in qualche modo
normali. Cigan dice che l’azienda pensa che lo siano, almeno secondo i resoconti dei ricercatori che non vedono differenze nei loro test, relativi a quanto mangiano i maiali e all’aumento di peso. Ma i cambiamenti non pianificati potrebbero essere impercettibili.
Richt dice che dieci anni fa era coinvolto negli studi per rendere i bovini resistenti alla mucca pazza. Dopo aver rimosso un gene, ha visto che gli animali erano cambiati. “E’ stato difficile rimetterli in piedi”, egli ricorda, “e chi li allevava diceva che sembravano “stupidi”. Il suo sospetto è che abbiano perso una funzione che non era vitale per la sopravvivenza, ma la cui rimozione ha portato a un degrado del sistema sensoriale.
La peste nera
Se l’editing genetico è perfezionato nei suini – una specie anatomicamente così simile agli umani che i medici sperano di trapiantare un giorno i reni di maiale agli esseri umani – quali saranno le implicazioni per le persone? Il dibattito sulla modificazione genetica umana si è spesso ridotto a chiedersi se sarebbe morale cambiare il colore degli occhi o l’intelligenza di un bambino. Ma l’esperienza dei suini mostra che il CRISPR potrebbe essere in grado di fornire alle persone “vaccini genetici” innati contro le peggiori malattie infettive.
Gli scienziati in Cina che hanno modificato gli embrioni umani per combattere l’HIV stavano perseguendo uno sviluppo rivoluzionario. E i problemi in cui si sono imbattuti erano simili a quelli di Genus: non potevano controllare le modifiche esatte che hanno fatto e non potevano essere sicuri che l’interruzione di un gene (chiamato CCR5) non avrebbe avuto conseguenze impreviste. In quell’esperimento, però, non ci furono secondi tentativi. Inoltre, molti si sono chiesti se fosse necessario dal punto di vista medico, poiché i farmaci possono tenere sotto controllo l’HIV per decenni.
Dopo il fiasco cinese, le accademie scientifiche americane e britanniche hanno affermato che l’editing genetico, quando è abbastanza sicuro da usarsi nella riproduzione umana, dovrebbe evitare “miglioramenti” di qualsiasi tipo e invece assumere obiettivi più ristretti, come impedire alle persone di trasmettere condizioni ereditarie. come l’anemia falciforme per i loro figli.
Altri ancora pensano che sia importante padroneggiare la tecnologia come possibile protezione contro future pandemie. Rimuovere un recettore dalle prossime generazioni di esseri umani potrebbe essere l’ultima spiaggia della civiltà se la società viene colpita da una super-malattia che non può essere controllata da vaccini o farmaci e per la quale non sviluppiamo l’immunità.
“Noi come specie dobbiamo mantenere la flessibilità, di fronte a minacce future, per prendere il controllo della nostra eredità genetica”, ha detto George Daley, il decano della Harvard Medical School, a un pubblico di Hong Kong nel 2018. Ha elencato la “resistenza alle pandemie globali ”come una delle ragioni per sviluppare tecniche per modificare gli esseri umani.
Covid-19 mostra come un nuovo virus possa esplodere dal nulla e diffondersi a livello globale. Il tasso di mortalità complessivo per un’infezione con il nuovo coronavirus, forse lo 0,5 per cento, non minaccia l’esistenza dell’umanità. Ma cosa succederebbe se la prossima pandemia fosse più simile alla peste nera, che uccise un terzo o più della popolazione europea nel Medioevo? È una possibilità remota, come l’impatto con un asteroide. Ma essere in grado di progettare esseri umani in grado di resistere a virus specifici potrebbe essere una tecnologia che vale la pena avere.
Immagini di: Selman Design
(rp)