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    Le teorie cospirative stentano a morire

    Un mese dopo il giorno delle elezioni americane, il volume della disinformazione politica è diminuito, ma gli esperti dicono che i problemi sono lungi dall’essere risolti.

    di Abby Ohlheiser

    Il piano alimentato dalla teoria della cospirazione del presidente Trump per ribaltare la sua sconfitta nelle elezioni del 2020 ha preso di mira sei stati in cui il presidente eletto Joe Biden ha vinto di misura: Wisconsin, Arizona, Pennsylvania, Michigan, Nevada e Georgia. Tutti e sei questi stati hanno ora certificato il risultato dei voti con riconteggi che a volte aumentano persino il margine di vittoria per Biden. 

    La conferma dei risultati è stata accompagnata da una diminuzione della disinformazione elettorale. Ma secondo Zignal Labs, una società di media intelligence, mentre i reclami relativi alle frodi sono diminuiti, non si può dire che siano spariti. In effetti, sono ancora ampiamente condivisi: il database di social media, broadcast, media tradizionali e siti online di Zignal ha registrato oltre 1,9 milioni di denunce di frode degli elettori negli ultimi sette giorni. Inoltre, tweet di personalità di spicco di destra e di funzionari eletti, come nel caso del senatore Rand Paul, ottengono ancora decine di migliaia di condivisioni. Cosa ci aspetta quindi?

    Una mina vagante per il futuro

    “Non credo che le proteste finiranno”, dice Francesca Tripodi, ricercatrice della School of Information and Library Science dell’Università del North Carolina. Semmai, dice, gli elettori che credono che le elezioni siano state rubate a Trump agiranno con “crescente determinazione” nei prossimi mesi. 

    Nina Jankowicz, una collega esperta di disinformazione del Wilson Center, sottolinea che non è solo il volume di contenuti che contestano il risultato di cui dovremmo essere preoccupati. Invece, è preoccupata per l’impatto a lungo termine che questa situazione potrebbe avere sul modo in cui gli elettori che sostengono Trump vedono la democrazia. “Ridurrà la fiducia nel processo democratico per molto tempo a venire”, ella dice. 

    E mentre Trump potrebbe aver perso la sua candidatura per la rielezione, i movimenti politici che hanno sfruttato la disinformazione a proprio vantaggio sono vegeti, come dimostrato dalla elezione al Congresso di un importante sostenitore di QAnon. Il pericolo, soprattutto a livello locale, è che teorie del complotto e altre falsità sulle elezioni del 2020 si traducano in atti legali, afferma Shireen Mitchell, una ricercatrice che gestisce il progetto Stop Digital Voter Suppression. 

    Trump non ha improvvisamente iniziato a parlare di teorie del complotto e di elezione rubata a novembre; ma ha twittato affermazioni infondate su elezioni truccate da mesi. Allo stesso modo, l’infrastruttura che aiuta a diffondere queste affermazioni è già operativa da prima delle elezioni del 2020, così come la polemica su quali voti dovrebbero contare e quali no. 

    “Stop the Steal “è un’evoluzione di un vecchio argomento utilizzato per privare i diritti prevalentemente di persone di colore e comunità indigene”, afferma Brandi Collins-Dexter, esperta di disinformazione. “Quindi, l’argomento fondamentale non scomparirà mai completamente? Finché il voto e la partecipazione alla nostra democrazia non sono accettati dal Paese come un diritto umano fondamentale, ho dei seri dubbi che accada”. 

    Il lavoro di Tripodi ha coinvolto i gruppi di Facebook dediti a diffondere disinformazione sulla pandemia di coronavirus. Questi gruppi, che in precedenza hanno svolto un ruolo nell’aiutare a presentare le cospirazioni di QAnon a un pubblico più ampio, sono anche focolai di disinformazione elettorale. E le campagne di “riapertura” sono esse stesse parzialmente finanziate e influenzate da alcuni super-PAC(i potentissimi e influenti i gruppi di appoggio esterni) di destra e organi di stampa.

    Prevenire la diffusione della disinformazione

    Ci sono tanti aspetti da considerare nella storia della disinformazione e del potere americano: le aziende che hanno costruito reti che incentivano la diffusione della disinformazione; l’impatto di queste narrazioni sulle comunità più fragili e oppresse; il lavoro di moderazione dei contenuti, che spesso causa traumi ai lavoratori pagati per farlo; il denaro per finanziare le campagne di disinformazione; la rete di pubblicazioni e organizzazioni che aiutano a diffonderle; l’impatto della disinformazione sulle nostre vite e relazioni quotidiane. 

    “Se leggo una storia sulla violenza nazionalista bianca e il protagonista è un nazionalista bianco, si tratta, per me, di una versione ‘romanzata’ dell’episodio”, dice Collins-Dexter. “Ma se chi racconta viene dalle comunità colpita, stiamo parlando di servizio pubblico”. “E’ un errore sostenere che la verità si trova nel mezzo”, afferma Ryan Hagen, ricercatore del Dipartimento di sociologia della Columbia University.

    Queste stesse considerazioni sono importanti anche per piattaforme come Facebook, YouTube e Twitter, dove le teorie del complotto sulle elezioni hanno ancora un vasto pubblico, nonostante alcune politiche di moderazione temporanee e permanenti progettate per limitarne la portata. 

    Per Collins-Dexter, l’approccio delle aziende alla disinformazione rimane inadeguato. “Anche con il sistemi di moderazione più accurati, questo rimarrebbe un lavoro difficile. Ma i moderatori di contenuti sono poco formati, sottopagati e con risorse insufficienti su una serie di fronti. E le aziende vogliono fare il minimo indispensabile”, ella afferma. 

    Tripodi, nel frattempo, ha invitato le piattaforme a fornire maggiore trasparenza ai ricercatori esterni all’azienda. “Penso che, in qualche modo, non vogliano essere ritenuti responsabili del degrado della democrazia negli Stati Uniti. Ma se mantengono i dati inaccessibili agli scienziati sociali, non c’è modo di combattere adeguatamente questo problema”, ella conclude.

    Foto: I sostenitori di Trump hanno continuato a protestare contro le presunte irregolarità del voto.AP

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