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    Le tecnologie per l’utilizzo di GPL e metano

    di Matteo Ovi

    Dal mercato aftermarket alle OEM

    Sino a pochi anni fa, il mercato degli impianti a gas era prevalentemente incentrato sulla trasformazione di vetture private (aftermarket) ed era estremamente penalizzato da alcune normative quali il superbollo per auto a gas del 1997.

    Con la rimozione di questa tassa e l’introduzione di normative a favore di combustibili meno inquinanti, si è assistito negli ultimi dieci anni a una inversione di tendenza. Oggi, dato il loro interesse a includere nel proprio listino vetture bi-fuel o monovalenti a gas, le case automobilistiche rappresentano per i produttori di impianti a gas una quota di domanda in costante crescita (si tratta del cosiddetto mercato OEM, ovvero original equipment manufacturer).

    Per esempio il leader nel mercato Landi Renzo installa direttamente i propri impianti su vetture di molte delle principali case automobilistiche (si veda la tavola 1).

    Le differenze fondamentali tra gli impianti di alimentazione a metano e quelli a GPL

    I moderni impianti a gas adottano l’iniezione sequenziale con un iniettore dedicato per ogni cilindro, che immette il gas il più vicino possibile alla valvola di aspirazione.

    Metano. Il metano viene immagazzinato in forma gassosa sui veicoli in recipienti chiusi (bombole pesanti e ingombranti, che nel caso di una trasformazione aftermarket occupano una considerevole porzione del bagagliaio), isolato dall’esterno tramite valvole, compresso a pressioni variabili tra i 200 e i 250 bar, a seconda delle normative nazionali e della qualità del compressore utilizzato. La pressione all’interno del serbatoio dipende principalmente dalla quantità di combustibile residuo e solo secondariamente dalla sua temperatura e composizione. L’entrata in vigore della normativa R110 impone, sulle valvole di tutti i serbatoi per gas compresso, un PRD (pressure relief device) a 120 °C e una valvola di eccesso di flusso (pressure relief valve). Oltre alle valvole di sicurezza, la robustezza necessaria per sopportare pressioni di collaudo di 300 bar e di esercizio di 220 bar conferisce alle bombole del metano anche una notevole resistenza agli urti. Il metano viene portato, tramite tubi di rame o acciaio, a un riduttore di pressione, ove la sua pressione viene ridotta a valori consoni per l’utilizzo in vettura (da valori di depressione per i sistemi tradizionali a valori di qualche bar per i sistemi a iniezione).

    GPL Il GPL viene immagazzinato sui veicoli in recipienti chiusi, isolato dall’esterno tramite valvole; il liquido si porta in equilibrio con la fase vapore a una pressione che dipende dalla temperatura a cui si trova. La pressione all’interno del serbatoio dipende quindi dalla sua temperatura e composizione, non solo dalla quantità di combustibile residuo. A causa di ciò, la legge impone il riempimento massimo all’80 per cento per i serbatoi di GPL (tramite valvola a molla integrata nella multivalvola), per lasciare un volume libero tale da poter assorbire le variazioni della massa di GPL in fase vapore indotte da variazioni termiche.

    Come per i serbatoi a metano, sono obbligatori sulle multivalvole di tutti i serbatoi GPL un PRD (pressure relief device) a 120 °C e un PRV (pressure relief valve) a 27 bar. Il GPL viene pescato dalla fase liquida nel serbatoio, poi, in un riduttore di pressione, viene fatto evaporare e portato alla pressione consona per l’utilizzo in vettura. Il GPL in fase gassosa risulta più pesante dell’aria; a differenza del metano, quindi, tende a depositarsi sul terreno. Ciò spiega le restrizioni di parcheggio cui sono sottoposti i veicoli alimentati a GPL.

    In entrambi i sistemi di alimentazione, espandendosi, il gas tende a raffreddarsi notevolmente, quindi il riduttore va scaldato con l’acqua di raffreddamento del motore. In caso contrario potrebbe arrivare a congelarsi e perdere gran parte delle sue funzionalità.

    I tre componenti essenziali di un impianto di alimentazione a gas sono il riduttore di pressione, la centralina elettronica e il rail iniettori.

    Il riduttore di pressione

    La riduzione della pressione del gas dal valore all’interno della bombola al valore di iniezione avviene tramite un componente fino a oggi di tipo meccanico a uno o due stadi.

    Una recentissima innovazione è il regolatore di pressione elettronica (EPR, electronic pressure regulator) presentato recentemente in Giappone da Landi Renzo (si vedano le figure 1 e 2).

    L’EPR è costituito fondamentalmente da un elemento mobile che, comandato elettromeccanicamente, crea una variazione di portata e quindi di pressione in uscita dal riduttore stesso. Esso permette, nelle auto alimentate a GPL e metano, la regolazione elettronica della pressione durante il funzionamento della vettura in modo «autoadattativo», versatile e sicuro.

    La pressione di uscita del combustibile risulta più stabile e progressiva in base alle necessità del conducente ed è meno influenzata dalla attuale massa di combustibile rimanente, che normalmente porta a delle perdite di potenza con lo svuotarsi del serbatoio. Questa caratteristica comporta un incremento nell’autonomia della vettura e la possibilità di sfruttare maggiormente la reale quantità di combustibile contenuta nel serbatoio. La gestione del riduttore elettronico da parte di una unità elettronica di controllo EMS (engine management system) consente di effettuare la diagnosi del sistema in caso di malfunzionamenti. è oltretutto possibile utilizzare lo stesso riduttore con combustibili differenti (incluso eventualmente in futuro anche l’idrogeno), a differenza degli attuali riduttori che si differenziano leggermente a seconda del tipo di gas installato.

    Attualmente il nuovo riduttore Landi Renzo sarà destinato ad applicazioni in collaborazione con Daimler per vetture che si avvarranno oltretutto di una singola centralina di gestione.

    centralina elettronica

    Gli impianti a gas sono dotati di una centralina elettronica che integra quella da cui dipende la gestione delle iniezione quando l’alimentazione è a benzina.

    La realizzazione della conversione dei tempi di iniezione benzina in tempi di iniezione gas, avviene sulla base di parametri acquisiti dalla centralina elettronica dell’impianto a gas e dei tempi di iniezione della benzina: i parametri base sono la pressione gas nel rail iniettori, la temperatura del gas, la temperatura dell’acqua del motore, i giri del motore e la carica della batteria.

    Le informazioni vengono utilizzate per modificare meccanicamente i tempi di iniezione del gas.

    Il sensore di temperatura dell’acqua, installato a monte del riduttore, fornisce un segnale utilizzato per stabilire il momento del passaggio dall’alimentazione a benzina a quella a gas dopo l’avviamento.

    Il gas, proveniente dal filtro, alimenta gli iniettori e, opportunamente dosato, esce dagli stessi e arriva al collettore di aspirazione e nel motore. Gli iniettori sono pilotati dalla centralina ECU (electronic control system) gas. Il rail può essere a 2, 3 o 4 iniettori, al fine di coprire il campo delle possibili applicazioni. Nel rail iniettori sono prelevati segnali di pressione e temperatura del gas. La pressione massima di lavoro è di 250 kPa.

    Altre famiglie tecnologiche

    Attualmente, le trasformazioni a gas possono essere distinte in due categorie:

    – vetture con alimentazione bi-fuel, ovvero vetture che prevedono un doppio impianto di alimentazione (e, conseguentemente, il doppio di alcune componenti);

    – vetture monovalenti, concepite appositamente per operare a gas e caratterizzate perciò da una configurazione ottimale del motore e una migliore disposizione di alcune componenti.

    A differenza, infatti, delle vetture trasformate su richiesta dei privati, le vetture monovalenti vengono concepite in fabbrica e predisposte appositamente per ospitare impianti a gas come fonte primaria di alimentazione.

    Questo comporta:

    – una disposizione migliore delle bombole, che non invadono il vano bagagli, ma sono collocate al di sotto dei sedili passeggeri;

    – la riduzione delle centraline di controllo a una singola centralina;

    – una calibrazione ideale del motore per gestire i valori calorici del gas.

    Nei modelli monovalenti è possibile una calibrazione ottimale del motore e il raggiungimento di prestazioni persino superiori a quelle delle versioni a benzina. Tuttavia, dato lo sviluppo ancora insufficiente delle reti di distribuzione del gas, è comunque necessaria la presenza di un serbatoio secondario per alimentare il motore a benzina in caso di necessità e ciò impedisce di usufruire in pieno dei benefici di un progetto dedicato alla sola alimentazione a gas.

    La Germania è il paese dove lo sviluppo su questa linea è più interessante.

    Anche negli Stati Uniti. tuttavia, vengono da poco proposte nuove idee di alimentazione a GPL e metano nel settore degli autrasporti, (come per esempio le applicazioni effettuate dalla Kenworth Truck Company sulle proprie motrici), con la particolarità, ora prossima alla applicazione anche in Italia, della alimentazione a gas dei motori diesel.

    L’attenzione a questi nuovi sviluppi tecnologici è dovunque in crescita e, in attesa di, batterie elettriche a elevata capacità e a tempi di carica molto inferiori a quelli attuali, per le auto elettriche plug in, e di tecnologie dell’idrogeno (produzione, trasporto, fuel cells), si può prevedere che, per i prossimi dieci anni, sarà dall’utizzo del gas (metano o GPL ), che verrà il più importante contributo alla riduzione dei gas serra nel settore trasporti.

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