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    Le leggi sull’online nel Regno Unito potrebbero rappresentare il futuro di Internet

    Pur rappresentando un doveroso avvertimento alle big tech, si teme che una implementazione disattenta possa facilmente portare a grandi censure.

    di James Ball

    Secondo una proposta di legge recentemente inoltrata al governo britannico, i giganti tech potrebbero essere costretti a dimostrare una maggiore cura nei confronti dei loro utenti.

    In apparenza la proposta – un “foglio bianco”, nel gergo inglese, rappresentante uno dei primi stadi di una legge governativa formale – sarebbe quella di strigliare le big tech per rivederne le pratiche. Allo stesso tempo, l’idea che una simile legge possa avere conseguenze sulla libertà di parola dei cittadini ha sollevato diverse serie preoccupazioni.

    Al fine di affrontare pericoli noti come incitazione all’odio, stalking e attività terroristiche al fianco di problemi come trolling e disinformazione, il governo britannico ha proposto di combinare fra loro le operazioni condotte da otto o più regolatori distinti.

    Questo nuovo “super regolatore” disporrebbe dei poteri necessari per multare le società tech sulla base dei loro ricavi o addirittura sospenderne le attività; potrebbe persino citare in causa dirigenti individuali. Il corpo proposto potrebbe essere finanziato da un consorzio industriale o dai proventi delle multe inflitte alle società.

    Queste proposte hanno attirato l’attenzione di osservatori e accademici, e lanciato un allarme fra i sostenitori della privacy; questi ultimi precisano che, per quanto vago e privo di dettagli importanti nonostante le decine di migliaia di righe, il documento traccia un percorso chiaro che pochi altri paesi hanno scelto di approcciare.

    Sono le possibili modalità di implementazione di una simile normativa a scatenare il timore che gli utenti dei social network vengano colpiti dalla censura al posto delle piattaforme stesse. Questa prospettiva è parsa probabile dal momento che il segretario di stato per gli affari interni Sajid Javid ha accolto l’idea di pre-moderare i contenuti prima della loro pubblicazione. “Le proposte del governo porterebbero alla regolamentazione statale delle parole di milioni di cittadini britannici”, ha commentato Jim Killock, direttore esecutivo dell’Open Rights Group per la tutela del diritto di privacy digitale.

    Secondo Eric Kind, un consulente ed esperto di sorveglianza, la proposta del governo britannico affermerebbe il diritto di diligenza degli utenti come “idea principale e richiamo sociale sulla base dei quali posano diverse opzioni legislative”, qualcosa di particolarmente nuovo per le società tecnologiche.

    I piani proposti sottolineano la possibilità per il governo di mantenere sotto controllo l’industria tecnologica rivendicando, giustamente, il principio per cui il mercato britannico è sufficientemente ampio e ricco da stimolare l’interesse dell’industria nell’assecondare persino le norme più sgradite. È sul tema dell’implementazione che le idee si fanno meno chiare.

    Le complessità insite nelle procedure per l’applicazione di un sistema di regolamentazione simile vengono lasciate a stadi legislativi successivi, alla responsabilità del regolatore o ai giganti tech stessi. Allo stadio attuale vengono definiti ben pochi “danni” o possibili sanzioni. Laddove il rapporto cerca di apparire moderato – ad esempio, suggerendo che un nuovo regolatore dovrebbe tenere in considerazione “l’innovazione” – il significato delle parole perde di consistenza.

    Alcuni osservatori hanno giudicato allarmante il tono vago del testo. Il Regno Unito adotta già alcune delle leggi più severe al mondo – nella forma dell’Investigatory Powers Act – sull’accesso e la sorveglianza degli utenti internet e la raccolta dei loro dati da parte di società di servizi.

    Considerata la fragilità del governo britannico e il (probabile) rischio che il primo ministro Theresa May si dimetta, questo white paper nella sua forma attuale ha buone probabilità di restare una semplice bozza di legge. Eppure, potrebbe costituire un punto di partenza per i regolatori nel paese come nel resto del mondo. Il percorso descritto al suo interno verrà probabilmente perseguito da qualunque governo sostituirà l’attuale.

    Nel bene o nel male, l’internet come lo conosciamo potrebbe cambiare, almeno in Europa. Quanto agli Stati Uniti, visto il Primo Emendamento, possiamo aspettarci di assistere a sviluppi differenti.

    (MO)

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