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    Le domande più frequenti sul coronavirus

    Combattere la diffusione del Covid-19 richiederà un impegno a lungo termine. Queste sono le domande più frequenti.

    di Neel V. Patel

    La pandemia da coronavirus è appena agli inizi. Stiamo tutti cercando di capire cosa sia possibile fare per proteggere se stessi e la propria comunità oltre a prepararci per ciò che verrà. Ecco le risposte ad alcune delle più domande frequenti dei nostri lettori sull’epidemia.

    Potete trovare qui tutti i nostri articoli sul coronavirus.

    Come andrà a finire?
    Nessuno sa. Secondo i calcoli degli epidemiologi dell’Imperial College di Londra, sulla base delle prime segnalazioni di casi COVID-19 nel Regno Unito, in Cina e in Italia, il 30% dei pazienti ricoverati in ospedale avranno bisogno di terapia intensiva. Almeno il 50% dei pazienti in cura intensiva morirà, così come una porzione dei pazienti non in cura intensiva, in base all’età. Lo scenario peggiore potrebbe vedere 264 milioni di infetti solo nel continente americano e 2,2 milioni di morti. Ignoriamo dati fondamentali sul virus, come il numero di casi asintomatici in circolazione, che rendono difficile fare piani precisi.

    Quando l’epidemia da coronavirus è divenuta di pubblico dominio a fine dicembre, le autorità cinesi hanno iniziato ad applicare restrizioni estremamente severe sugli spostamenti dei propri cittadini, nel tentativo di fermare la diffusione del virus nel modo più aggressivo possibile. Sembra aver funzionato: la Cina è al secondo giorno consecutivo senza l’emergere di nuovi casi locali. La repentina applicazione di misure rigorose avrebbe contribuito a ridurre notevolmente il numero di nuove infezioni in paesi duramente colpiti come la Corea del Sud.

    Sfortunatamente, la situazione in Italia è ben diversa. Un ritardo iniziale nella gestione dell’epidemia ha aperto le porte ad una diffusione del virus incredibilmente veloce, che ha portato rapidamente in crisi il sistema sanitario nazionale.

    Ecco perchè non sappiamo ancora come andrà a finire. Non esiste ancora un sistema di contenimento del virus universale rispettato in tutto il mondo. Ancora la settimana scorsa, il Regno Unito proponeva di lasciare al virus la possibilità di diffondersi almeno per il 60% della popolazione di modo da sviluppare l’immunità di gregge. L’adozione ritardata di politiche di distanziamento sociale e isolamento potrebbe essere arrivata troppo tardi.

    La pandemia potrebbe giungere naturalmente a fine corsa una volta diffusa in tutto il mondo, non avendo più un posto dove andare, ma il costo sarebbe la morte di un numero impensabile di persone. In attesa di un vaccino efficace, che non arriverà prima di 18 mesi, si cerca di verificare il potenziale di vari trattamenti antivirali nell’aiutare i pazienti e si continua a cercare di rallentare la diffusione, di “appiattire la curva”.

    Come funziona la quarantena?
    L’idea alla base della quarantena è quella di isolare le persone che sono o potrebbero essere infette, al fine di impedire la trasmissione della malattia ad altri, o di sequestrare le persone sane e assicurarsi che rimangano in salute. Limitando i movimenti dei casi sospetti oltre il periodo di incubazione dell’infezione, è possibile isolare nuovi casi man mano che si presentano, prevenire la diffusione dell’infezione e curare chi si è ammalato.

    A volte la quarantena non è obbligatoria, ma volontaria, adottata da individui che sospettano di essere malati e decidono di non rischiare di infettare altri. Limitare il numero di pazienti ricoverati allo stesso tempo permette ai sistemi sanitari di gestire il carico di pazienti.

    Quanto velocemente muta il coronavirus?
    Le mutazioni genetiche sono naturali anche per i geni di un virus. Studiare le mutazioni nel genoma del coronavirus permette di ricostruire il percorso dell’infezione. Ad ora, il coronavirus sembra mutare a metà della velocità dell’influenza.

    Di mutazione in mutazione, il virus può farsi più virulento. Secondo i dati attuali, i due principali ceppi di covid-19 differiscono solo in misura dello 0,007%. entrambi i ceppi dovrebbero poter essere curati con un unico vaccino.

    Se si guarisce dal coronavirus, si può prendere una seconda volta?
    Sono stati segnalati casi di persone che hanno contratto il virus una seconda volta, ma sembrano essere rari, meno dello 0,2% tra le le infezioni in Cina. Non abbiamo ancora abbastanza informazioni sul virus, o su come si sviluppa l’immunità dopo l’infezione, per dire molto. La maggior parte degli scienziati sembra credere che i casi di pazienti guariti ancora positivi siano da attribuire più ad errori.

    Cosa possiamo aspettarci dall’arrivo del bel tempo? Aiuterà a contenere il coronavirus o peggiorerà la situazione?
    Una domanda a cui gli scienziati stanno cercando di rispondere è se la diffusione del coronavirus rallenterà durante l’estate, come l’influenza. Se anche questo virus dovesse dimostrare una natura stagionale, nell’emisfero settentrionale sarà necessario essere pronti ad un rapido aumento dei livelli di infezione con il ritorno dell’autunno. Per ora si può solo dire che circa il 95% dei casi positivi a livello globale si sono verificati a temperature tra i -2 e 10 ° C, un possibile segnale di maggiore trasmissione nei climi più freddi.

    Per quanto tempo sono contagiosi i pazienti infetti?
    La risposta varia di studio in studio. Secondo un recente studio tedesco, i pazienti risulterebbero contagiosi soprattutto prima di iniziare a mostrare sintomi e durante la prima settimana in cui si presentano sintomi. I sintomi possono fare la loro comparsa due o 14 giorni dopo l’infezione. Lo stesso studio indica un termine dell’infettività dopo circa 8-10 giorni di sintomi.

    Un secondo studio, però, indica che il virus può resistere nel corpo anche fino a 20 giorni dopo l’infezione e fino, 37 in alcuni casi.

    Quali sono gli strumenti, le tecnologie e le risorse sanitarie di primaria necessità per gestire migliaia o decine di migliaia di casi in una volta sola?
    Una delle maggiori preoccupazioni dei sistemi sanitari è la disponibilità di ventilatori medici per i pazienti ricoverati in ospedale. Il Covid-19 è una malattia respiratoria e, per le persone gravemente colpite, è fondamentale ricevere ossigeno o aiuto meccanico per la respirazione.

    La risorsa più necessaria, però, rimangono i test. “Abbiamo un semplice messaggio per tutti i paesi: conducete test, test, test”, ha dichiarato il direttore generale dell’OMS, Tedros Adhanom Ghebreyesus, durante una conferenza stampa.

    Immagine: Paige Vickers

    (lo)

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