La Stanford Medical School ha avviato il primo grande test di una piattaforma che permette ad algoritmi di intelligenza artificiale di apprendere dall’analisi delle informazioni private dei pazienti.
di Will Knight
Il potenziale dell’intelligenza artificiale di cambiare il sistema sanitario è enorme, ma c’è un problema.
Gli algoritmi di intelligenza artificiale necessiteranno di enormi quantità di informazioni mediche sulle quali addestrarsi prima che un sistema di apprendimento automatico riesca a offrire nuove e potenti soluzioni per rilevare e comprendere l’origine di un malessere o le cause di un decesso. Stiamo parlando di immagini, informazioni genomiche o elettrocardiogrammi – informazioni potenzialmente delicate da gestire.
Per questo motivo i ricercatori sono impegnati nella formulazione di strategie che permettano alle AI di crescere grazie a grandi quantità di informazioni mediche senza che questi dati possano essere in qualche modo trafugati.
Un approccio promettente sta attraversando la sua prima grande prova presso la Stanford Medical School in California. Qui, i pazienti possono scegliere di contribuire introducendo le proprie informazioni cliniche in un sistema di AI che verrà addestrato per diagnosticare malattie oculari senza mai accedere alle loro informazioni personali.
I partecipanti possono immettere i risultati dei test oftalmologici e i dati delle cartelle cliniche attraverso un’app. Le informazioni vengono utilizzate per addestrare un modello di apprendimento automatico a identificare i segni di una malattia oculare nelle immagini. I dati vengono protetti da una tecnologia sviluppata dalla Oasis Labs, una startup nata all’interno della UC Berkeley, che ne garantisce la sicurezza. La startup ha appena ottenuto dai regolatori l’autorizzazione a procedere con il trial.
La gestione delle informazioni private dei pazienti è un tema delicato e incombente. Gli algoritmi di intelligenza artificiale addestrati con le informazioni fornite da ospedali differenti potrebbero diagnosticare malesseri, prevenire malattie ed estendere la vita. In diversi paesi, però, le cartelle cliniche dei pazienti non possono essere condivise facilmente e utilizzate per addestrare questo genere di algoritmo. La ricerca sull’utilizzo di AI per rilevare malattie partendo dalle immagini mediche o dalle informazioni cliniche comportano solitamente una raccolta di dati relativamente ridotta, con le limitazioni che ne conseguono sulle potenzialità della tecnologia.
“È emozionante riuscire a ottenere dei risultati dall’analisi di informazioni cliniche reali”, spiega Dawn Song, cofondatore degli Oasis Labs e professore della UC Berkeley. “Possiamo veramente dimostrare che funzionano”.
La società di Song conserva le informazioni private dei pazienti all’interno di chip sicuri, sviluppati in collaborazione con altri ricercatori della Berkeley. I dati rimangono nel cloud di proprietà della Oasis; i collaboratori esterni possono gestire i propri algoritmi e ricevere i risultati dell’addestramento senza che i dati lascino mai il sistema protetto. Uno smart contract – lo stesso genere di software che gestisce una blockchain – viene avviato quando il sistema riceve una richiesta di accesso ai dati. Questo software registra le modalità d’utilizzo dei dati e verifica la corretta esecuzione della sessione di apprendimento automatico.
“Questo test ci permetterà di dimostrare che possiamo assistere i pazienti a fornire dati per la ricerca senza ledere alla loro privacy”, spiega Song. Il modello specializzato sulle malattie oculari potrebbe diventare sempre più accurato. Una tecnologia simile potrebbe anche semplificare l’applicazione di AI ad altre informazioni sensibili, come i registri finanziari, le abitudini di acquisto degli individui o i dati di traffico online. Song ha intenzione di espandere il test ad altre applicazioni mediche prima di considerare altri domini.
“L’idea di elaborare dati mantenendone la sicurezza è incredibilmente potente”, spiega David Evans, un esperto di apprendimento automatico e sicurezza dell’Università della Virginia. Applicato agli ospedali e ai suoi pazienti, l’apprendimento automatico potrebbe sbloccare soluzioni completamente nuove per legare le malattie alla genomica, testare risultati e trattare le informazioni dei pazienti.
“Sarebbe fantastico se un ricercatore potesse basare il proprio lavoro sulle cartelle cliniche di tutti”, dice Evans. “Potrebbe effettuare una analisi e determinare se un farmaco funziona o meno. Oggi non è ancora possibile farlo, però”.
Nonostante il potenziale presentato dalla Oasis, Evans rimane cauto. Il mantenimento di dati all’interno di hardware sicuri crea un potenziale punto critico. Se la società che sviluppa hardware venisse mai compromessa, tutti i dati da essa gestita verrebbero messi a rischio. Anche le blockchain restano una incognita. “Diverse tecnologie giocano fra loro”, commenta sull’approccio Oasis. “Alcune sono mature, altre sono all’avanguardia ma presentano ancora delle sfide irrisolte”.
Immagine: Ariel Davis
(MO)