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    L’acqua sulla Luna è più accessibile del previsto

    Nuovi studi della NASA mostrano che l’acqua ghiacciata è disponibile sulla superficie del nostro satellite, facendo ben sperare sulle future colonie lunari.

    di Neel V. Patel

    L’agenzia spaziale americana ritiene che sul satellite terrestre ci siano fino a 600 milioni di tonnellate di acqua sotto forma di ghiaccio, che un giorno potrebbero aiutare i coloni lunari a sopravvivere o essere trasformata in una forma economica di carburante per missili (dividendo l’acqua in ossigeno e idrogeno).  Sfortunatamente, non è chiaro dove sono immagazzinate esattamente queste riserve o come accedervi, né l’origine dell’acqua. Due nuovi studi pubblicati su “Nature Astronomy” avanzano l’ipotesi che l’acqua sulla Luna non è così nascosta come pensavano gli scienziati. 

    Il primo studio riporta il rilevamento di molecole d’acqua su superfici lunari esposte alla luce solare in prossimità del cratere Clavius, lungo 231 chilometri, grazie alle osservazioni effettuate da SOFIA, lo Stratospheric Observatory for Infrared Astronomy, gestito dalla NASA e dal Centro aerospaziale tedesco. Si è sempre pensato che l’acqua avrebbe dovuto trovarsi nelle regioni della Luna, come i grandi crateri, che sono permanentemente all’ombra e quindi protette dai raggi del Sole. 

    A quanto pare, c’è acqua in pieno giorno. “Questa è la prima volta che possiamo dire con certezza che le molecole d’acqua sono presenti sulla superficie lunare”, afferma Casey Honniball, ricercatore del Goddard Space Flight Center della NASA e autore principale dello studio di SOFIA. Le osservazioni dell’Osservatorio indicano molecole d’acqua incorporate nella struttura delle perle di vetro, che consente alle molecole di resistere all’esposizione alla luce solare. La quantità di acqua contenuta in queste perle vetrose è paragonabile a 340 grammi dispersi su un metro cubo di terreno della superficie della Luna. 

    “Ci aspettiamo che l’abbondanza di acqua aumenti man mano che ci avviciniamo ai poli”, afferma Honniball. “Ma quello che abbiamo osservato con SOFIA è l’opposto”: le sfere sono state trovate in una regione latitudinale più vicina all’equatore, anche se non è probabile che sia un fenomeno globale. 

    SOFIA è un osservatorio aereo costruito su un 747 modificato che vola alto nell’atmosfera, quindi il suo telescopio di circa tre metri può osservare oggetti nello spazio con il minimo disturbo dall’atmosfera della Terra. Ciò è particolarmente utile per l’osservazione nelle lunghezze d’onda dell’infrarosso e in questo caso ha aiutato i ricercatori a distinguere l’acqua molecolare dai composti idrossilici sulla Luna. 

    Le matrici vetrose dell’acqua sulla Luna erano state precedentemente riscontrate in un’indagine sulla mineralogia lunare condotta nel 1969 (grazie alle osservazioni fatte da un osservatorio sui palloncini). Ma quelle osservazioni non sono state riportate e pubblicate. “Forse non si sono resi conto della grande scoperta che avevano effettivamente fatto”, dice Honniball. 

    La quantità di acqua contenuta nelle perle vetrose è relativamente limitata per essere utile all’uomo, ma è possibile che la concentrazione sia molto maggiore in altre zone (lo studio di SOFIA si è concentrato solo su una regione della Luna). Ancora più importante, i risultati anticipano la possibilità di un “ciclo dell’acqua lunare” che potrebbe ricostituire le riserve d’acqua sulla Luna, qualcosa che sembra a malapena comprensibile per un mondo a lungo pensato per essere secco e morto. “È una nuova area che non abbiamo mai esaminato in modo molto dettagliato prima”, dice Clive Neal, un geologo planetario presso l’Università di Notre Dame.

    Le ombre più piccole

    Il secondo studio, tuttavia, potrebbe essere più rilevante per i piani immediati della NASA per l’esplorazione lunare. Le nuove scoperte suggeriscono che le riserve di ghiaccio d’acqua della Luna sono contenute in quelle che vengono chiamate “micro trappole fredde” che hanno un diametro di appena un centimetro o meno. Nuovi modelli 3D generati utilizzando l’infrarosso termico e le immagini ottiche prese dal Lunar Reconnaissance Orbiter della NASA mostrano che le temperature in queste micro trappole sono abbastanza basse da mantenere intatto il ghiaccio. 

    Le micro trappole possono essere responsabili dell’alloggiamento dal 10 al 20 per cento dell’acqua immagazzinata in tutte le zone d’ombra permanenti della Luna, per un’area totale di circa 40.000 chilometri quadrati, principalmente nelle regioni più vicine ai poli. “Invece di una manciata di grandi trappole fredde all’interno di crateri più conosciuti’, c’è un’intera galassia di minuscole trappole fredde sparse su tutta la regione polare”, afferma Paul Hayne, scienziato planetario presso l’Università del Colorado, a Boulder, autore dello studio. 

    “Le micro trappole fredde sono molto più accessibili delle regioni più grandi e permanentemente ombreggiate. Invece di progettare missioni per avventurarsi in zone poco accessibili, astronauti e rover potrebbero rimanere alla luce del Sole per estrarre l’acqua”. Potrebbero esserci centinaia di milioni o addirittura miliardi di questi siti sparsi sulla superficie lunare. 

    Più dati creano più misteri

    Gli studi non spiegano come si siano formate queste riserve d’acqua. Honniball dice che probabilmente provenivano da meteoriti che hanno generato l’acqua all’impatto o l’hanno depositata così com’è. Oppure potrebbero essere il risultato di un’antica attività vulcanica. Neal sottolinea che lo studio di SOFIA non è in grado di fornire un quadro completo del motivo per cui la distribuzione delle perle vetrose appare in funzione della latitudine o di come potrebbe cambiare durante un intero ciclo lunare. 


    Sono necessarie osservazioni dirette per confermare ciò che entrambi gli studi suggeriscono e per rispondere alle domande che sollevano. Potremmo non dover aspettare a lungo per questo tipo di dati. In vista delle missioni Artemis destinate a riportare gli astronauti sulla superficie lunare, la NASA prevede di lanciare una serie di missioni robotiche che aiuterebbero anche a fare luce sul contenuto di ghiaccio d’acqua sulla Luna. Il profilo più alto di queste missioni è VIPER, un rover previsto per il lancio nel 2022 che dovrebbe andare alla ricerca di acqua ghiacciata nel sottosuolo. 

    Alla luce delle nuove scoperte, la NASA potrebbe scegliere di cambiare in parte l’obiettivo di VIPER per studiare anche le acque superficiali e dare un’occhiata più da vicino a tutte le caratteristiche delle perle vetrose esposte al Sole o esaminare quanto bene le micro trappole fredde potrebbero funzionare per preservare il ghiaccio. 

    È probabile che altri carichi utili della NASA, così come le missioni gestite da altri paesi, studino più da vicino il contenuto delle acque superficiali. Neal suggerisce che un sistema di monitoraggio dell’esosfera lunare sarebbe molto utile per svelare la storia dell’acqua sulla Luna e capire come un possibile ciclo dell’acqua lunare si traduca in acqua stabile (o instabile) sulla superficie.

    “Più guardiamo la Luna, meno ci sembra di capire”, dice Neal. “Ora abbiamo qualche motivo in più per tornare indietro e studiarla. Dobbiamo arrivare in superficie, prelevare campioni e allestire stazioni di monitoraggio per ottenere effettivamente i dati definitivi per studiare questo tipo di ciclo.

    (rp)

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