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    La tecnologia cambia faccia al panorama alimentare 

    I cibi di oggi hanno poche somiglianze con quelli di appena un paio di generazioni grazie a un sistema di produzione che ha aumentato il numero di raccolti per acro di terra e a una lunga serie di nuovi fertilizzanti, pesticidi e varietà di semi.

    di Gideon Lichfield 20-12-20

    Carne coltivata in laboratoriolatte materno umano artificialemaiali geneticamente modificaticampi di cavolfiori popolati di robot. Se si pensa di trovare questo tipo di prodotti fantascientifici su un numero speciale dedicato a tecnologia e cibo, non si rimarrà di certo delusi (E se piace la fantascienza, consiglio di leggere il racconto di Anjali Sachdeva).

    Come mai queste tecnologie colpiscono così tanto la nostra immaginazione? Ovviamente, si sostiene che miglioreranno la produzione di cibo e la renderanno più umana, più affidabile, più efficiente. Ma oltre a questo, penso che proviamo un senso di attrazione e repulsione all’idea che qualcosa di familiare, essenziale e “naturale” come il cibo possa essere decostruito e ricostruito nelle sue cellule componenti, modificato come un software o cresciuto senza essere mai toccato da una mano umana. 

    La situazione riflette un’evoluzione nella cultura alimentare occidentale. Se la pubblicità della metà del XX secolo esaltava gli alimenti sintetici con colori sgargianti e gli spettacoli televisivi ci dicevano che presto avremmo soddisfatto tutti i nostri bisogni nutrizionali con tre pillole al giorno, oggi fantastichiamo su cereali e pomodori in abbondanza illimitata. Ma ciò significa anche che preferiamo non riconoscere la verità: c’è già poco di “naturale” nel modo in cui viene prodotta la maggior parte del nostro cibo.

    I processi più banali, dalla raccolta delle noci alla coltivazione delle patate, sono mediati tecnologicamente dall’alto verso il basso e lo stanno diventando sempre di più. Possiamo fare in modo che un alimento assuma qualsiasi colore, quando una volta avevamo a disposizione solo i pigmenti naturali. La fermentazione su scala industriale, il trasporto a lunga distanza, il confezionamento e la refrigerazione hanno cambiato completamente il panorama dei cibi a disposizione.

    I progressi più recenti come l’e-commerce, CRISPR e l’agricoltura di precisione dovrebbero avere effetti di vasta portata nei prossimi anni. Nelle nostre cucine, i gadget di ieri per i buongustai stanno diventando elettrodomestici essenziali di oggi, alzando sempre più in alto il livello della cucina casalinga. Eppure, nonostante tutta la sua abbondanza e diffusione, il sistema alimentare non riesce a sfamare centinaia di milioni di persone ogni anno e questa cifra, sorprendentemente, è in aumento. Perché? 

    La risposta ovvia è che il sistema alimentare non è in realtà progettato per nutrire le persone, ma per realizzare un profitto massimizzando i rendimenti e le efficienze. Questo dato di fondo porta alla produzione di molto cibo, ma spesso nei posti e nei momenti sbagliati.

    Cosa succederebbe se si decidesse di rendere il cibo un diritto umano fondamentale e si riscrivessero alcune regole del capitalismo? E se, invece di fare della massima produttività l’obiettivo finale e utilizzare la tecnologia per aumentarla, si mirasse a un’alimentazione equilibrata universale e a un’agricoltura sostenibile, adottando nuove soluzioni tecnologiche per le pratiche agricole tradizionali come un modo per arrivarci? 

    Si sono già aggiunto minerali e vitamine a vari alimenti per combattere le carenze nutritive che ogni anno provocano malattie a miliardi di persone. Perché non procedere su questa strada? Se si prende consapevolezza dei benefici che ne possono derivare per l’umanità, la scelta non può essere altra che implementare la tecnologia.

    foto: Gideon Lichfield. Ian Allen

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