I conservatori americani accusano da tempo l’azienda di essere schierata con i democratici, ma non portano prove a sostegno di queste affermazioni.
di Abby Ohlheiser
Quattro anni fa, un giornalista famoso per aver condotto sul sito di estrema destra “Breitbart” una campagna d’odio contro le donne che lavorano nel mondo dei videogiochi, ha attaccato Twitter durante un briefing della stampa della Casa Bianca. Era arrabbiato per aver perso il suo badge di verifica, quel piccolo segno di spunta blu, dopo che Twitter lo aveva accusato di aver ripetutamente violato le regole della piattaforma sui discorsi d’odio.
A suo parere, l’azienda lo stava punendo per altre ragioni. “Sta diventando molto chiaro”, ha dichiarato Milo Yiannopoulos a Josh Earnest, allora addetto stampa dell’amministrazione Obama, nel marzo 2016, “che soprattutto Twitter e Facebook censurano e puniscono i punti di vista conservatori e libertari”.
Poco dopo, Twitter gli ha chiuso qualsiasi spazio per aver orchestrato una campagna d’odio contro l’attrice Leslie Jones, che in un remake di Ghostbusters aveva scambiato i ruoli maschili e femminili, facendo infuriare i “misogini”. Yiannopoulos, in risposta, aveva affermato che Twitter era ormai una “zona vietata ai conservatori”.
Altre figure conservatrici e di estrema destra hanno regolarmente presentato denunce simili negli anni successivi, descrivendo Twitter come una sostenitrice di una crociata piena di pregiudizi anti-conservatori; le accuse sono state poi diffuse dalla stampa conservatrice e mainstream. Ma il problema ha toccato l’apice questa settimana, dopo che Twitter ha applicato il fact checking a due dei tweet del presidente Trump, rilevando che contenevano dichiarazioni fuorvianti in merito al voto per corrispondenza.
Trump ha definito la mossa una forma di censura e ha immediatamente firmato un’ordinanza che potrebbe penalizzare le principali aziende di social media. Questa vicenda sembra il punto d’arrivo di un conflitto che coinvolge le maggiori aziende di social media, ma in particolare Twitter. Mentre le piattaforme fanno i conti con il loro ruolo nell’amplificare la disinformazione, l’abuso e le visioni estreme, le politiche di moderazione dei contenuti che una volta riguardavano solo contenuti marginali ora coinvolgono sempre più persone di potere.
“I repubblicani ritengono che le piattaforme dei social media censurino le voci dei conservatori”, Trump ha twittato questa settimana ai suoi 80 milioni di follower. “Istituiremo delle nuove regole, o li chiuderemo, prima di permettere che ciò accada.” I suoi commenti sono stati ampiamente riportati dai media, così come molti dei suoi tweet più accesi o complottisti.
Prima che arrivassero le notizie dell’imminente ordinanza, la consulente di Trump Kellyanne Conway ha partecipato a una trasmissione su Fox News e ha incoraggiato gli spettatori a prendere di mira un dipendente di Twitter, rivelando il suo account e incolpandolo della decisione sui tweet del presidente. “Qualcuno a San Francisco vada a svegliarlo e dirgli che i suoi follower ora sono molti di più”, ha dichiarato Conway.
Trump stesso ha taggato il dipendente in un tweet giovedì, chiedendo di indirizzargli messaggi di protesta. Secondo quanto riferito, il dipendente di Twitter ha ricevuto minacce di morte. Questo contrasto risale a quando Twitter ha implementato nuove politiche per evitare abusi, sospendendo account di estrema destra per violazioni delle regole, e ha intensificato gli sforzi per rallentare la diffusione della disinformazione.
Fin da subito, Twitter è stata accusata di non cercare di combattere gli abusi, ma di perseguire un’agenda segreta anti-conservatrice. Mentre si cercava qualche responsabile di questa politica aziendale, è arrivato il Gamergate, una controversa campagna di odio incentrata sul sessismo nella cultura dei videogiochi, in cui Yiannopoulis sosteneva di star combattendo una battaglia contro un complotto nei suoi confronti: “E’ una battaglia etica nei confronti del giornalismo videoludico”.
Il presidente usa il proprio account per testare continuamente i confini di Twitter e ora è diventato il catalizzatore di un nuovo ciclo. Nella scorsa settimana, ha utilizzato la sua piattaforma per amplificare le teorie della cospirazione che suggeriscono che Joe Scarborough, presentatore della rete televisiva MSNBC, abbia ucciso una stagista suo staff e per diffondere disinformazione sul voto per corrispondenza con una serie precedente di tweet che non sono stati soggetti a etichette di controllo dei fatti.
Ha anche ringraziato l’account “Cowboys for Trump” che ha twittato un video in cui un uomo non identificato ha proclamato che “l’unico buon democratico è un democratico morto” (Dopo l’applauso del pubblico, chi ha parlato ha chiarito che intendeva dire “politicamente morto”). Il vedovo della stagista deceduta ha chiesto a Twitter di intervenire in qualche modo.
L’azienda non ha intrapreso alcuna azione contro tali tweet, anche se ha indicato che sta lavorando per espandere il sistema di etichettatura che è stato utilizzato per contrassegnare alcuni dei tweet di Trump sul voto per corrispondenza. Fino a quando, qualche giorno fa, le etichette di verifica dei fatti non sono state applicate a due dei tweet di Trump, la piattaforma aveva scrupolosamente evitato di regolamentare l’account di Trump.
La motivazione ufficiale era lo status di Trump come capo di un governo. Ma il presidente americano, nonostante la mancanza di prove a sostegno delle pretese di persecuzione sistematica da parte dei social media nei confronti dei conservatori, ha ripetutamente promesso ai suoi sostenitori di affrontare la questione a modo suo.
Nel 2018, ha accusato Google di aver “truccato” i risultati della ricerca di notizie contro i media conservatori, replicando un’affermazione dei trumpiani – compresi i vlogger Diamond e Silk – che era circolata sui social “conservatori” alcuni giorni prima. Ad aprile, Diamond e Silk (i cui veri nomi sono Lynnette Hardaway e Rochelle Richardson) hanno affermato davanti all’House Judiciary Committee di essere stati “censurati” da Facebook a causa del loro sostegno a Trump.
Nel 2019, il presidente americano ha incontrato il CEO di Twitter Jack Dorsey e, secondo quanto riferito, ha colto l’occasione per lamentarsi della perdita di follower su Twitter. Lo stesso giorno di quell’incontro, Trump ha twittato che la piattaforma era “decisamente discriminatoria” nei confronti della sua parte politica. In seguito ha twittato che la sua amministrazione stava “attentamente” monitorando le denunce di censura dei conservatori.
Successivamente, Trump ha tenuto online un “vertice sui social media” con decine di suoi sostenitori per trasmettere le loro lamentele collettive secondo cui Google, Facebook e Twitter li stavano censurando. Nessuna di queste affermazioni deve essere vera per essere popolare, il che è qualcosa che Trump e i suoi sostenitori online conoscono bene. Devono solo sembrare abbastanza credibili da attirare l’attenzione.
(rp)