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    La rivoluzione energetica viene dal mare

    A oggi le onde dell’oceano rappresentano una fonte ideale per generare energia pulita continuativa in quanto la densità energetica delle onde supera 5 volte quella del vento e 20 volte quella del Sole e, sfruttandola, si potrebbe soddisfare buona parte dell’attuale fabbisogno elettrico del pianeta. Durante l’ultima Maker Faire, Eni, su questo tema, ha presentato il sistema ISWEC (Inertial Sea Wave Energy Converter) che, oltre a produrre energia dal moto ondoso, permetterà in futuro, la conversione delle piattaforme offshore estrattive in veri e propri hub per la generazione di energia rinnovabile.

    di Fonte ENI

    Nel 1799, il matematico e ingegnere francese Pierre-Simon Girard fu il primo a brevettare un sistema in grado di catturare l’energia prodotta dal moto ondoso. Nei secoli successivi, centinaia di altri ingegneri si cimentarono nella progettazione di sistemi simili. Tutti con un solo obiettivo: evitare che una fonte energetica di tale potenziale continuasse a venire sprecata.

    È solo recentemente, però, che le tecnologie si sono sviluppate al punto da trasformare le intuizioni di alcuni in una realtà da cui, in futuro, potremo beneficiare tutti. Oggi, infatti, il termine “energia rinnovabile” porta alla mente soprattutto due cose: distese sconfinate di pannelli solari in grado di catturare l’energia prodotta dal Sole e le turbine che raccolgono quella proveniente dal vento.

    Ma entrambe queste fonti di energia pulita hanno una controindicazione: non sono sempre disponibili. Il Sole ovviamente splende solo di giorno e spesso è oscurato dalle nuvole. Il vento è invece poco prevedibile nel suo comportamento e solo in determinati luoghi soffia con una tale costanza da generare energia tutto il tempo. Se non bastasse, immagazzinare l’energia per un utilizzo futuro è una sfida ancora tutta da vincere.

    E le onde dell’oceano, invece? Come sa chiunque sia stato su una spiaggia, le onde si infrangono in continuazione sulla costa: giorno e notte, tutto l’anno. Ed è questo che le rende una fonte ideale per generare energia pulita senza sosta.

    Nel complesso, la densità energetica delle onde supera 5 volte quella del vento e 20 volte quella del Sole; convertendola, si potrebbe soddisfare buona parte dell’attuale fabbisogno elettrico del pianeta. A oggi le onde sono quindi la più grande fonte di energia rinnovabile inutilizzata al mondo.

    Prevedibile nei comportamenti, poco variabile, dall’alta densità energetica e distribuita uniformemente in tutto il mondo. Anche nelle zone più favorevoli del Mediterraneo (come la Sicilia o la Sardegna), le onde sono disponibili per l’equivalente di 4.000 ore l’anno.

    Produrre sistemi in grado di catturare questa energia, però, è una sfida ingegneristica non da poco: prima di tutto, bisogna trovare i luoghi più adatti, che devono avere sufficiente moto ondoso, ma evitare che i convertitori che devono catturare l’energia vengano danneggiati da violente tempeste.

    È proprio per superare questo primo ostacolo che alcuni ricercatori all’università di Delft (Paesi Bassi) hanno sviluppato SWAN, un software in grado di prevedere la forza e la direzione delle onde, sfruttando dati relativi al vento, al fondale marino e le interazioni tra molteplici onde.

    Questo sistema è stato per esempio utilizzato da due ingegneri ambientali australiani, Nick Cartwright e Joao Nascimento, per individuare i luoghi potenzialmente più adatti della costa del sud-est australiano, dove sono situate la maggior parte delle città della “terra dei canguri”. “La quantità di energia che proviene dal mare è più che sufficiente per illuminarle”, hanno spiegato i due ricercatori. “La sfida è riuscire a imbrigliarla e convertirne una parte in elettricità”. Una sfida globale, a cui partecipa anche l’Italia.

    Tecnologie a portata di onda

    Durante l’ultima Maker Faire – la più grande fiera dedicata all’innovazione, che si è tenuta a Roma dal 18 al 20 ottobre – Eni ha presentato i suoi progetti per produrre energia sfruttando la potenza delle onde.

    Nell’offshore di Ravenna è stato infatti messo all’opera il sistema ISWEC (Inertial Sea Wave Energy Converter) – realizzato con il Politecnico di Torino e il suo spin off Wave for Energy – in grado di produrre energia dal moto ondoso e che, in futuro, potrebbe anche permettere la conversione delle piattaforme offshore estrattive in veri e propri hub per la generazione di energia rinnovabile.

    Come funziona? Un piccolo scafo disposto in mare inizia a oscillare nel momento in cui viene investito dalle onde, trasmettendo il suo movimento a un sistema giroscopico che si trova al suo interno e il cui moto può essere utilizzato per generare energia. Non solo: la macchina può essere sintonizzata in base allo stato del mare e non ha componenti mobili a contatto con l’esterno, proteggendola così da corrosioni e deterioramenti.


    ISWEC è quindi particolarmente adatto a catturare le onde del Mediterraneo (meno alte di quelle dell’oceano) ed è dotata di un’elevata efficienza energetica, che a livello di prototipo ha fatto registrare un picco di potenza di oltre 51 kW e promette di migliorare enormemente nelle sue future evoluzioni.

    Sempre alla Maker Faire è stato inoltre messo in mostra il Power Buoy (progettato da Ocean Power Technologies in partnership con Eni): un dispositivo per la trasformazione dell’energia delle onde in elettricità che viene poi accumulata nella batteria interna e che può operare a qualunque profondità oceanica tra i 20 e i 1.000 metri.

    Ma quelli di Eni non sono ovviamente gli unici sistemi che mirano a sfruttare in maniera sempre più efficiente il moto delle onde: uno dei più recenti è stato progettato dall’Università di Berkeley, California, e ha la forma simile a quella di un tappeto sottomarino, posizionato circa 20 metri al di sotto della superficie.

    L’ispirazione è venuta all’ingegnere Mohammad-Reza Alam osservando i fondali marini fangosi, che hanno un’ottima capacità di assorbire le onde. Questo convertitore a forma di tappeto è costituito da un foglio di gomma liscio che riposa vicino al fondale marino, dove può piegarsi e flettersi insieme alle onde. Mentre sale e scende, il tappeto aziona grazie al suo movimento una pompa a pistone, che lo converte in elettricità che poi viaggia lungo un cavo fino alla rete elettrica.

    Un altro sistema, ideato invece da SINN Power, lavora direttamente sulla costa. Una struttura modulare viene infatti agganciata, per esempio, alle mura dei porti. La boa che si trova sul fondo si muove verso l’alto e il basso grazie al moto ondoso, producendo energia che viene poi trasferita alla griglia elettrica.

    L’unione fa l’energia pulita

    Sistemi tra loro diversi, ma tutti accomunati da un unico scopo: sfruttare una fonte immensa di energia pulita oggi ancora inutilizzata. Ma “energia pulita” non è l’unica parola d’ordine dei nostri tempi. Una seconda, e forse altrettanto importante, è: “economia circolare”. Ma come si rimettono in circolo strutture come le piattaforme offshore di petrolio e gas che stanno terminando la loro fase operativa?

    Oltre alla possibilità di rimuoverle lasciando il fondale marino com’è stato trovato, alcuni progetti mirano a trasformarle in barriere coralline artificiali e a fornire loro una nuova vita votata alla sostenibilità ambientale. Uno di questi progetti è PLaCE, che verrà sviluppato da Eni di fronte alla costa abruzzese.

    Grazie a una tecnologia che sfrutta l’elettrolisi è possibile favorire l’accrescimento minerale attorno la struttura della piattaforma che, oltre a proteggerla dalla corrosione, può rappresentare un nuovo materiale sostenibile a basso costo per applicazioni nel campo dell’edilizia.

    Non solo: con questo progetto viene promossa la creazione di un ecosistema marino autonomo popolato da molluschi e oloturie, e sviluppata la fornitura di energia necessaria all’attività della piattaforma attraverso fonti rinnovabili.

    Sempre alla Maker Faire di Roma, Eni ha mostrato anche una tecnologia di biofissazione che permette a microalghe di assorbire la CO2 e convertirla in biomassa secca (fino a 650 tonnellate l’anno per ettaro), da cui ricavare prodotti utilizzabili in campo alimentare e cosmetico. Sempre da questa biomassa è possibile estrarre biocarburanti avanzati. Grazie alla biofissazione, insomma, si cattura CO2 eliminandola dall’atmosfera e la si riutilizza nel ciclo produttivo, in una perfetta ottica di economia circolare.

    Dal moto delle onde alle alghe, passando per il riutilizzo delle piattaforme: le strade verso un futuro eco-sostenibile passano anche dai luoghi meno prevedibili. Ma è solo sperimentando strade che finora non sono mai state battute che possiamo vincere la sfida più importante della nostra epoca: abbattere le emissioni e rispettare l’ambiente, per dare un futuro a noi e al pianeta Terra.

    (rp)

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