La mancata rigenerazione della guaina mielinica, l’involucro protettivo ed isolante degli assoni, è stata identificata come uno dei fattori del deterioramento cerebrale correlato all’età.
di MIT Technology Review Italia
Siamo soliti parlare di materia grigia quando vogliamo fare riferimento al cervello umano ed alle capacità che lo rendono simile ad un supercomputer grazie agli assoni, i suoi ‘fili elettrici’. Meno nota, ma non meno rilevante alle comunicazioni superveloci di cui è capace la materia grigia, è la sostanza bianca, o guaina mielinica, l’involucro isolante che protegge gli assoni.
Publicato dalla rivista Aging Cell, un nuovo studio descrive la correlazione tra la perdita di mielina e il deterioramento cerebrale correlato all’età ed alle malattie neurodegenerative. I ricercatori hanno scoperto che le cellule preposte alla riparazione della mielina si fanno meno efficienti con l’avanzare dell’età. Non solo, la pubblicazione identifica le cause di questa perdita di efficienza in un gene particolarmente influenzato dall’invecchiamento.
Lo studio è il risultato di una di una collaborazione internazionale coordinata dal professor Arthur Butt dell’Università di Portsmouth, con ricercatori dell’Università di Dusseldorf, dell’Università di Padova e dell’Università degli Studi di Milano.
Come spiega il professor Butt: “Una caratteristica chiave dell’invecchiamento del cervello è la progressiva perdita di sostanza bianca e mielina, ma le origini di questi processi sono in gran parte sconosciute. Le cellule cerebrali che producono mielina – gli oligodendrociti – vengono regolarmente sostituite nel corso della vita da cellule staminali chiamate precursori degli oligodendrociti. In caso contrario, si verifica una perdita di mielina e sostanza bianca, con conseguenze devastanti sulle funzioni cerebrale”.
Autore principale dello studio, il dottor Andrea Rivera dell’Università di Padova ha spiegato: “Confrontando il genoma di un giovane cervello di topo con quello di un topo anziano, abbiamo identificato quali processi sono influenzati dall’invecchiamento Queste analisi molto sofisticate ci hanno permesso di svelare i motivi alla base della ridotta reintegrazione degli oligodendrociti e della mielina nel cervello che invecchia. Abbiamo identificato GPR17, il gene associato a questi precursori specifici, come il gene più colpito dall’invecchiamento nel cervello. La perdita di GPR17 è associata a una ridotta capacità di questi precursori di lavorare attivamente per sostituire la mielina persa”.
Condotti gli esperimenti chiave dello studio presso l’Università di Portsmouth, il dottor Rivera ha ottenuto dal programma MSCA Seal of Excellence@UniPD i finanziamenti necessari a proseguire i suoi studi sul cervello umano, in collaborazione con i professori Raffele De Caro, Andrea Porzionato e Veronica Macchi dell’Università di Padova.
Co-autrice dello studio è la professoressa Maria Pia Abbracchio, docente del dipartimento di Scienze Farmacologiche e Biomolecolari dell’Università Statale di Milano, dove è stata avviata la ricerca su GPR17.
Studiare la possibilità di promuovere il “ringiovanimento” delle cellule precursori degli oligodendrociti apre le porte alla possibilità di ricostituire la sostanza bianca persa a causa dell’invecchiamento e malattie neurodegenerative come la sclerosi multipla, il morbo di Alzheimer e i disturbi neuropsichiatrici.
(lo)