«Più cultura, più lettura, più paese», è il promettente slogan che ha governato gli Stati Generali dell’Editoria di questa stagione ed è la stessa formula che spiega, nella sua complessa alchimia, perché una riflessione sul settore dell’editoria libraria è coerente con questa rivista che ha come obiettivo la copertura culturale dell’innovazione tecnologica.
Perché parlando della pratica della lettura nell’epoca del digitale si arriva a toccare il settore dell’editoria libraria ma anche quel mondo di progettazione e produzione culturale che interpreta le tecnologie comunicative quali driver del passaggio al futuro. Nella nuova età dei linguaggi, il testo scritto si riveste di significati profondamente trasversali alle varie evoluzioni dei mezzi di comunicazione riacquisendo il suo grande valore di depositario di forme organizzate di memoria individuale e collettiva.
Del resto, analizzando il settore dei media generalisti, l’unico segmento che si presenta con qualche elemento di sorpresa positiva è quello del libro o, più esattamente, la pratica della lettura (si veda la tabella nella pagina a fronte). Un settore associato intuitivamente, fino a poco tempo fa, alla categoria dei consumi d’élite, quasi «interdetto» per la maggior parte degli italiani, all’improvviso, grazie anche all’intuizione di alcuni manager illuminati e a un nuovo clima culturale, diventa protagonista del dibattito pubblico oltreché esempio illuminante di un rinnovato marketing culturale.
Per molti è stato uno shock prendere atto del successo dei libri abbinati ai periodici e ai quotidiani che ha incrementato significativamente il numero degli acquirenti tradizionali.
Chiamando ora in causa i dati di un’indagine Demoskopea, sono oltre 15 milioni gli acquirenti di libri del 2002 (1). Anche se l’italiano che acquista libri si rivolge ancora ai canali tradizionali, in fattispecie alla libreria, va segnalata una non trascurabile propensione verso altre forme di vendita. Tra gli spazi che incentivano la lettura si segnalano la grande libreria di una catena e quella indipendente (39,2 per cento e 33,7 per cento), la piccola libreria (27,5 per cento), il supermercato (26,5 per cento), l’edicola (12,3 per cento; senza considerare i libri allegati ai quotidiani) e – pur rappresentando una quota ancora trascurabile del mercato (l’1,6 nel 2002 contro lo 0,8 per cento del 2001) – la Rete, con le sue aperture verso il commercio elettronico. Ma la novità più degna di studio e di riflessione scientifica riguarda proprio il fenomeno «edicola», affermatosi vistosamente negli ultimi anni.
Chiamando a confronto, seppur indirettamente, un’altra fonte, secondo alcune stime FIEG, nel 2002 sono stati allegati ai quotidiani più di 44 milioni di libri che hanno generato un giro d’affari di circa 220 milioni di euro, cioè il 7 per cento del fatturato editoriale dei quotidiani. In questo modo nel 2002 sono state arginate due congiunture negative per la stampa quotidiana: il calo delle vendite del ben 4,1 per cento, dovuto soprattutto all’aumento del prezzo con il passaggio all’euro, e la flessione degli introiti pubblicitari del 8,9 per cento. Dunque, le cosiddette «vendite collaterali» (2) portano ai principali gruppi editoriali fatturati impressionanti. Per esempio, per RCS Media Group, gli introiti riferiti al 2003 si situano sui 127,6 milioni di euro, contro i 68,9 milioni del 2002 (sono stati venduti 19,5 milioni di libri, 12 milioni di VHS/DVD e 1,5 milioni di CD musicali).
Un incremento di oltre il 71 per cento rispetto al 2002 emerge anche dallo studio del Gruppo editoriale di «la Repubblica», «L’espresso» e quotidiani locali FINEGIL. I ricavi dei prodotti collaterali si situano sui 149 milioni euro, risultati dalla diffusione di 34 milioni libri, 2 milioni di DVD/CD-Rom e 1,5 milioni di CD musicali. Un’operazione strabiliante di promozione che presto ha iniziato a configurarsi come una straordinaria campagna di marketing sociale: una sorta di «invito alla lettura» fondato sulla distribuzione a prezzi convenienti, sull’elevata qualità editoriale e sulla comodità del punto vendita (3). Infatti, il passaggio al futuro dei consumi culturali degli italiani è documentato anche dall’aumento della propensione alla lettura di poesia («La grande poesia» del «Corriere della sera» ha registrato una media di 200 mila copie diffuse tra febbraio e marzo 2004, mentre «la Repubblica» ha venduto più di 100 mila copie delle sue antologie nello stesso periodo), ma anche per un tendenziale interesse verso l’acculturazione storico-artistica (4).
è l’ennesima conferma del valore segnaletico che assumono i numeri della società italiana dell’ultimo decennio. Dopo la crescita della lettura nella metà degli anni 1990 – dal 36,6 per cento del 1988 si era passati al 41,7 per cento del ’98 – i valori si sono poi attestati attorno al 41 per cento. Tanto da trasformare la voce «Libri» nell’unica tipologia di consumi «generalisti» che registra un incremento significativo nell’ultimo decennio, consolidando un incoraggiante 41,3 per cento nel 2002.
è una realtà che si presta a un’interpretazione in chiave di radicale cambiamento e integrazione delle strategie individuali di fruizione, in armonia con le proposte più variegate del mercato librario ed editoriale. Fino alla metà degli anni 1990, la produzione di libri si manteneva su una linea di coerenza rispetto agli standard produttivi e distributivi degli anni 1980, mentre il periodo attuale è segnato da un’accresciuta competitività che si indirizza non più unicamente all’interno del mercato librario, ma anche all’esterno, verso altri soggetti imprenditoriali. La casa editrice non è più solo un’azienda che pubblica libri o riviste, ma un’impresa che tratta contenuti e informazioni potenzialmente in grado di assumere formati distributivi molteplici (libro, CD-Rom, rivista, seminario o corso di aggiornamento, banca dati, newsletter, contenuto on line). L’incremento del 146,5 per cento della diffusione delle opere su supporto informatico dal 1996 al 2000 (ISTAT, 2001) è strettamente correlato proprio alla presa di coscienza di quanto l’adattamento alle nuove logiche di produzione e distribuzione sia fondamentale per seguire e inseguire segmenti di mercato all’avanguardia e per incalzare il cambiamento e la modernizzazione della società italiana.
Una simile valutazione genera una serie di riflessioni che, abbandonando il punto di vista sociologico, si spostano sul versante delle politiche del mercato editoriale. La fotografia del rapporto tra gli italiani e i media dovrebbe offrire la giusta soluzione al problema sentito della crescita congiunta dei vari settori dell’editoria. Si tratta di una strategia di integrazione tra media diversi per veicolare contenuti simili in più canali distributivi, guadagnando così pubblici tendenzialmente poco familiarizzati con la lettura intesa in senso tradizionale. Una soluzione per la crescita del mercato editoriale fondata anche sulla maggior coerenza con la dimensione delle nuove tecnologie, non solo da un punto di vista del supporto distributivo, ma soprattutto per le strategie di accessibilità e di interattività con la domanda messe in campo. Imprese con una struttura leggera (pochi costi fissi, molto outsourcing), quindi, costruiscono il prodotto comunicativo insieme ai destinatari, rendendo possibile agli utenti più attivi di realizzare forme di personalizzazione, flessibilità e interattività, in quanto singoli o come comunità.
Il tutto senza dimenticare che la modernità comunicativa ha creato nuove modalità di acculturazione e di apertura alla cultura. «Persino» quella classica.
La stessa affermazione delle tecnologie comunicative rappresenta una sorta di mediazione tra la cosiddetta società degli esclusi dalla tastiera dei media moderni e i pionieri dei consumi culturali. Lo spazio tecnologico diventa l’università di quanti l’università non si possono permettere: per vincoli temporali, spaziali, economici o formativi. L’accesso agli universali della cultura viene mediato, in questo caso, non più dall’istituzione con vocazione universalistica, ma dall’uso di supporti più accessibili come costi (costa di meno, per esempio, un CD-Rom contenente un’enciclopedia, rispetto allo stesso prodotto cartaceo), più comodi come fruizione, di percorsi più facilmente personalizzabili, aperti a molteplici possibilità di integrazione, verifica, approfondimento (dimensione garantita soprattutto dalla Rete).
In coerenza con le ipotesi teoriche finora avanzate, si potrebbe azzardare anche una proposta di integrazione tra l’universo delle nuove tecnologie, sempre più familiare agli italiani, e la dimensione tradizionale, rituale e magica della lettura dei libri. Considerando il forte impatto dei new media su alcune categorie di utenti, le case editrici iniziano ad aggiungere alla tradizionale vendita e promozione dei libri strategie di pubblicizzazione on line, quel quid utile a rendere l’impatto più forte, studiando una grafica integrata con quella prevista per il lancio del libro off line (copertina, espositori, segnalibri, gadget eccetera). Un’occasione per avvicinare gli Internet users alla lettura; sfruttando la multimedialità, si approda a un approccio diverso, interattivo e dinamico, in grado di attirare l’attenzione dei lettori multimediali e di superare l’essenzialità della carta stampata. Inoltre, nel Web, il libro continua a vivere e a offrire spunti anche a lettura conclusa, generando un intenso scambio di opinioni, immagini, riflessioni, idee attraverso gli spazi di interattività aperti dalla Rete.
Il tempo della lettura si espande così anche al di fuori delle copertine più o meno rigide, facendosi vivere da un rinato popolo dei lettori, in evidente crescita, come dimostra il trend positivo dei frequentatori delle fiere e dei festival della letteratura (5).
Non è un caso, in questo contesto di necessaria e naturale convergenza tra le varie pratiche di trasmissione del valore del testo scritto, se la riabilitazione della sacra pratica della lettura ha trovato spazio anche tra le attività privilegiate dal Laboratorio di Scrittura attivato sotto il nome di Scriptorium presso il Dipartimento di Sociologia e Comunicazione dell’Università «La Sapienza». Viaggio sulle spalle della memoria letteraria tra paesaggi naturali e paesaggi tecnologici, tra tempi mitici e tempi moderni.
Mario Morcellini è preside della Facoltà di Scienze della comunicazione dell’Università di Roma «La Sapienza».
(1) La ricerca è stata realizzata per l’Associazione italiana editori (AIE) e presentata il 15 maggio al convegno Lettori, non lettori, lettori da edicola (Fiera del Libro di Torino, edizione 2003).
(2) Per «vendite collaterali» – e non sfugga lo snobismo della definizione – s’intendono tutte le tipologie di prodotti che vengono allegati ai quotidiani e ai settimanali: libri, VHS/DVD, CD-Rom, CD musicali. Per alcuni approfondimenti sul fenomeno economico delle «vendite collaterali» cfr. Carlo Riva e Dina Bara, La terza gamba, in «Prima Comunicazione», aprile 2004, pp. 55-58.
(3) è quanto emerge anche dalla stessa indagine Demoskopea 2003 che dimostra che il 41 per cento dei lettori preferisce l’edicola ai canali tradizionali, per i prezzi convenienti, per la qualità editoriale e per la comodità dei punti vendita.
(4) Il «Corriere della sera» ha venduto, per esempio, nella settimana-tipo di gennaio 2004, più di un milione di libri, VHS e DVD riguardanti l’arte e la storia.
(5) Ricordiamo in proposito i numeri del recente Festival della Letteratura di Mantova svoltosi tra l’8 ed il 12 settembre 2004 (circa 50.000 visitatori, rispetto ai meno di 16.000 nel 1997) come anche la rappresentativa platea di quanti sono stati presenti e coinvolti attivamente negli Stati Generali dell’Editoria di Roma (14, 15 settembre 2004).