La geoingegneria non è una soluzione.
di James Temple
Lamar Smith, membro del Congresso degli Stati Uniti e noto contestatore della scienza dietro il cambiamento climatico, sostiene ora che potrebbero esistere soluzioni per scongiurare i pericoli del riscaldamento globale senza dover stravolgere il sistema energetico del paese.
“Con il continuo mutare del clima, la geoingegneria potrebbe rivelarsi uno strumento per attenuare gli effetti risultanti”, ha detto il repubblicano texano nel discorso di apertura a una udienza del sottocomitato sulla geoingegneria, un termine coniato per descrivere una serie di approcci tecnologici pensati appositamente per alterare l’equilibrio ambientale ed attenuare i rischi del cambiamento cliamtico.
“Invece di imporre mandati governativi insostenibili e costosi al popolo americano, dovremmo guardare alla tecnologia e all’innovazione per trovare una soluzione al problema del cambiamento climatico”, ha aggiunto.
I ricercatori che operano in questo campo hanno manifestato crescenti timori che l’amministrazione Trump o il Partito Repubblicano in generale possano tentare di fare esattamente quanto suggerito da Smith: accogliere la geoingegneria come “rimedio tecnologico” e trascurare la necessità di abbattere le emissioni di gas serra o modificare le pratiche dell’industria energetica.
Di fatto, gli scienziati che hanno esplorato il potenziale di tecniche di geoingegneria come l’iniezione stratosferica, l’illuminazione delle nuvole e l’inseminazione delle nuvole hanno costantemente evidenziato come queste tecniche mai provate prima potrebbero, nella migliore delle ipotesi, ridurre gli impatti del clima in scala ridotta, regalando solamente del tempo in più per abbandonare i combustibili fossili (vedi “The Growing Case for Geoengineering”).
Fra le altre cose, i ricercatori non sanno ancora quanto siano efficaci queste tecniche, né quali i loro possibili effetti collaterali possano essere. Non sarebbe inoltre possibile risolvere altri problemi legati al cambiamento climatico, come l’acidificazione degli oceani.
“La geoingegneria non è una pallottola d’argento, e considerarla tale potrebbe aggravare ulteriormente i pericoli del cambiamento climatico”, ha scritto un gruppo di 20 prominenti scienziati a Smith.
La settimana scorsa, durante la sua presentazione alla conferenza EmTech di MIT Technology Review a Boston, il professore di Harvard David Keith ha lanciato un monito riguardo questa stessa possibilità. Qualora il governo decidesse di sostenere tecnologie per la geoingegneria, la fragile coalizione fra scienziati del campo e importanti gruppi ambientali che sostengono la necessità di effettuare ulteriori ricerche potrebbe disintegrarsi, ha detto.
“Ciò che temiamo maggiormente è un tweet di Trump che dice ‘La geoingegneria solare risolve ogni cosa – è grandiosa! Non dobbiamo preoccuparci di abbattere le nostre emissioni’”, ha detto Keith, uno dei firmatari della lettera rivolta a Smith ed autore di alcune approfondite ricerche sul potenziale della geoingegneria (vedi “Una strategia problematica contro il riscaldamento globale”).
(MO)