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    Il futuro dell’IA è in Africa

    Negli ultimi anni, la comunità scientifica africana che si occupa di apprendimento automatico si è creata nuovi spazi, applicando la tecnologia a sfide come la sicurezza alimentare e l’assistenza sanitaria.

    di Karen Hao

    Seduta nella hall di un hotel a Tangeri, in Marocco, Charity Wayua ride mentre racconta il suo viaggio in città per una conferenza sulla tecnologia e l’innovazione. Dopo la sua partenza da Nairobi, in Kenya, dove è la responsabile di uno dei due centri di ricerca di IBM in Africa, Wayua ha dovuto sorvolare la sua destinazione per arrivare a Dubai, tornare indietro a Casablanca, e poi guidare per tre ore e mezza fino a Tangeri. Quello che doveva essere un volo diretto della durata di 7-8 ore è diventato un’odissea di quasi 24 ore. “Queste disavventure non sono affatto inusuali”, commenta Wayua.

    La lentezza degli spostamenti all’interno del continente africano non è l’unico inconveniente che rende la vita difficile alla comunità di ricerca africana; gli ostacoli da superare per andare all’estero hanno spesso impedito ai suoi ricercatori di partecipare ai convegni internazionali.

    Questi problemi hanno colpito tutti i settori scientifici, ma assumono una dimensione amplificata nel campo dell’intelligenza artificiale. In questo campo il ritmo dell’innovazione è tale che, per esempio, le continue assenze alle conferenze per problemi legati alla concessione dei visti – che hanno reso quasi impossibile agli scienziati africani la presenza ad alcuni dei più grandi eventi mondiali di IA negli Stati Uniti e in Canada – possono provocare il fallimento di una ricerca.

    Charity Wayua è a capo del gruppo di ricerca di IBM, a Nairobi, in Kenya.Per gentile concessione di IBM Research

    Nonostante le condizioni avverse, la comunità scientifica africana che si occupa di apprendimento automatico ha avuto un forte sviluppo negli ultimi anni. Nel 2013, un gruppo locale di professionisti e ricercatori del settore ha avviato Data Science Africa, un workshop annuale per condividere risorse e idee. Nel 2017, un altro gruppo ha dato vita all’organizzazione Deep Learning Indaba, che ora ha aperto sedi in 27 dei 54 paesi del continente africano. I corsi universitari e altri programmi educativi dedicati all’insegnamento dell’apprendimento automatico hanno avuto un incremento in risposta alla crescente domanda.

    Anche la comunità internazionale si è resa conto di questi progressi. Alla fine del 2013, IBM Research ha aperto il suo primo ufficio africano a Nairobi; nel 2016, ne ha aggiunto un altro a Johannesburg, in Sud Africa. All’inizio di quest’anno, Google ha inaugurato un laboratorio di intelligenza artificiale ad Accra, in Ghana, e il prossimo anno l’ICLR, un’importante conferenza di ricerca sull’IA, terrà il suo evento ad Addis Abeba, in Etiopia.

    Il cambiamento è positivo per tutto il settore dell’IA, che ha sofferto per molti versi di un distacco dal mondo reale. Molti dei laboratori di ricerca accademici e aziendali che dominano la ricerca di intelligenza artificiale sono concentrati in ricche bolle di innovazione come la Silicon Valley e la cinese Zhongguancun, nel distretto tecnologico  di Pechino.

    Questa visione “limitata” si manifesta nel tipo di prodotti realizzati in questi centri. L’Africa potrebbe offrire un contesto in cui l’intelligenza artificiale può tornare alla sua missione originale: creare una tecnologia che affronti sfide urgenti come la fame, la povertà e le malattie.

    Alcuni ricercatori discutono di un progetto educativo personalizzato, a Nairobi.Per gentile concessione di IBM Research

    Il modello africano di innovazione

    Gli uffici di IBM Research in Kenya e Sudafrica e il laboratorio d’intelligenza artificiale di Google in Ghana condividono la stessa missione delle loro organizzazioni madri: perseguire la ricerca di base e innovativa. Si concentrano su questioni come il mancato accesso a cure mediche a prezzi accessibili, la difficoltà di usufruire dei servizi finanziari, la garanzia della sicurezza alimentare a lungo termine e la semplificazione burocratica. La lista non è diversa da quella di un laboratorio situato in qualsiasi altra parte del mondo, ma il contesto differenzia in modo significativo gli obiettivi.

    “La ricerca risente dell’ambiente in cui viene portata avanti”, afferma Moustapha Cisse, direttore del laboratorio di IA di Google, in Ghana. “Le condizioni ambientali determinano il tipo di sfide da affrontare. Capita di frequente di trovarsi di fronte a problemi che ricercatori in altri posti non prenderebbero assolutamente in considerazione”.

    Per esempio, prima di fondare il suo laboratorio di IA in Ghana, Google ha iniziato a collaborare con gli agricoltori della Tanzania rurale per comprendere le difficoltà incontrate nel mantenere costante la produzione agricola. I ricercatori hanno appreso che le malattie delle colture possono ridurne significativamente la resa, così hanno creato un modello di apprendimento automatico che potrebbe diagnosticare le prime fasi della malattia nella pianta della manioca, un importante alimento di base nella regione. Il modello, che funziona direttamente sui telefoni degli agricoltori senza bisogno di accedere a Internet, li aiuta a intervenire tempestivamente per salvare le loro piante.

    Wayua fornisce un altro esempio. Nel 2016, il team di IBM Research di Johannesburg ha scoperto che le comunicazioni relative ai dati sul cancro in base alle diagnosi ospedaliere impiegavano 4 anni per arrivare a conoscenza del governo, che le utilizzava per definire le politiche sanitarie nazionali. Negli Stati Uniti, la raccolta e l’analisi dei dati equivalenti richiede solo due anni. Il ritardo era legato alla natura non strutturata delle relazioni sulle patologie compilate dagli ospedali.

    Sede di IBM Research, a Nairobi.Per gentile concessione di IBM Research

    Esperti umani esaminavano ogni caso e lo classificavano tra uno dei 42 diversi tipi di cancro, ma la relazione diagnostica in forma libera rendeva questo modo di procedere dispendioso in termini di tempo e poco produttivo. Pertanto, i ricercatori hanno iniziato a lavorare su un modello di apprendimento automatico in grado di etichettare automaticamente i report. Nel giro di due anni, hanno sviluppato un sistema prototipo di successo, e ora stanno cercando di renderlo scalabile in modo che possa avere ricadute positive sul piano pratico.

    “La tecnologia è solo una parte dell’equazione”, spiega Wayua. “L’altra metà è la capacità di capire i problemi che si hanno di fronte ed essere in grado di definirli oggettivamente in modo che gli scienziati possano affrontarli”.

    Una volta che un progetto di ricerca è pronto per il mondo reale, allora arriva un altro serio ostacolo: ottenere il consenso di chi è coinvolto in prima persona. “La gestione delle relazioni conta molto nel portare avanti il cambiamento”, dice Wayua. È facile raccogliere dati e progettare un sistema perfetto a livello teorico, ma diventa tutto inutile, se nessuno vuole usarlo. “Sono le relazioni che si costruiscono pazientemente nel tempo che aiutano a capire perché quello che si sta cercando di migliorare non cambia affatto”, ella aggiunge.

    Venire incontro alle esigenze degli utenti aiuta anche a rendere effettivi i progressi della tecnologia. Per esempio, il laboratorio di IA di Google, in Ghana, sta ora cercando sistemi per migliorare la comprensione della lingua naturale e superare la frammentazione delle circa 2.000 lingue parlate in Africa. “È di gran lunga il posto al mondo con la più grande varietà linguistica”, sostiene Cisse. “C’è molto lavoro da fare per la ricerca”.

    Uno scienziato africano insegna ai suoi studenti.Per gentile concessione di IBM Research

    Una generazione di talenti da coltivare

    Cisse e Wayua condividono storie personali simili. 
    Tutti e due hanno lasciato l’Africa per studiare all’estero prima di ritornare in patria, sperando di sfruttare le competenze acquisite fuori dal loro paese. Oggi, sono impegnati a offrire opportunità educative locali ai giovani interessati all’IA.

    Cisse, che ha lavorato a Facebook in Europa, ha fondato e dirige l‘African Master’s in Machine Intelligence, un programma intensivo di un anno che gestisce programmi di apprendimento in tutta la regione e può vantare al suo interno alcuni dei migliori ricercatori di intelligenza artificiale in tutto il mondo.

    Il laboratorio di Wayua ingaggia studenti universitari di alto livello per lavorare a fianco del personale fisso e paga loro un programma di master online in informatica della Georgia Tech University.

    “La risorsa principale per fare ricerca è costituita da persone di talento, e in Africa si trovano più talenti che altrove”, afferma Cisse, con un chiaro riferimento alla popolazione in età giovanile. La domanda che mi faccio, egli continua, è “come dotare le persone di talento di quelle competenze necessarie alla trasformazione del continente africano e alla costruzione del proprio futuro?” Nel suo corso di studi, Cisse spiega ai suoi studenti che tra cinque anni saranno loro a insegnare in queste classi e ribadisce il seguente concetto: “Il futuro della ricerca sull’apprendimento automatico è in Africa”.

    Immagine: Una app utilizza l’apprendimento meccanico per valutare lo stato di salute di una pianta di manioca. Per gentile concessione di Google

    (rp)

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