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    Il doppio legame della tecnologia

    Come tutti i mesi, scorriamo la nostra HomePage per trarne qualche indicazione, tanto più significativa, quanto più condensata, sulle ultime novità in campo tecnologico e, contestualmente, sulle preoccupazioni che tali novità suscitano negli esperti e nella pubblica opinione.

    di Gian Piero Jacobelli

    Anche in questo mese ci sembra che, nei confronti della tecnologia, si stia manifestando con sempre maggiore frequenza e incisività un sentimento di intrinseca ambiguità: e questa intrinseca ambiguità costituisce, rispetto ad altri sentimenti anche contrastanti che la hanno preceduto, una novità su cui sarà opportuno cominciare a soffermarci.

    Il sentimento scaturisce dal combinato disposto, per usare una espressione giurisprudenziale, di speranza e timore nei confronti di un mondo che tecnologicamente procede a passi di gigante, dove però a ogni passo in avanti sembra corrisponderne uno, se non due indietro.

    Per esempio, proprio in questi giorni, Facebook ha presentato Libra che, oltre al progetto di una nuova moneta digitale, dovrebbe comportare anche una vera e propria rivoluzione del concetto di identità digitale. Una rivoluzione che potrebbe consentire a oltre un miliardo di persone in tutto il mondo di accedere a servizi finanziari di cui ora non si possono avvalere.

    Ma, accanto a questa prospettiva di rivoluzionaria partecipazione, molti commentatori sottolineano i rischi di precarietà della identità digitale, di oligopolio nella gestione dei flussi e ovviamente di privacy: come saranno tenuti separati, ci si chiede, i dati di identificazione personale dalle transazioni finanziarie?

    Non meno frequente e preoccupante sta diventando la vulnerabilità dei sistemi informatici alle aggressioni degli hacker. Non a caso si discute negli Stati Uniti e in Europa della ipotesi di consentire alle vittime degli attacchi informatici una “legittima difesa”: cioè di andare a caccia dei loro presunti aggressori: una sorta di “licenza di uccidere” che permetterebbe alle vittime di attuare operazioni di infiltrazione per rintracciare gli aggressori, entrando nei sistemi presumibilmente utilizzati dagli hacker per il loro attacco.

    Tuttavia, questa “licenza di uccidere” suscita non poche perplessità, connesse alla capacità di esplorare i sistemi concorrenti senza danneggiarli, di riconoscere con sicurezza il “nemico”, di causare danni non intenzionali ai computer di terze parti innocenti, di esporsi a rappresaglie e di suscitare interminabili contenziosi. Ancora una volta, sotto il profilo tanto tecnologico quanto psicologico, un colpo al cerchio e uno alla botte rischiano di lasciare le cose come stanno, che forse è proprio quello che la maggioranza degli attori in gioco desiderano.

    Passando dal mondo delle reti virtuali a quello delle reti materiali, ci sembra particolarmente eloquente rispetto al problema del “doppio legame” tecnologico la notizia relativa a ricerche che pongono in rilievo come la utilizzazione regolare di alcuni comuni farmaci contro la depressione potrebbe incrementare in maniera significativa i rischi di demenza.

    Secondo i dati raccolti dai ricercatori, circa il 10 per cento delle diagnosi di demenza potrebbero venire attribuite alla utilizzazione di anticolinergici. La ricerca, condotta presso la University of Nottingham e diretta da Carol Coupland, docente di statistica medica, la ricerca ha rilevato un 50 per cento di incremento del rischio di demenza tra individui dai 55 anni in avanti trattati quotidianamente, per almeno tre anni, con forti farmaci anticolinergici.

    Speranza e timore, dunque, proprio nei campi in cui la ricerca procede più speditamente. Una ipotetica e parziale risposta a questa contraddizione in termini, di stampo non luddista – non è quasi mai in discussione la tecnologia in quanto tale – ma semplicemente tuziorista, è venuta dal nuovo libro di Andrew McAfee, l’economista del Massachusetts Institute of Technology, al quale dobbiamo altre analisi tra il lusco e il brusco sui rapporti tra il progresso tecnologico e la occupazione. 

    Questa volta McAfee adotta un punto di vista meno pessimistico, affermando in More from Less che i paesi ricchi avrebbero trovato il modo di crescere con impatti ambientali meno catastrofici di quanto si prevedeva. A suo parere, il rafforzamento di questa linea di tendenza a livello globale richiederà di non cambiare radicalmente il sistema capitalista, ma piuttosto di espanderlo.

    I “quattro cavalieri dell’ottimismo” resuscitati da McAfee potrebbero venire identificati nelle efficienze guidate dal capitalismo, nel progresso tecnologico che ha permesso di “smaterializzare” i consumi, nella consapevolezza generalizzata dei danni ambientali, nei governi che prendono iniziative per e ridurre i danni.

    Nonostante le obiezioni e le critiche che le valutazioni e le prospezioni di McAfee stanno suscitando, l’interrogativo è sempre quello: si può davvero pensare che la tecnologia sia sempre in grado di risolvere i problemi che la stessa tecnologia continua a suscitare? Ecco perché nel sentimento comune, a ogni sguardo in avanti corrisponde uno sguardo indietro, in una costitutiva pendolarità, che non riguarda soltanto la nostra coscienza, ma lo stesso impulso espansivo e spesso dirompente della tecnologia.

    (gv)

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