Proseguiamo la nostra inchiesta sui MOOC con un’apertura di orizzonte su un paese, come la Cina, in cui l’impennata dell’apprendimento on-line su preparazione ai test, studio delle lingue e sviluppo delle competenze commerciali sembra però escludere la parte più povera del paese. L’intera inchiesta si può leggere sull’ultimo fascicolo (6/2015) di MIT Technology Review Italia.
di David Talbot
La Cina sa di che cosa si tratta quando si parla di apprendimento a distanza. Per due decenni, il ministro dell’educazione cinese ha portato avanti un programma unico al mondo, sfruttando le trasmissioni via etere per diffondere lezioni sull’agricoltura tra oltre 100 milioni di studenti delle zone rurali. All’inizio degli anni Duemila, la Fondazione Li Ka Shing, un’organizzazione di beneficenza, ha installato antenne paraboliche e utilizzato computer per diffondere lezioni tra 10mila scuole rurali.
Oggi, questo modello dall’alto in basso di apprendimento on-line è stato affiancato da una serie di iniziative di università e aziende, non riservate esclusivamente alle zone periferiche del paese. In Cina una classe media in costante crescita – su una popolazione di 1 miliardo e 400 milioni di abitanti – ha messo in moto una domanda educativa che va molto oltre le capacità di insegnanti e scuole. In risposta a questo fenomeno di massa, le start-up cinesi stanno selezionando mercati di nicchia e sviluppando nuovi prodotti, mentre le università stanno emulando le piattaforme on-line già operanti negli Stati Uniti.
Questa tendenza è particolarmente visibile a Zhongguancun, il distretto tecnologico di Pechino, spesso chiamato la Silicon Valley cinese, dove un edificio in cui 15 start-up si occupano di tecnologie educative è conosciuto con il nome di MOOC Times Building (l’acronimo formalmente significa massive open online course, ma in Cina la sigla MOOC viene utilizzata per descrivere qualsiasi tipo di offerta educativa on-line).
La comunità di start-up di Zhongguancun include Hujiang, una piattaforma di formazione Internet con 80 milioni di utenti registrati, di cui 3 milioni a pagamento. Molti studiano per superare il gaokao, gli esami di maturità cinesi. Una start-up di nome Jikexueyuan ha creato una piattaforma con corsi di programmazione e Web design che ha raggiunto gli 800mila utenti. Tra le ultime “entrate” si registra Babytree, un sito di consigli per i genitori.
Gli investimenti cinesi nelle tecnologie per l’educazione sono saliti dai 137 milioni di dollari del 2013 a oltre un miliardo di dollari nel 2014, secondo il TAL Education Group, un’azienda che fornisce servizi educativi in Cina.
Le start-up di Zhongguancun collaborano con un ampio spettro di università e associazioni private. Per esempio Xuetang, un MOOC curato dalla Tsinghua University, offre alcuni corsi su edX, una piattaforma on-line sponsorizzata dal MIT e dalla Harvard University.
Nel frattempo stanno salendo alla ribalta anche alcune piattaforme cinesi per l’educazione universitaria. One-Man University – fondata da un ex studente di fisica della Peking University – sta diffondendo video di 15 minuti tra gli oltre 130mila utenti registrati attraverso 56.com, un sito Web di video streaming.
«La domanda cinese di corsi educativi statunitensi è alta», afferma Bryan Stolle, general partner a Mohr Davidow, un’azienda di capitale finanziario di Menlo Park, in California, che sta finanziando Hotchalk, un’azienda di Campbell, in California, che vuole incrementare la presenza digitale delle università statunitensi in Cina. Ogni anno, dice Stolle, 750mila studenti cinesi chiedono di iscriversi ai college negli Stati Uniti, ma ne vengono accettati poco più di 200mila.
Ci sono alcune preoccupazioni legate a questa tendenza. Anche se la Cina ha il più grande numero di utenti in Internet, oltre 640 milioni di persone on-line, la penetrazione della rete è solo di circa il 46 per cento, in confronto all’87 per cento degli Stati Uniti. Molte ricerche indicano che i vantaggi dell’educazione on-line sono maggiori per quelli che già partono davanti.
Justin Reich, direttore esecutivo della PK12 Initiative del MIT e ricercatore dell’Office of Digital Learning del MIT, che di recente si è recato al MOOC Times Building e ha tenuto una serie di incontri con gli educatori cinesi, dice di essere preoccupato dall’isolamento degli studenti e dal mancato rapporto con i loro coetanei, ma di prendere atto del grande entusiasmo che circonda queste iniziative. «In Cina, tutte i problemi si ricollegano alla impossibilità di rispondere alla domanda di educazione», spiega Reich.
Secondo Rong Wang, un professore della Peking University che si occupa di economia dell’educazione, i corsi on-line potrebbero non solo sopperire a una carenza reale, ma ottenere performance superiori in particolari insegnamenti,. Le scuole tradizionali sono imperniate sugli esami e «molti insegnanti non hanno adeguate capacità nel trasferire conoscenze di ordine pratico agli studenti».
Reich concludeche c’è stato un serio confronto a livello governativo per capire come concedere crediti agli studenti che frequentano i MOOC ed estendere successivamente questo sistema all’intera nazione.