Per quattro anni un gruppo di ricercatori finanziato da Google ha cercato di riprodurre uno degli esperimenti più controversi della scienza: la riproduzione della potenza del sole in laboratorio.
di Niall Firth
Fusione fredda? La fusione è il fenomeno che si verifica all’interno delle stelle, dove atomi di idrogeno compressi fra loro fondono e creano elio, rilasciando enormi quantità di energia nel processo.
Progetti imponenti come l’ITER in Francia sperano di riuscire un giorno a replicare questo fenomeno in scala sulla Terra. Si tratta di un obiettivo incredibilmente complesso, poiché il processo sottostante richiede quantità di calore e pressione enormi (l’ITER mira a portare una nube di idrogeno allo stato gassoso ad una temperatura dieci volte superiore a quella del nucleo del sole, avvalendosi di giganteschi magneti per tenere sotto controllo l’energia sprigionata).
Il principio della fusione fredda prevede che questo stesso risultato possa essere raggiunto a temperatura ambiente.
Incredibile, ma può funzionare? Apparentemente, no. Nel 1989, gli scienziati Stanley Pons e Martin Fleischmann della University of Utah descrissero un esperimento in cui avevano fatto scorrere una corrente elettrica fra due piastre di palladio racchiuse all’interno di un tubo di deuterio, altresì conosciuto come acqua pesante, per generare calore. L’annuncio destò scalpore all’interno della comunità scientifica. In sostanza, i due scienziati sostenevano di aver scoperto una fonte di energia pulita e abbondante. Eppure, da allora nessuno sarebbe più riuscito a riprodurre l’esperimento, al punto che l’intera questione era stata accantonata.
A quanto pare, però, negli ultimi anni Google ha investito $10 milioni cercando di dare un seguito a questa teoria, 30 anni dopo la sua prima formulazione. All’interno di un articolo pubblicato questa settimana su Nature, scienziati di Google hanno descritto la propria “motivazione dietro la possibilità che la decisione di scartare l’idea della fusione fredda potesse essere stata presa prematuramente”. Nell’arco di 4 anni, il team ha valutato tre metodi possibili per generare la fusione fredda in laboratorio. Sfortunatamente, nessuno degli esperimenti ha avuto l’esito sperato.
E adesso? Pare che stavolta la teoria fusione fredda sia veramente giunta al capolinea. La ricerca del team di Google ha ugualmente portato a sviluppi nella scienza dei materiali e nella chimica che potrebbero rivelarsi utili per tecnologie più realistiche, quali lo stoccaggio di idrogeno.
(MO)