I pesanti tagli proposti dalla Casa Bianca ai fondi destinati alla ricerca e sviluppo di nuove forme di energia potrebbero cedere definitivamente la leadership alla Cina e portare al deragliamento della partnership internazionale di Mission Innovation.
di James Temple
Ministeri dell’energia da tutto il mondo si sono riuniti a Pechino per una serie di incontri dedicati agli sforzi internazionali atti ad accelerare il passaggio alle energie pulite, fra cui la Mission Innovation, un patto stretto per raddoppiare i fondi governativi dedicati alla R&D.
Il segretario dell’energia degli Stati Uniti, Rick Perry, è fra i partecipanti, ma l’amministrazione Trump ha ormai annunciato l’intenzione di uscire dall’iniziativa e sottolineato la propria opposizione ai suoi traguardi. Gli incontri si sono tenuti a pochi giorni dall’annuncio del Presidente Trump che il paese si sarebbe ritirato dallo storico accordo di Parigi sul clima, e settimane dopo la presentazione di una proposta di budget che, lungi dal raddoppiare i fondi destinati al Dipartimento di Energia, lo ridurrebbe di oltre $3 miliardi (vedi “Exiting Paris, Trump Cedes Global Leadership on Climate Change”).
Secondo alcuni osservatori, il luogo e i tempi stabiliti per gli incontri rinforzerebbero la crescente percezione internazionale che la Cina abbia ormai assunto la posizione di leader nella lotta al cambiamento climatico, ruolo ricoperto fino a poco tempo fa dagli Stati Uniti.
“Potremmo assistere al passaggio del testimone”, commenta Varun Sivaram, direttore esecutivo del programma per la sicurezza energetica e il cambiamento climatico del Council on Foreign Relations, riferendosi agli incontri dell’Energy Ministerial iniziati martedì presso il China National Convention Center.
I paesi partecipanti hanno stretto il patto della Mission Innovation nel 2015 a fianco delle negoziazioni di Parigi sul clima, che erano concentrate sulla riduzione delle emissioni piuttosto che sulla tecnologia necessaria a raggiungere tale traguardo. Complessivamente, 22 paesi oltre all’Unione Europea avrebbero siglato l’accordo per “sviluppare e implementare tecnologie avanzate attraverso le quali permettere alla comunità globale di raggiungere i traguardi ambientali condivisi”. La Cina si è impegnata ad aumentare a $3.8 miliardi i propri investimenti, mentre gli Stati Uniti si erano impegnati a investire fino a $6 miliardi entro il 2021.
Il bilancio fiscale proposto dal Presidente Trump per il 2018, però, mira a ridurre gli investimenti ed eliminare due team che dall’Ufficio degli Affari Interni coordinava le partnership dedicate a energia e ambiente, fra cui il programma di Mission Innovation.
“Un simile taglio verrebbe percepito ovunque negli Stati Uniti, dalla ricerca universitaria, ai lavoratori nazionali ed altri centri tecnologici che dipendono da fondi governativi”, ha scritto in una email Jonathan Elkind, un ex assistente segretario presso l’Ufficio degli Affari Interni.
In pochi ritengono che la Casa Bianca riuscirà ad apportare il livello di tagli proposto, ma altrettanti credono che la ricerca otterrà sostanziali fondi, specialmente nell’ordine richiesto per raggiungere i traguardi prefissati sotto il patto di Mission Innovation. Gli impegni economici non sono vincolanti, ma alcuni temono che, in caso di flagrante abbandono da parte degli Stati Uniti, altri paesi possano seguirne l’esempio e minare di conseguenza la portata del patto.
I tagli proposti minerebbero la competitività degli Stati Uniti su tecnologie che potrebbero rivelarsi una forza economica definitiva per decenni a venire. Secondo una ricerca condotta da Pew Charitable Trusts e ICF International, aumento dei fondi alla R&D per la Mission Innovation potrebbe addirittura ripagarsi nel breve periodo, con $1.60 di attività economica addizionale per ciascun dollaro investito.
“Non ho dubbi che qualunque taglio, grande o moderato, nuocerà alla crescita economica degli Stati Uniti, ridurrà la sicurezza energetica del paese, metterà gli Stati Uniti in una posizione di svantaggio competitivo e minerà l’abilità del paese di ridurre le emissioni di gas serra”, dice Kelly Sims Gallagher, professore di politica energetica e ambientale presso la Tufts University.
Nel frattempo, mentre Trump si apprestava ad annunciare il ritiro degli Stati Uniti dagli accordi di Parigi, Cina ed Unione Europea si impegnavano a “guidare la transizione energetica”. All’interno dell’annuncio erano contenute bozze del rinnovato impegno a investire nella R&D di energie pulite ed aiutare i paesi più poveri nella loro transizione a fonti sostenibili.
Una serie di dispute ha ostacolato la pubblicazione formale di un comunicato più esteso da parte dei due paesi dopo gli incontri di venerdì scorso a Bruxelles, ma la Cina sta chiaramente segnalando l’intenzione di assumere il comando.
La portata di questo cambiamento dipenderà, ovviamente, da come la Cina saprà ricoprire questo ruolo. Uno degli aspetti fondamentali sarà la promozione di standard più o meno severi per le emissioni di gas serra nei prossimi anni, oltre al peso che darà allo innovazione energetica e alle migliorie incrementali che ne hanno definito il successo commerciale nell’eolico e nel solare, spiega Sivaram.
Secondo Josh Freed, vice presidente per il programma energia pulita del think tank Third Way, esistono altre differenze che potrebbero rivelarsi cruciali.
“La guida da parte della Cina anziché degli Stati Uniti distaccherebbe la politica ambientale dai valori fondamentali degli americani, o quelli che tradizionalmente erano i valori americani, fra cui i diritti umani, la democrazia e il buon governo”, dice. “È negativo per il mondo intero”.
Per quanto riguarda il futuro della Mission Innovation, Gallagher ha da poco pubblicato un rapporto per raccomandare alle nazioni partecipanti di perseguire traguardi prestazionali, piuttosto che economici, migliorare le collaborazioni con il settore privato, incrementare la raccolta e condivisione di dati e dare la priorità alle ricerche svolte all’interno dei settori che hanno maggior bisogno di innovazione, come lo stoccaggio energetico.
Di certo, come sottolineato da Sivaram e Daniel Sanchez della Carnegie Institution for Science, sarà pressoché impossibile per i membri del patto raggiungere il traguardo economico proposto senza il supporto degli Stati Uniti, che avevano finora promesso il maggior impegno.
(MO)