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    Gli scienziati prendono in considerazione nuvole più luminose per preservare la Grande Barriera Corallina

    Al secondo anno di sbiancamento del delicato ecosistema, gli scienziati marini sono quasi disperati.

    di James Temple

    Da 6 mesi, ricercatori del Sydney Institute of Marine Science e della University of Sydney School of Geosciences, si incontrano regolarmente per studiare la possibilità di creare, al largo della costa nordorientale dell’Australia, nuvole basse, più riflettenti, per raffreddare le acque attorno alla più grande barriera corallina del mondo. Da due anni la Grande Barriera Corallina sta venendo devastata da uno sbiancamento su larga scala causata dal riscaldamento delle acque oceaniche che inuce i coralli a rilasciare le alghe con cui vivono in simbiosi. L’El Niño dell’anno scorso ha provocato la morte del 20 percento della barriera corallina ed il danneggiamento del 90 percento.

    I ricercatori australiani hanno studiato svariate possibilità di preservare la barriera, ma a questo punto, la creazione di nuvole riflettenti sembra essere il sistema più efficace, ed ecologico, per proteggere un ecosistema di 130,000 miglia quadrate, spiega Daniel Harrison, del Ocean Technology Group alla University of Sydney.

    Il primo a proporre l’idea, quasi 30 anni fa fu lo scienziato britannico John Latham, con un articolo su Nature, proponendolo come possibilità di controllare il riscaldamento globale. In teoria, flotte di imbarcazioni potrebbero spruzzare piccole particelle di sale, generate dall’acqua marina, in direzione delle basse nubi che abbracciano la costa di svariati continenti. A partire da queste si potrebbe indurre un’ulteriore formazione di gocce, con il risultare di aumentare la copertura offerta. Le dense nuvole bianche dovrebbero riflettere calore verso lo spazio. Secondo uno studio del 2012, diretto da Latham alla University of Manchester, questo approccio potrebbe controbilanciare un eventuale raddoppiamento dell’anidride carbonica nell’atmosfera.

    Il gruppo che ha finora prodotto più risultati è il Marine Cloud Brightening Project, risultato di una collaborazione tra un gruppo di ricercatori della Silicon Valleys e della University of Washington.

    La squadra californiana ha impiegato 7 anni per creare una bocchetta capace di spruzzare il preciso quantitativo di particelle sale della precisa dimensione necessario alla formazione delle nuvole. Stanno ora cercando i finanziamenti necessari a realizzare spruzzatori su misura, nella speranza di testarli lungo la costa del Pacifico.

    (LO)

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