Seguici
Iscriviti alla nostra newsletter

    Gli scienziati non escludono l’ipotesi del virus di laboratorio

    Sfidare l’idea che SARS-CoV-2 abbia origini naturali è considerato da molti esperti un suicidio professionale, ma alcuni di loro sostengono con convinzione questa ipotesi e si rifiutano di essere accomunati a chi porta avanti teorie del complotto.

    di Charles Schmidt

    Nikolai Petrovsky stava scorrendo i social media dopo una giornata sulle piste da sci quando i rapporti che descrivevano un misterioso gruppo di casi di polmonite a Wuhan, in Cina, hanno attirato la sua attenzione. Era l’inizio di gennaio 2020 e Petrovsky, un immunologo, era in vacanza a Keystone, in Colorado, dove va la maggior parte degli anni con la sua famiglia per fuggire dalle estati torride a casa nel sud dell’Australia. Ben presto fu colpito da una strana discrepanza nel modo in cui venivano ritratti i casi di polmonite. 

    Le autorità cinesi e l’ OMS stavano dicendo che non c’era nulla di cui preoccuparsi, ma gli abitanti di Wuhan stavano postando di “corpi che venivano portati in barella dalle case e della polizia che inchiodava le porte degli appartamenti”.

    Petrovksy è professore alla Flinders University, vicino ad Adelaide, ed è anche fondatore e presidente di una società chiamata Vaxine che sviluppa vaccini per malattie infettive, tra gli altri progetti. Dal 2005, ha ricevuto decine di milioni di dollari di finanziamenti dal National Institutes of Health degli Stati Uniti per sostenere lo sviluppo di vaccini e composti chiamati adiuvanti che ne potenziano gli effetti. 

    Dopo che gli scienziati cinesi hanno pubblicato una bozza del genoma del coronavirus SARS-CoV-2, il colpevole della malattia a Wuhan, Petrovksy ha iniziato a collaborare con i suoi colleghi a studi di modellizzazione al computer della sequenza virale, un primo passo verso la progettazione di un vaccino.

    Ciò ha generato un risultato sorprendente: le proteine spike che fissano SARS-CoV-2 si legano più strettamente al loro recettore cellulare umano, una proteina chiamata ACE2, rispetto ai recettori bersaglio su qualsiasi altra specie valutata. In altre parole, SARS-CoV-2 era sorprendentemente ben adattato alla sua preda umana, il che è insolito per un patogeno emergente. “Santo cielo, è davvero strano”, ricorda di aver pensato Petrovksy.

    Mentre l’immunologo considerava se SARS-CoV-2 potesse essere emerso in colture di laboratorio con cellule umane o cellule ingegnerizzate per esprimere la proteina umana ACE2, una lettera scritta da 27 scienziati apparve improvvisamente il 19 febbraio sulla prestigiosa rivista medica “The Lancet”. 

    Gli autori insistevano sul fatto che SARS-CoV-2 avesse un’origine naturale e condannavano qualsiasi ipotesi alternativa come teorie del complotto che creano solo “paura, voci e pregiudizi”. Petrovksy dice di aver trovato la lettera esasperante. I teorici della cospirazione sono “l’ultima cosa che eravamo”, egli dice, “e sembrava indicare persone come noi”.

    Il mese scorso, un team di scienziati internazionali ha completato una visita di un mese a Wuhan per indagare sulle origini di SARS-CoV-2. Convocato dall’OMS e attentamente monitorato dalle autorità cinesi, il team ha concluso che una fuga di materiali dal laboratorio era così improbabile che ulteriori indagini non erano necessarie. Il direttore generale dell’OMS in seguito ha respinto questa dichiarazione, sostenendo che “tutte le ipotesi rimangono aperte e richiedono ulteriori analisi e studi”. 

    26 scienziati, esperti e comunicatori scientifici, tra cui Petrovksy, hanno firmato a loro volta una lettera sostenendo che agli investigatori dell’OMS mancava “il mandato, l’indipendenza o gli accessi necessari” per determinare se SARS-CoV-2 sia stato il risultato di un incidente di laboratorio. L’indagine dell’OMS segue un anno durante il quale i dibattiti sulle origini di SARS-CoV-2 sono diventati sempre più aspri. 

    I funzionari cinesi erano, e sono ancora, riluttanti a fornire informazioni che potrebbero fornire una risposta alle domande persistenti sulla provenienza del virus e, in assenza di dati critici, le opinioni degli esperti si sono raccolte attorno a due scenari concorrenti: uno secondo cui una fuga del virus dal laboratorio era plausibile e necessitava di un esame più accurato e un altro che SARS-CoV-2 si era quasi certamente diffuso a livello naturale e che le probabilità che provenisse dal laboratorio erano talmente remote da non essere prese in considerazione. 

    Coloro che insistono su un’origine naturale affermano che il virus non ha caratteristiche genetiche che dimostrerebbero una progettazione deliberata. Ma è anche possibile che SARS-CoV-2 si sia evoluto naturalmente in natura prima di essere portato in un laboratorio per essere studiato e solo dopo ne sia uscito. L’Istituto di virologia di Wuhan, che molti vedono come il luogo più probabile di un breakout, ospita una delle più grandi  varietà di coronavirus al mondo.

    David Relman, microbiologo di Stanford, crede che l’ipotesi della fuga del virus da un laboratorio non sia mai stata presa seriamente in considerazione. Alberto E. Rodriguez / Getty Images

    David Relman, un microbiologo della Stanford University, afferma che l’ipotesi della “fuga” del virus dal laboratorio non è mai stata oggetto di una “discussione imparziale e spassionata dei fatti così come li conosciamo”, ma coloro che chiedevano di verificare le possibili origini dal laboratorio sono stati additati come teorici della cospirazione che lanciavano disinformazione. La politica dell’anno elettorale e il crescente sentimento sinofobo non hanno fatto che aumentare le tensioni. 

    Gli attacchi contro gli asiatici americani erano aumentati dall’inizio della pandemia e con l’allora presidente Trump che parlava in toni accesi di un “virus cinese”, molti scienziati e giornalisti sono diventati “cauti nel dire qualsiasi cosa che potesse giustificare la retorica della sua amministrazione”, afferma Jamie Metzl, senior fellow dell’Atlantic Council di Washington, DC, un think tank che si occupa di affari internazionali.

    Poteva essere un suicidio professionale per gli scienziati esprimere sospetti su una possibile fuga del virus dal laboratorio, dice Metzl, specialmente quando c’era già una lunga storia di epidemie di malattie virali che provenivano da ambienti naturali. Alina Chan, una borsista post-dottorato specializzata in terapia genica e ingegneria cellulare al Broad Institute di Cambridge, Massachusetts, fa eco a questo punto di vista. 

    Chan dice che il rischio di sfidare l’ortodossia secondo cui SARS-CoV-2 ha origini naturali – un’ipotesi del tutto plausibile, ella sostiene – è maggiore per gli scienziati affermati in malattie infettive con ruoli di supervisione. Lei stessa ha trascorso gran parte dell’ultimo anno chiedendo un esame più approfondito di una potenziale fuga del virus dal laboratorio, sostenendo che come postdoc ha meno da perdere.

    “Scoprire le origini del virus”, afferma Relman, “è fondamentale per fermare la prossima pandemia”. Le minacce derivanti sia da incidenti di laboratorio sia da ricadute naturali stanno crescendo simultaneamente mentre gli esseri umani si spostano costantemente in luoghi selvaggi e nuovi laboratori di biosicurezza crescono in numero in tutto il mondo. “Abbiamo bisogno di capire dove collocare le nostre risorse”, egli aggiunge. “Se una versione di laboratorio del SARS-CoV-2 sembra plausibile, allora merita assolutamente molta più attenzione”.

    Da dove viene il virus?

    Se SARS-CoV-2 ha un’origine naturale, come e dove è iniziato tutto? A un anno dall’inizio della pandemia, queste rimangono domande aperte. Gli scienziati ipotizzano ancora che il virus sia passato direttamente negli esseri umani dai pipistrelli infetti (serbatoi noti per centinaia di diversi coronavirus) o attraverso una specie animale intermedia. In una prima fase si pensava che il mercato ittico all’ingrosso di Huanan a Wuhan fosse il sito di origine poiché è lì che è stato rilevato il primo gruppo di casi di covid-19, la malattia causata dal virus. 

    Ma prove più recenti suggeriscono che le infezioni animali o umane potrebbero essere circolate altrove nei mesi precedenti e, da allora, l’attenzione si è allargata ad altri mercati della città, agli allevamenti faunistici nel sud della Cina e ad altri possibili scenari, come il consumo di carne congelata contaminata da virus originaria di altre province. È importante sottolineare che gli immediati antenati del virus devono ancora essere identificati. Il parente più vicino conosciuto, un coronavirus soprannominato RaTG13, è geneticamente simile al 96 per cento a SARS-CoV-2.

    Un virus sfuggito al laboratorio, nel frattempo, sarebbe stato introdotto nel mondo da un ricercatore o un tecnico che ne è stato infettato. Questo tipo di fughe di virus dai laboratori si sono verificate in precedenza e sono state implicate in diversi casi di trasmissione comunitaria durante le epidemie di SARS nei primi anni Duemila. Nel 2017, il Wuhan Institute of Virology è diventato il primo laboratorio nella Cina continentale a ricevere una designazione di livello di biosicurezza 4 (BSL-4), il più alto stato di sicurezza per un luogo di ricerca. Ma l’istituto ha anche una storia di falle nella sicurezza. 

    Gli scienziati del laboratorio hanno segnalato una mancanza di tecnici e investigatori adeguatamente formati presso la struttura, spingendo gli scienziati diplomatici statunitensi che lo  hanno visitato nel 2017 e nel 2018 ad allertare il Dipartimento di Stato. Allo stesso tempo, molti scienziati hanno sottolineato, in particolare all’indomani di un recente e, per alcuni, controverso esame dell’ipotesi di fuoriuscita del virus dal laboratorio portato avanti dal “New York magazine“, secondo cui i coronavirus sono stati tipicamente gestiti a BSL-2 o BSL- 3, vale a dire livelli di sicurezza inferiori.

    A parte questi avvertimenti, una teoria prevalente tra i sostenitori di questa ipotesi è stata che SARS-CoV-2 non è stato semplicemente portato nel laboratorio di Wuhan, ma in qualche modo è stato progettato lì, dato che molti dei suoi scienziati eseguono abitualmente ricerche genetiche sui coronavirus e la struttura “ha collaborato a pubblicazioni e progetti segreti con l’esercito cinese”, secondo una scheda informativa del Dipartimento di Stato americano diffuso durante l’ultima settimana dell’amministrazione Trump.

    Il 9 marzo, un editorialista del “Washington Post”, citando un anonimo funzionario del Dipartimento di Stato, ha indicato che l’amministrazione Biden, pur fermandosi ben prima di approvare una particolare teoria sull’origine del virus, non ha contestato molti dei punti esposti in questo documento. Chi dubita dell’ipotesi della fuga del virus dal laboratorio dice che SARS-CoV-2 non assomiglia per niente a un virus ingegnerizzato. 

    Invece di apparire in blocchi discreti, come ci si aspetterebbe da un microbo geneticamente modificato, le differenze con RaTg13 sono distribuite casualmente in tutto il genoma virale. In un’e-mail a “Undark”, il professore emerito di virologia dell’Università di Chicago Bernard Roizman ha scritto che “siamo a molti anni di distanza da una completa comprensione delle funzioni e della regolazione dei geni virali, gli elementi chiave fondamentali per la produzione di virus letali”.

    Il virus ha una caratteristica inspiegabile: un cosiddetto “sito di scissione della furina” nella proteina spike che aiuta SARS-CoV-2 a penetrare nelle cellule umane. Sebbene tali siti siano presenti in alcuni coronavirus, non sono stati trovati in nessuno dei parenti più stretti conosciuti di SARS-CoV-2. “Non sappiamo da dove provenga il sito della furina”, dice Susan Weiss, microbiologa che co-dirige il Penn Center for Research on Coronavirus and Other Emerging Pathogens presso la Perelman School of Medicine dell’Università della Pennsylvania.  Anche se Weiss afferma che è improbabile che SARS-CoV-2 sia stato progettato, aggiunge che la possibilità che sia sfuggito da un laboratorio non può essere esclusa.

    Relman ritiene possibile che scienziati che lavorano con coronavirus non ufficiali e collegati tra loro, magari uno con un sito di scissione della furina e un altro con la spina dorsale del gene SARS-CoV-2, possano essere stati tentati di creare un virus ricombinante in modo da poterne studiare le proprietà. In effetti, i ricercatori dell’Istituto di virologia di Wuhan inizialmente non hanno rivelato che altri otto coronavirus simili alla SARS erano stati rilevati in campioni raccolti dalla stessa grotta mineraria in cui è stato trovato RaTG13. I lavoratori che hanno pulito le feci di pipistrello in quella grotta, situata nella provincia dello Yunnan vicino al confine con il Laos, hanno sviluppato una grave malattia respiratoria e uno di loro è morto.

    Petrovsky delinea un altro potenziale scenario, vale a dire che SARS-CoV-2 possa essersi evoluto da coronavirus che si sono intrufolati nelle colture di laboratorio. Virus correlati nella stessa cultura, spiega, come uno ottimizzato per il legame con l’ACE2 umano e un altro no, possono scambiare materiale genetico per creare nuovi ceppi. “Nel nostro laboratorio è accaduto qualcosa di simile”, egli racconta. “Mentre stavamo coltivando il virus dell’influenza, abbiamo scoperto la presenza di un altro virus nella cultura”. 

    Petrovsky e diversi coautori si sono chiesti in un documento pubblicato come preprint non sottoposto a revisione paritaria nel maggio dello scorso anno se il virus fosse “completamente naturale” o avesse avuto origine da “un evento di ricombinazione che si è verificato inavvertitamente o intenzionalmente in un laboratorio che manipola i coronavirus”. Il team non stava “dicendo che questo è un virus di laboratorio”, sottolinea Petrovsky, ma piuttosto “presentava una serie di dati”.

    Ma alla fine di aprile 2020, mentre il gruppo stavano pensando a dove pubblicare il lavoro, “Trump sbottò” dicendo che aveva motivo di credere che il virus provenisse da un laboratorio cinese, ricorda Petrovsky. E a quel punto, aggiunge, gran parte dei “media di sinistra” hanno deciso che “avrebbero dipinto l’intera faccenda del laboratorio come una teoria del complotto per abbattere Trump”. 

    Quando Petrovsky si è rivolto agli amministratori del server di prestampa bioRxiv, il documento è stato rifiutato. Lo staff di bioRxiv ha risposto che sarebbe stato diffuso in modo più appropriato dopo la revisione tra pari, “il che ci ha sbalorditi”, afferma Petrovksy. “Pensavamo che l’obiettivo centrale della prestampa fosse diffondere rapidamente informazioni importanti”. Il documento è stato successivamente pubblicato su un altro server di prestampa chiamato arXiv.org, con sede presso la Cornell University. 

    I giornalisti sono accorsi, ma la maggior parte proveniva da organi di informazione di destra che rappresentavano quella che Petrovsky chiama “la stampa di Murdoch”. L’immunologo dice che ha dovuto lavorare per impedire ad alcuni giornalisti tendenziosi di distorcere le scoperte del suo articolo per dare forma a una narrazione in cui SARS-CoV-2 era inequivocabilmente un prodotto artificiale. Allo stesso tempo, egli dice, altri media hanno cercato di “ridicolizzare l’ipotesi della fuga del virus dal laboratorio”.

    Petrovsky si descrive come politicamente neutrale e, secondo le fonti, è molto apprezzato nel mondo dei vaccini. Maria Elena Bottazzi, microbiologa del Baylor College of Medicine, a Houston, afferma che Petrovsky non fa affermazioni scientifiche che non siano pienamente supportate da prove. Eppure, “mi sono trovato davanti a pressioni globali”, egli spiega, “che sono molto più potenti di uno scienziato che cerca di raccontare una storia basata sulla scienza”.

    Le scoperte australiane sono state anche coinvolte in una reazione contro i documenti che avanzavano prove delle origini laboratoriali del virus da parte di scienziati che si erano schierati opportunisticamente. Molti di questi scienziati avevano poca esperienza rilevante e nessuna comprensione di “come funziona effettivamente l’evoluzione molecolare”, afferma Rasmus Nielsen, biologo evoluzionista ed esperto di coronavirus dell’Università della California, a Berkeley.

    Nielsen cita come esempio un articolo del 31 gennaio pubblicato su “bioRxiv” da ricercatori dell’Indian Institute of Technology, a Nuova Delhi, che suggeriva “misteriose analogie” tra SARS-CoV-2 e HIV. In risposta a un diluvio di critiche, gli autori hanno ritirato l’articolo solo pochi giorni dopo che era stato pubblicato. A causa del manoscritto dell’HIV e di altri preprint di scarsa qualità, dice Nielsen, l’idea della fuga del virus dal laboratorio “è stata associata a questo tipo di ipotesi stravaganti e a una forma di scienza molto scadente”.

    In un’e-mail a “Undark”, John Inglis, cofondatore di “bioRxiv”, ha riconosciuto che “una vasta rete di siti Web non tradizionali che trafficano in teorie sull’origine artificiale del coronavirus” aveva amplificato il contenuto del documento sull’HIV. Da quel momento in poi, avrebbe rifiutato qualsiasi documento che rivendicasse un’origine umana per SARS-CoV-2, non come “un giudizio sulle indagini o sulle loro interpretazioni”, ma “perché tali documenti richiedono una revisione tra pari che solo le riviste hanno il tempo e risorse da fare “.

    Si impone l’ipotesi del virus naturale 

    Entro la tarda primavera del 2020, gli scienziati che sostenevano le origini naturali del virus avevano preso il sopravvento nel plasmare le opinioni. Solo pochi ricercatori hanno esaminato in profondità le origini di SARS-CoV-2 e, secondo Chan del Broad Institute, la stragrande maggioranza di coloro che non hanno indagato sulla questione ha semplicemente accettato ciò che percepivano come l’opinione prevalente. Se gli scienziati non erano disposti a sfidare l’ortodossia per paura delle conseguenze, aggiunge Metzl, allora “è stato difficile per i giornalisti scrivere storie credibili sulle origini, in particolare in assenza di prove”.

    Forse nessuno ha svolto un ruolo maggiore nel galvanizzare le opinioni scientifiche a sostegno delle origini naturali di Peter Daszak, presidente di EcoHealth Alliance, un’organizzazione no profit per la salute ambientale con sede a New York. Collaboratore di lunga data del Wuhan Institute of Virology, Daszak – che, in quello che molte fonti hanno descritto come un conflitto di interessi, era un membro del team guidato dall’OMS che ha visitato la Cina all’inizio di quest’anno – ha ricevuto finanziamenti dal National Institutes of Health per collaborare sulla ricerca presso il laboratorio cinese (L’amministrazione Trump ha interrotto bruscamente questo finanziamento nell’aprile 2020, ma è stato successivamente ripristinato con nuove restrizioni).

    Si presume che Daszak abbia scritto una prima bozza della dichiarazione apparsa su “Lancet” condannando ipotesi diverse dalle origini naturali come teorie del complotto. Malgrado ripetute richieste di intervista, la EcoHealth Alliance e Daszak hanno rifiutato di commentare questa storia. Stanley Perlman, microbiologo e professore dell’Università dell’Iowa, a Iowa City, è elencato come coautore della dichiarazione. In una e-mail a “Undark,” ha scritto che l’idea della fuga del virus dal laboratorio “spazia dalla possibilità di una progettazione volontaria a una fuoriuscita del virus involontaria”. 

    Charles Calisher, professore emerito del Dipartimento di Microbiologia, Immunologia e Patologia della Colorado State University, è anche elencato come coautore. A suo parere, la frase relativa alla teoria del complotto era esagerata. “Sfortunatamente per me, Daszak ha fornito un elenco in ordine alfabetico, e io ero il primo”, spiega. 

    Relman concorda sul fatto che, in assenza di prove conclusive, il messaggio sulle origini del virus dovrebbe essere :”Non lo sappiamo”. Dopo il documento di “Lancet”, e poi un successivo articolo sulle origini di SARS-CoV-2 scritto da scienziati che hanno concluso di non credere che alcun tipo di scenario basato sul laboratorio fosse plausibile, Reiman si è dichiarato scoraggiato da come si potessero sostenere posizioni così decise nonostante “un’incredibile assenza di dati”.

    Ha quindi scritto un articolo di opinione pubblicato sui “Proceedings of the National Academy of Sciences” in cui sosteneva che l’origine del virus in un laboratorio era uno dei potenziali scenari, che i conflitti di interesse tra coloro che si occupavano del problema dovevano essere rivelati e risolti, e che scoprire le vere origini di SARS-CoV-2 era essenziale per prevenire un’altra pandemia. Gli sforzi per indagare sulle origini, ha scritto, “si sono impantanati nella politica, in supposizioni e asserzioni scarsamente documentate e informazioni incomplete”.

    Una delle prime telefonate dei media dopo la pubblicazione dell’articolo è arrivata da Laura Ingraham di Fox News, dice Relman, che ha rifiutato l’intervista.

    Una lunga serie di pressioni

    Alla domanda su perché pensasse che Daszak e altri si fossero schierati in modo così deciso contro l’ipotesi di una fuga del virus dal laboratorio, Relman dice che potrebbero aver voluto evitare che il loro lavoro venisse percepito come un pericolo per l’umanità. Con i cosiddetti esperimenti di “guadagno di funzione”, per esempio, gli scienziati manipolano geneticamente i virus per sondarne l’evoluzione, a volte in modi che aumentano la virulenza o la trasmissibilità. 

    Questo tipo di ricerca può rivelare obiettivi per farmaci e vaccini per malattie virali, incluso il covid-19, ed è stato utilizzato presso l’Istituto di virologia di Wuhan in studi che dimostrano che alcuni coronavirus di pipistrello erano distanti poche mutazioni dalla possibilità di legarsi all’ACE2 umano. Un documento del 2015 in “Nature Medicine” osserva che “il potenziale per preparare e mitigare future epidemie deve essere valutato rispetto al rischio di creare agenti patogeni più pericolosi”.

    Relman è dell’idea che tra coloro che non accettano l’ipotesi del rilascio in laboratorio, potrebbe esserci stata “un’eccessiva protezione di se stessi e del proprio settore di ricerca”. E gli scienziati che collaborano con i ricercatori in Cina “potrebbero avere preoccupazioni sul loro futuro lavorativo se dicessero qualcosa di diverso da: “Questa minaccia ha origini naturali”.

    Altri scienziati affermano che l’opposizione all’ipotesi della fuga del virus dal laboratorio era basata più sull’incredulità generale che SARS-CoV-2 potesse essere stato deliberatamente progettato. “Questa possibilità è stata oggetto di politicizzazione”, dice Perlman. Quanto al fatto che il virus possa essere sfuggito dopo essersi evoluto naturalmente, afferma che è “più difficile da valutare”.

    In un messaggio di posta elettronica della scorsa settimana, Relman ha aggiunto che la questione potrebbe non essere mai completamente risolta. “Dal punto di vista della trasmissione naturale, ci vorrebbe un contatto confermato tra una specie ospite naturalmente infetta (per esempio, il pipistrello) e uno o più esseri umani che risultano con dettagli attendibili infettati come risultato di questo incontro, prima di qualsiasi altro caso umano noto”, dice Relman, “e poi si dovrebbe dimostrare che l’infezione sia stata trasmessa ad altri”. 

    Per quanto riguarda lo scenario di fughe del virus dal laboratorio, ci sarebbe bisogno di “prove confermate di esistenza precedente del virus rispetto ai primi casi e un possibile meccanismo per il contatto con gli esseri umani”, il che diventa meno probabile con il passare del tempo. “Trovare i possibili ‘genitori’ di SARS-CoV-2 aiuterebbe a comprendere la recente storia genomica / evolutiva del virus”, egli aggiunge.

    Allo stato attuale, la risposta alla pandemia deve affrontare due fronti simultanei. Da un lato, il mondo ha sperimentato numerose epidemie pandemiche ed epidemiche negli ultimi 20 anni, tra cui SARS, chikungunya, H1N1, MERS, diversi focolai di Ebola, tre focolai di norovirus, Zika e ora SARS-CoV-2 . Parlando di coronavirus, Ralph Baric, un epidemiologo dell’Università della Carolina del Nord, a Chapel Hill, dice che è “difficile immaginare che non ci siano varianti” nei pipistrelli con tassi di mortalità prossimi al 30 per cento con la MERS e “una trasmissibilità molto più efficiente”. 

    Tuttavia, secondo Richard Ebright, un biologo molecolare della Rutgers University, anche i pericoli del rilascio del virus in laboratorio stanno crescendo. “Il rischio”, egli dice “aumenta in proporzione al numero di laboratori che trattano armi biologiche e potenziali patogeni pandemici (più di 1.500 a livello globale nel 2010). Molti di questi, tra cui il laboratorio di Wuhan, situati in aree urbane vicino agli aeroporti internazionali”.

    Lo sviluppo più alto si è verificato in Cina negli ultimi quattro anni, come risposta all’espansione della difesa biologica negli Stati Uniti, in Europa e in Giappone”, ha scritto Ebright in una e-mail a “Undark”. “La Cina ha aperto due nuove strutture BSL-4, a Wuhan e ad Harbin, negli ultimi quattro anni”, ha aggiunto, “e ha annunciato piani per stabilire una rete di centinaia di nuovi laboratori BSL-3 e BSL-4”.

    Nel frattempo, continuano i litigi sulle origini di SARS-CoV-2, alcuni dei quali accesi. Durante un recente dibattito su Twitter, Chan è stato paragonato a un sostenitore di QAnon e un insurrezionalista. Pochi mesi prima, aveva twittato su questioni di integrità della ricerca e aveva affermato che se le azioni di scienziati e redattori di riviste avessero oscurato le origini del virus, allora quegli individui sarebbero stati complici della morte di milioni di persone. (Chan ha da allora cancellato quel tweet, che dice di pentirsi di aver postato).

    In Australia, Petrovksy dice che sta cercando di rimanere al di sopra della mischia, evitando di parlare pubblicamente dei suoi risultati nella ricerca di modelli. “Molte persone mi hanno consigliato di non parlarne per scongiurare impatti negativi sullo sviluppo del mio vaccino. Ma alla fine, non è quello che è successo” spiega Petrovsky. L’anno scorso, nel dibattito sulle origini, il suo team è diventato il primo nell’emisfero australe a portare un vaccino per covid-19 alla fase di studi clinici sull’uomo.

    “Se siamo al punto in cui tutta la scienza è politicizzata e nessuno si preoccupa della verità e solo di essere politicamente corretti”, egli conclude, “tanto vale rinunciare e smettere di fare scienza”.

    Charles Schmidt ha vinto il premio Science in Society Journalism Award della National Association of Science Writers. Il suo lavoro è apparso su “Science”, “Nature Biotechnology”, “Scientific American”, “Discover Magazine” e “Washington Post”.
    Questo articolo è stato originariamente pubblicato su “Undark”. Si veda link all’articolo originale.

    Immagine: The Yomiuri Shimbun via AP Images

    (rp)

    Related Posts
    Total
    0
    Share