Il video è stato fondamentale nel processo contro Derek Chuavin, ma gli agenti stanno usando ogni forma di pressione possibile, dall’intimidazione fisica alla manipolazione dei social media per evitare questo tipo di controlli.
di Abby Ohlheiser
Kian Kelley-Chung indossava una maglietta nera con il logo del suo collettivo artistico un giorno dell’estate scorsa quando si è ritrovato a filmare la polizia di Washington, DC, durante una protesta. Era il 13 agosto 2020 e Kelley-Chung registrava le dimostrazioni di Black Lives Matter in città da un paio di mesi. Durante le riprese, nel quartiere di Adams Morgan, ha visto un ufficiale spingere qualcuno a terra e mentre si precipitava a filmarlo, dice, è stato intrappolato da un ufficiale all’interno di un gruppo di persone.
E’ stato a quel punto che un agente graduato ha detto di arrestarlo. Kelley-Chung, le cui foto erano state pubblicate sul “Washington Post”, aveva con sé apparecchiature video, insieme al suo telefono cellulare. “Ho gridato: ‘Sono un giornalista!'”, egli ricorda. Altri nella folla hanno fatto eco alla sua chiamata, ma è stato trasportato in più distretti e ha trascorso ore in una piccola cella con una persona senza mascherina. È stato rilasciato il giorno successivo senza alcuna accusa, così come la maggior parte delle altre 40 persone che sono state arrestate durante la stessa protesta, ma la polizia ha tenuto la sua attrezzatura e il suo telefono.
Quell’attrezzatura potrebbe essere ancora in custodia alla polizia, dice, se non avesse ottenuto assistenza legale. Dopo 10 settimane, con l’aiuto della National Press Photographers Association e del Press Freedom Defense Fund di First Look Media, gli avvocati hanno finalmente recuperato l’attrezzatura di Kelley-Chung.
Hanno quindi citato in giudizio la polizia per violazioni dei diritti civili, con una denuncia che accusava il distretto, la polizia metropolitana e il suo capo ad interim, nonché diversi ufficiali e funzionari locali, di violare la privacy e i diritti del loro difeso ai sensi del primo e quarto emendamento. Ad aprile la causa è stata vinta e a Kelley-Chung è stato riconosciuta una somma “sostanziosa” per indennizzo.
Filmare la polizia è diventato un metodo diffuso per stabilire le responsabilità che è allo stesso tempo essenziale e pericoloso. A causa di un video girato da un passante, sappiamo che l’ufficiale di polizia di Minneapolis Derek Chauvin ha ucciso George Floyd, un uomo di colore sulla quarantina, inginocchiandosi sul collo per quasi nove minuti. Senza il video che ha girato la diciassettenne Darnella Frazier, è molto probabile che Chauvin non sarebbe stato condannato: quando la polizia ha descritto per la prima volta la morte di Floyd in un comunicato stampa, ha affermato che si era verificata “dopo una complicazione medica in seguito al contatto con un agente”.
I cittadini filmano la polizia perchè è successo che gli agenti hanno ferito o ucciso persone e mentono al riguardo, perché è un diritto garantito del Primo Emendamento e perché registrare un incontro con i poliziotti li fa sentire più al sicuro. I dipartimenti di polizia non possono essere semplicemente presi sulla parola e il video indipendente di una possibile cattiva condotta o violenza a volte può essere l’unica possibilità per fare in modo che una falsa narrativa poliziesca ceda il passo alla verità.
Ma come ha scoperto Kelley-Chung, gli agenti di polizia stanno cercando di evitare che ciò accada. Anche se filmare la polizia è generalmente legale se non interferisce con le loro attività, e gli stessi agenti portano sempre più spesso le telecamere, una serie di tattiche impediscono che le loro azioni vengano documentate.
I copwatchers
Hamid Khan, un organizzatore della Stop LAPD Spying Coalition, fa parte di un gruppo di cittadini che filmano la polizia a Los Angeles e osservano e documentano l’operato della polizia. Un paio di organizzazioni addestrano le persone a Los Angeles per filmare in sicurezza la polizia e altri funzionari della città al lavoro, sia per registrare il modo in cui vengono monitorate le proteste sia per catturare chi compie un reato.
L’addestramento, dice Khan, include anche strategie per gestire le tattiche che la polizia utilizzerà per impedire di essere filmata. Queste includono il “bloccare fisicamente una telecamera con i loro corpi” e “minacciare, intimidire, molestare le persone che usano le videocamere”.
Finché la polizia viene registrata in pubblico, mentre svolge i propri compiti, “è idea condivisa, e molti tribunali federali l’hanno confermato, che il diritto di filmare la polizia sia protetto dal Primo Emendamento”, afferma Emerson Sykes, un avvocato del Speech, Privacy, and Technology Project dell’American Civil Liberties Union (ACLU). Queste decisioni sono state prese dai tribunali distrettuali statunitensi, ma non della Corte Suprema, che deve ancora assumere una posizione definita. Recentemente, alla fine di marzo, il decimo tribunale distrettuale si è rifiutato di affermare il diritto del Primo Emendamento di registrare la polizia.
Molti stati, inclusa la California, stabiliscono che filmare la polizia può essere illegale se un agente valuta che un passante con una telecamera stia interferendo con un’indagine. E mentre il diritto di scattare foto e registrare video di agenti di polizia che lavorano in pubblico è abbastanza indiscutibilmente stabilito, le registrazioni audio, comprese quelle effettuate come parte di un video, possono essere un argomento più complicato.
La guida della Electronic Frontier Foundation alla registrazione della polizia rileva che nei luoghi in cui le leggi sulle intercettazioni telefoniche autorizzate da almeno una parte – 38 stati degli Stati Uniti e il Distretto di Columbia – è possibile registrare liberamente l’audio. Nei 12 stati con leggi che prevedono il consenso da entrambe le parti, un dispositivo di registrazione chiaramente visibile “mette in guardia l’agente e quindi il loro consenso potrebbe essere implicito”, ma la polizia potrebbe avanzare obiezioni.
Argomenti legittimi, situazioni illegittime
Ci sono molte ragioni per cui un agente di polizia potrebbe non voler essere ripreso da una telecamera. Alcune motivazioni sono più comprensibili di altre, afferma Adam Scott Wandt, ricercatore di politiche pubbliche al John Jay College of Criminal Justice. In un intervento delicato, come una chiamata per violenza domestica, un agente o una vittima potrebbe non volere che le identità siano rivelate da uno spettatore che condivide un filmato sui social media. Gli agenti sotto copertura, dice, sono anche contrari a essere filmati e a far diventare pubblica la loro identità.
Queste potrebbero essere preoccupazioni legittime, ma i gruppi di osservatori dei comportamenti della polizia dicono che sono argomenti utilizzati dagli agenti anche in situazioni illegittime. Wandt, che è stato un ufficiale a Long Beach, nello stato di New York, per quattro anni prima che i telefoni cellulari con le fotocamere diventassero comuni, dice di averlo sperimentato ora che è professore e fotografo. “In un’occasione un agente di polizia mi ha chiesto di non fotografarlo”, racconta. “Non stava facendo niente. Era in piedi sulla metropolitana. E l’agente di polizia mi ha detto: “Non fotografare mai la polizia!”. Ovviamente la legge non è dalla sua parte”.
Molteplici osservatori affermano di aver visto ripetutamente agenti di polizia citare interferenze in situazioni completamente ingiustificate, utilizzando spesso l’argomento come una minaccia implicita. “Sono stato minacciato”, dice Jed Parriott di LA Street Watch, che sostiene i diritti delle persone senza dimora. Si è anche sentito dire dagli agenti di polizia che le persone senza alloggio che sta filmando non lo vogliono lì e che li sta sfruttando, quando sa per certo che la sua presenza in questo momento specifico è gradita e desiderata.
Street Watch trascorre il tempo negli accampamenti della città, documentando il modo in cui la polizia e i funzionari della città trattano i loro abitanti e osservando le retate, che sono essenzialmente sfratti di massa. L’organizzazione ha sostenuto l’accampamento a Echo Park Lane fino a quando la città non ha chiuso il parco per opere di manutenzione e ha cacciato tutte le duecento persone che vivevano lì. In Echo Park, Parriott stava girando mentre i ranger del parco discutevano e poi affrontavano un giovane “residente” nero.
“Mi sono decisamente preoccupato”, egli spiega. “La tensione era alta. Quando i ranger lo hanno inchiodato a terra, io ero proprio lì, a un metro e mezzo di distanza, a filmare tutto. La gente urlava tutt’intorno a me. Un addetto ai servizi igienico-sanitari ha messo la mano davanti alla mia telecamera. Poi, un ufficiale della polizia di Los Angeles mi ha bloccato la visuale con il suo corpo e mi ha intimato di andarmene”, dice Parriott.
Gli ufficiali della polizia di Los Angeles sono addestrati a gestire le registrazioni dei cittadini come diritto del Primo Emendamento, afferma il tenente Raul Jovel, un portavoce del dipartimento, e ricorda che i corsi di formazione sono continui. Se qualche agente si rifiuta di seguirli, dice Jovel, la risposta del dipartimento varia da un richiamo a un’indagine e un’azione disciplinare.
Il manuale dei Los Angeles Park Ranger include una sezione sulle registrazioni effettuate dai cittadini, dove riconosce questo atto come un diritto, avvisando che i ranger “non proibiranno o interferiranno intenzionalmente con tali registrazioni legali”. Sykes nota un’altra situazione che può essere difficile da gestire per coloro che registrano la polizia: quando un agente vuole vedere una foto o chiede di cancellarla, con il suggerimento implicito o esplicito che si potrà andare via se si acconsente. Sykes dice che questo modo di fare è illegale. In genere è necessario un mandato per vedere le foto o prenderle come prova. “Anche se hanno un mandato di un giudice, e anche se si viene arrestati, non hanno il diritto di cancellare le foto”, egli aggiunge.
Come stare al sicuro
Ma anche se è legale, non è sempre sicuro. Nell’agosto dello scorso anno, un padre che era sceso dalla sua macchina per filmare dall’altra parte della strada dove il figlio era stato arrestato è stato colpito con uno spray al peperoncino e ammanettato. Kelley-Chung, il documentarista, dice di aver sperimentato per la prima volta il senso di pericolo un paio di anni fa, quando lui e un amico sono stati fermati per un motivo banale mentre tornavano al college. Ricorda che l’ufficiale ha tirato fuori il suo amico dalla macchina, arrabbiato perché non aveva aperto completamente il finestrino. Voleva filmare il resto dell’incontro, ma è stato affrontato da un altro agente quando ha cercato in tasca il telefono.
Indipendentemente dalla volontà del singolo agente, dice Wandt, molti “semplicemente non vogliono che le cose vengano riprese dalla telecamera nel caso in cui qualcosa non giri per il verso giusto” e soprattutto non vogliono che il video possa diventare virale. In alcuni casi, gli agenti cercano preventivamente di coprire un collega incline alla violenza. “Ci sono agenti di polizia che si considerano ‘guerrieri’, che giudicano giusto usare la forza”, dice Wandt. “Questi agenti ovviamente non vogliono che la loro faccia o le loro azioni vengano riprese da una telecamera”.
Rimanere al sicuro durante la registrazione delle attività di polizia richiede tattiche diverse a seconda della situazione. Chi assiste alla violenza della polizia in uno spazio pubblico dovrebbe tenersi a distanza, consiglia Kelley-Chung: in questo modo non si può essere accusati di interferenza. Se si viene fermati, una buona soluzione è chiedere a un altro passeggero di riprendere la scena, prima che l’agente si avvicini al finestrino (anche cercare il telefono in tasca può essere estremamente pericoloso, in particolare per le persone di colore). Se è legale in quella zona, una dash cam potrebbe essere un’alternativa, suggerisce Wandt.
Per quanto la fotocamera di un cellulare offra protezione, afferma Wandt, è anche importante tenere presente che “una volta che qualcuno tira fuori una videocamera e inizia a filmare un arresto, cambia assolutamente la natura della situazione per tutti, dalla vittima al sospetto all’ufficiale di polizia”.
“C’è la legge, c’è la Costituzione, e poi c’è quello che succede quando si è faccia a faccia con la polizia”, dice Sykes, l’avvocato dell’ACLU. Capire esattamente quanto respingere un agente di polizia che sta impartendo un ordine illegale è “difficile”, spiega, soprattutto in determinate circostanze, per esempio durante una protesta. L’esperienza sul campo è davvero l’unico modo per leggere se una situazione durante una protesta è sicura. Ma una cosa che Kelley-Chung ha osservato è che la presenza di una telecamera che riprende un agente può proteggere gli altri da comportamenti scorretti.
In ogni situazione, tutti quelli con cui abbiamo parlato hanno lanciato gli stessi avvertimenti: non interferire nelle operazioni di polizia. Rispettare quando la polizia dice di spostarsi, ma senza interrompere le riprese da una nuova posizione, anche se affermano che devi, purché si stia registrando un agente in uno spazio pubblico che svolge le sue funzioni. Gli osservatori della polizia generalmente consigliano ad altri di raccogliere informazioni identificative sulla polizia sulla scena e di annotare l’ora e il luogo. Si può chiedere un numero di badge, ma Parriott sostiene che la maggior parte degli ufficiali in realtà porta solo biglietti da visita.
Una miniera di disinformazione
Nessun singolo video cambierà il modo in cui agisce la polizia e gli esperti sono dell’idea che anche un gran numero di video non cambierà la cultura di molti dipartimenti. Anzi, la polizia ha trovato il modo di utilizzare i video, in particolare i filmati della telecamera del corpo, per rafforzare e controllare la propria narrativa in caso di possibile violenza o cattiva condotta.
Alla gente piace pensare che il video sia semplicemente uno strumento neutrale per acquisire informazioni, afferma Jennifer Grygiel, esperta di comunicazione della Syracuse University, ma non lo è e come viene utilizzato e in quale contesto necessita di approfondimenti. “Possono impostare la narrazione come vogliono e determinare i sentimenti dell’opinione pubblica perché sono i primi a pubblicare informazioni”, dice Grygiel.
Man mano che la polizia diventa più brava nel produrre i propri media, trovare persone al di fuori dei giornalisti che lavorano in pubblico può servire come contrasto a tale messaggio. A volte, come nel caso dell’omicidio Floyd, la documentazione è decisiva.
Ma la capacità della polizia e delle organizzazioni affiliate di diffondere disinformazione è stata evidente durante le proteste dell’estate 2020, quando i dipartimento della polizia hanno ripetutamente promosso informazioni inesatte. Parte di quella disinformazione è diventata virale, aiutata dalla copertura mediatica solidale e dall’internet di destra, decisi a rafforzare la convinzione che le proteste contro il razzismo siano semplicemente un canale per una guerra violenta alla polizia.
I sindacati di polizia hanno avanzato un’allarmante affermazione secondo cui i dipendenti della Shake Shack avevano “intenzionalmente avvelenato” un gruppo di agenti di polizia a Manhattan. La storia ha perso di credibilità la mattina successiva quando gli investigatori del NYPD hanno detto che la sostanza dal sapore sgradevole nei frappè dei tre ufficiali non era “candeggina”, come ipotizzavano i sindacati, e non era stata aggiunta alle bevande di proposito.
Sebbene la Police Benevolent Association e la Detectives Endowment Association alla fine abbiano entrambi cancellato i loro tweet che portavano avanti l’accusa, hanno avuto decine di migliaia di retweet e hanno innescato la copertura della stampa conservatrice e tradizionale. I resoconti dei media sui tweet hanno ottenuto decine di migliaia di condivisioni su Facebook e hanno continuato a circolare anche dopo che la storia è stata smascherata.
E questo è solo un esempio. La scorsa estate, Dermot Shea, commissario del NYPD, ha ripubblicato un video della polizia che rimuoveva pile di mattoni da un marciapiede di South Brooklyn, sostenendo che erano opera di “saccheggiatori organizzati” che offrivano ai manifestanti materiali da utilizzare per la violenza, nonostante le scarse prove che ciò fosse effettivamente vero. Il NYPD ha anche diffuso un avviso agli agenti con immagini di tazze di caffè riempite di cemento, che assomigliano molto a campioni di cemento usati nei cantieri.
A Columbus, in Ohio, la polizia ha twittato una foto di un autobus colorato che, secondo loro, forniva attrezzature pericolose ai “rivoltosi”, alimentando le già dilaganti voci nazionali di “autobus antifa” che giravano per le città. In realtà, l’autobus apparteneva a un gruppo di artisti circensi, secondo i quali le attrezzature citate dalla polizia come forniture antisommossa includevano mazze da giocoliere e utensili da cucina. In breve, la polizia continua a mentire nonostante sia sorvegliata più da vicino che mai.
Foto: La polizia punta le luci su un manifestante con le mani alzate durante una protesta fuori dal dipartimento di polizia del Brooklyn Center mercoledì 14 aprile 2021, nel centro di Brooklyn, in Minnesota, durante la sparatoria fatale in cui Daunte Wright, un uomo di colore, è stato colpito a morte da parte di un ufficiale di polizia bianco. La morte di Wright è avvenuta mentre la più vasta area di Minneapolis attende l’esito del processo per Derek Chauvin, uno dei quattro agenti accusati della morte di George Floyd nel maggio 2020.AP Photo / John Minchillo