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    Effetti collaterali dell’app cinese per il coronavirus

    Monitorare le persone per dire loro se sono state in stretto contatto con un portatore di virus potrebbe causare una serie del tutto nuova di problemi complicati.

    di Angela Chen

    Secondo gli esperti, l’app del governo cinese che consente alle persone di verificare se sono state in prossimità di qualcuno con coronavirus potrebbe ritorcersi contro creando un falso senso di sicurezza o stigmatizzando ulteriormente i malati.

    L’app è stata lanciata questa settimana e ha lo scopo di limitare la diffusione di una malattia che ha finora infettato circa 50.000 persone e ne ha uccise oltre 1.300. Ma mentre la maggior parte delle critiche si è concentrata sul fatto che lo stato di sorveglianza cinese rende possibile la tecnologia, alcuni specialisti in malattie infettive affermano che si tratta di un altro esempio di tecnologia utilizzata senza sufficiente attenzione alle preoccupazioni sociali.

    Sicurezza e stigmatizzazione

    Gli utenti si registrano all’app “close contact detector” utilizzando il loro numero di telefono, nome e ID, ed eseguendo successivamente la scansione di un codice QR sul proprio smartphone. L’app dirà loro se sono stati in prossimità di qualcuno che è stato infettato, il che può significare familiari o colleghi, nonché estranei incrociati sui mezzi di trasporto pubblici.

    Se si scopre che un utente è stato in stretto contatto e quindi potrebbe essere malato o contagioso, l’app consiglia di mettersi in auto-quarantena e di avvisare i funzionari sanitari locali (Ogni persona può anche controllare lo stato di altre tre persone). Non è chiaro esattamente come l’app determini come c’è stato uno stretto contatto, anche se il quotidiano statale “Xinhua” indica che utilizza i dati delle autorità sanitarie e dei trasporti nazionali.

    Ma poiché i test non sono mai accurati al 100 per cento, soprattutto per le nuove malattie, i falsi negativi e i falsi positivi sono sempre un problema, afferma Monica Schoch-Spana, antropologa medica presso il Johns Hopkins Center for Health Security.

    Soprattutto nel caso del coronavirus (ora chiamato COVID-19), molti fattori – dal fatto che i funzionari cinesi non calcolano i casi lievi, che possono ancora essere contagiosi, alle molte persone allontanate dagli ospedali – suggeriscono che l’infezione potrebbe avere una diffusione maggiore di quanto suggeriscano i numeri ufficiali.

    Ci sono già state molte segnalazioni di falsi negativi, di conseguenza, “non tutti coloro che potrebbero essere portatori della malattia sono effettivamente inseriti nel database”, afferma Schoch-Spana. Questa carenza, ella sostiene, potrebbe portare a una falsa sensazione di sicurezza che potrebbe finire con il far abbassare la guardia alle persone. Inoltre, continua, non è solo il contatto che conta, ma la vulnerabilità dei soggetti.

    Essere contrassegnati come potenzialmente contagiosi (con precisione o no) potrebbe anche avere delle conseguenze serie, a causa della reazione sociale alle malattie in Cina, afferma Christos Lynteris, un antropologo ed esperto di epidemie che ha svolto ricerche nel paese. Sebbene tutte le malattie infettive creino un elemento di panico morale, lo stigma in Cina è anche collegato al concetto di “faccia”, strettamente connesso all’onore e alla posizione morale.

    Lo stigma dell’associazione con una persona contagiosa ha un forte impatto sociale, soprattutto in Cina. Pertanto, è probabile che l’app crei una situazione in cui le persone evitino preventivamente gli altri per non “perdere la faccia”, afferma Lynteris.

    Questo isolamento potrebbe effettivamente aiutare a prevenire la diffusione del coronavirus, ma rappresenta anche, per Lynteris, una forma socialmente punitiva, che probabilmente fa parte del design dell’app: “Mi viene da pensare che la stigmatizzazione non sia semplicemente un sottoprodotto, ma lo scopo principale dell’app”.

    Nel bene e nel male

    Questa app è fondamentalmente un sistema di raccolta dei dati. Se qualcuno è contrassegnato come possibilmente contagioso, il governo ha le informazioni di quella persona fino al suo numero ID. Se si tratti di una cosa buona dipende, in parte, dalla fiducia che si ha nelle istituzioni cinesi.

    I residenti di Wuhan, la città cinese all’epicentro dell’epidemia, sono già considerati dei paria nella stessa Cina. Le autorità hanno dato la caccia alle persone malate in città, incoraggiando i cittadini a fornire informazioni in cambio di doni, con il pregiudizio che è diventato così acuto che persino i funzionari del governo hanno invitato le persone a mostrare più comprensione.

    Un’app che contiene informazioni così dettagliate si combina con ciò che Lynteris chiama la lunga storia dell’umiliazione pubblica in Cina. Con i social media che ora agiscono come la piazza della città cinese, non c’è situazione più adatta per farlo, egli spiega. Sebbene l’app non sia pubblica, è ragionevole aspettarsi che le informazioni possano essere raccolte per identificare o esporre persone che “nascondono” storie di contatti di cui potrebbero non essere a conoscenza.

    Tuttavia, Schoch-Spana sottolinea che questa app ha anche il potenziale per essere molto utile. “I dipartimenti sanitari di tutto il mondo hanno risorse limitate, in particolare durante le situazioni di crisi”, ella afferma. Se il governo fosse in grado di utilizzare uno strumento di comunicazione per raggiungere coloro che potrebbero essere infetti, li aiuterebbe a raggiungere i presidi sanitari sul territorio e ad alleggerire gli ospedali.

    Ci sono anche misure che il governo potrebbe adottare per limitare gli svantaggi, spiega Schoch-Spana: la protezione dell’anonimato delle persone nel database; il rifiuto di individuare quartieri o spazi specifici come luoghi di contagio; lo sviluppo di un servizio di accompagnamento che possa far capire il rischio di esposizione o aiutare le persone a organizzare gli sforzi di volontariato.

    In definitiva, anche se questa app difficilmente sarebbe pensabile in altri paesi, è la prova del desiderio diffuso di utilizzare le informazioni per “ottenere grandi quantità di dati su come si diffonde un’epidemia”, afferma Darryl Stellmach, un antropologo ed epidemiologo che lavora con Medici senza frontiere. Per esempio, i ricercatori di Google hanno provato a prevedere l’influenza usando il sistema di ricerca delle persone (Il risultato è che Google Flu Trend ha sovrastimato la diffusione dell’influenza in due stagioni di oltre il 50 per cento).

    L’app cinese sembra qualcosa di confortante per le persone che vogliono pensare che gli esperti possano gestire la situazione . “Ma le epidemie nel loro cuore sono un fenomeno sociale e non possiamo semplicemente usare mezzi tecnologici per affrontarle”, egli sostiene.

    Strumenti come la sorveglianza e le mappe epidemiche devono essere combinati con una visione di come le persone reagiscono sotto pressione, continua Stellmach: “Sono molto titubante riguardo alle soluzioni tecnologiche che vengono rapidamente implementate, in contesti in cui c’è una grande pressione per agire in modo deciso e la necessità di dimostrare di muoversi con grande decisione”.

    Immagine: Getty Images / MIT Technology Review

    (rp)

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