Tre libri esplorano quanto successo con le ricerche sperimentali di He Jiankui e il significato dell’editing genetico per il futuro dell’umanità.
di J. Benjamin Hurlbut
La storia tradizionale del sistema CRISPR è costellata di rischi. La miccia ha preso fuoco quando Antonio Regalado di “MIT Technology Review” ha rivelato nel novembre del 2018 che un giovane scienziato cinese di nome He Jiankui stava usando CRISPR per ingegnerizzare embrioni umani. Almeno tre di loro sono bambini viventi e sono entrati a far parte della storia dell’editing genetico.
Quando, l’anno scorso, Jennifer Doudna ed Emmanuelle Charpentier hanno ricevuto il premio Nobel per l’invenzione del CRISPR, praticamente ogni notizia menzionava anche Jiankui, il cosiddetto cattivo. Il modo di raccontare conta e condiziona non solo il modo in cui il passato viene ricordato, ma anche come si dipana il futuro.
I piani di Jiankui sono stati plasmati su storie del progresso della scienza e dei suoi eroi. Un passaggio importante è avvenuto durante un incontro a porte chiuse ospitato da Doudna all’Università della California, a Berkeley, nel gennaio 2017, a cui era stato invitato. In questa occasione, uno scienziato di un’università americana d’élite ha osservato: “Molte scoperte importanti sono guidate da uno o due scienziati … dalla cosiddetta ‘logica del cowboy’”.
Anch’io ho partecipato a quell’incontro nel gennaio 2017, dove l’ho incontrato per la prima volta. Ci siamo scambiati note periodiche nei mesi successivi, fino a quando l’ho incontrato all’International Summit on Genome Editingal a Hong Kong nel 2018, due giorni dopo che Regalado lo aveva costretto a rendere pubblico quanto stava facendo prima di quando Jiankui avesse deciso di dirlo. Dopo il vertice, è scomparso alla vista, trattenuto dalle autorità cinesi in una guest house nel campus della sua università.
Un mese dopo, mi ha chiamato, volendo raccontare la sua storia. Mi ha fornito un resoconto dettagliato dell’episodio dei bambini CRISPR, spiegando cosa ha motivato il suo progetto e la rete di scienziati, imprenditori, venture capitalist e funzionari governativi che lo hanno aiutato a “fare la prima mossa”.
Dopo l’incontro del 2017, ha iniziato a leggere le biografie di coloro che si sono assunti rischi scientifici e che sono stati infine salutati come eroi, da Edward Jenner, creatore del primo vaccino, a Robert Edwards, pioniere della fecondazione in vitro (IVF). Nel gennaio 2019 ha scritto a chi, a livello governativo, indagava sul suo operato: “Credo fermamente che quello che sto facendo sia promuovere il progresso della civiltà umana. La storia sarà dalla mia parte”.
Guardando indietro ai miei appunti dell’incontro del 2017, ho scoperto che aveva citato solo la prima metà di quella dichiarazione provocatoria, che continuava con le seguenti parole: “Quello che vediamo in questo momento è il successo della ‘logica dei cowboy’ … ma questo non significa che sia il modo migliore per procedere … dovremmo apprendere una lezione dalla nostra storia e fare meglio la prossima volta”.
Imparare dalla storia?
Editing Humanity di Kevin Davies segue un percorso tortuoso attraverso esperimenti e laboratori notevolmente diversi in cui il puzzle di CRISPR è stato messo insieme. La storia della scoperta è avvincente, anche perché Davies, un genetista diventato editore e scrittore, intreccia abilmente una ricchezza di dettagli in una narrazione avvincente. Il libro offre un’immagine strutturata dell’intersezione tra scienza accademica e attività biotecnologica, esplorando l’enorme concorrenza, i conflitti e il capitale che hanno circondato la commercializzazione di CRISPR.
Tuttavia, il libro di Davies è incentrato sul business dell’editing genetico e dedica molto meno spazio all’umanità. La narrazione enfatizza le arene della scoperta scientifica e dell’innovazione tecnologica come se fossero le sole a creare il futuro. Nell’ultima riga del libro, l’umanità appare per la prima volta come qualcosa di più di un oggetto di editing genetico: “CRISPR si sta muovendo più velocemente di quanto la società possa tenere il passo”.
“Eppure la maggior parte delle persone normali non compaiono nella storia. Certo, il focus del libro è su chi pratica l’ingegneria genetica e sugli strumenti a disposizione. Ma per i lettori già pronti a vedere la scienza come il motore del progresso, e la società come recalcitrante e retrograda fino a quando non “si adegua”, questo racconto rafforza il mito consequenziale.
The Code Breaker di Walter Isaacson fa riferimento quasi esclusivo ai laboratori scientifici e alle personalità dietro la realizzazione di CRISPR. La protagonista principale del suo vasto libro è Doudna, ma descrive anche molte altre figure, dagli studenti laureati ai premi Nobel, il cui lavoro si è intersecato con il suo. Con un sentimento di ammirazione misto ad affetto, Isaacson racconta l’eccitazione della scoperta, il calore della competizione e l’ascesa della celebrità scientifica e, nel caso di Jiankui, l’infamia. È una storia affascinante di rivalità e persino meschinità, anche se con enormi poste in gioco sotto forma di premi, brevetti, profitti e prestigio.
Tuttavia, nonostante gli ampi dettagli, il libro racconta una storia angusta. È una celebrazione convenzionale della scoperta e dell’invenzione che a volte scivola in un profilo di celebrità (e pettegolezzi) piuttosto sterile. A parte alcuni capitoli dalle riflessioni piuttosto superficiali di Isaacson sulla’”etica”, la sua narrazione ripete i cliché più di quanto inviti alla riflessione e all’apprendimento. Anche i ritratti delle persone vengono distorti dal suo sguardo compiacente.
L’unica eccezione è Jiankui, che appare come un intruso indesiderato. Isaacson non fa alcun sforzo per capire le sue origini e le sue motivazioni. Lo considera una nullità, “senza personalità e una sete di fama” che tenta di farsi strada in un club d’élite, combinando disastri. La sua storia si conclude con un “processo equo” e una pena detentiva. Qui Isaacson riproduce a pappagallo un rapporto dei media statali, scadendo inconsapevolmente nella propaganda.
Autorizzare una pluralità di narrazioni
Queste storie di scienza eroica danno per scontato il cliché tradizionale di buono e cattivo. Il racconto di Davies è considerevolmente più attento e sfumato, ma non cerca realmente di capire le ragioni del fallimento: da dove proviene il progetto di H, come una persona formata nelle università americane d’élite abbia potuto credere di avere successo e spingersi così lontano senza rendersi conto di quanto fosse profondo il buco che aveva scavato per se stesso.
Nelle mie interviste con Jiankui ho sempre avuto l’impressione che lui stesse cercando di vincere una gara. Il suo fallimento non è stato nel mancato ascolto degli inviti alla prudenza scientifica, ma nel perseguire senza mediazioni l’obiettivo dell’editing del genoma e ritenere che CRISPR avrebbe salvato l’umanità dal peso della malattia e dell’infermità e che il progresso scientifico avrebbe prevalso come è successo quando i pionieri creativi e coraggiosi si sono spinti oltre i confini della conoscenza tradizionale.
La usa idea di fondo è che l’editing genomico della linea germinale – embrioni, ovuli o sperma che trasmetteranno i cambiamenti alle generazioni future – foose inevitabile e l’unica domanda che ci si poteva fare è chi, quando e dove avrebbe portato a termine l’opera.
Come scrive Davies, “Se fissare una singola lettera nel codice genetico di un altro essere umano non è l’ambito calice della salvezza, non so cosa lo sia”. In effetti, come osserva anche Isaacson, le Accademie Nazionali avevano inviato segnali simili, lasciando la porta aperta all’ingegneria germinale per “malattie o condizioni gravi”.
Jiankui è stato duramente criticato per aver apportato una modifica che era “non necessaria dal punto di vista medico”, un cambiamento genetico che sperava avrebbe reso i bambini geneticamente resistenti all’HIV. Esistono, hanno sostenuto i critici, modi più semplici e sicuri per evitare la trasmissione del virus, ma Hiankui credeva che il terribile stigma in Cina contro le persone sieropositive rendesse un intervento così radicale un obiettivo giustificato.
E le Accademie hanno lasciato spazio a quell’appello: “È importante notare che concetti come” alternative ragionevoli “e” malattia o condizione grave “… sono necessariamente vaghi. Società diverse interpreteranno questi concetti nel contesto delle loro diverse caratteristiche storiche, culturali e sociali”.
Jiankui lo ha inteso come un via libera. Queste sono le vere origini del suo grottesco esperimento. L’immagine del suo operato, e della comunità scientifica in cui era inserito, è decisamente più ambigua della scienza virtuosa del racconto di Isaacson. O meglio, è più umana, nel senso che la conoscenza e l’acume tecnico non sono necessariamente accompagnati da saggezza e possono invece marciare a fianco di ambizione, avidità e miopia.
Isaacson rende un disservizio agli scienziati presentandoli come i creatori del futuro invece che come persone che devono gestire il fantastico potere degli strumenti che hanno creato, tentando (e, spesso, fallendo) di temperare le promesse di progresso con l’umiltà di riconoscere che sono oltre la loro portata. Un altro costo della narrazione incentrata sulla scienza è l’idea che quest’ultima si trovi al di fuori della società, che si occupi principalmente delle arene pure della natura e della conoscenza. Ma questa è una falsa narrativa.
Per esempio, l’attività commerciale della fecondazione in vitro è una parte cruciale della storia, eppure riceve molta poca attenzione nei racconti di Davies e Isaacson. A questo proposito, i loro libri riflettono un deficit nei dibattiti sull’editing del genoma. Le autorità scientifiche hanno avuto la tendenza a procedere come se il mondo fosse governabile come un banco di laboratorio, e come se chiunque sia dotato di raziocinio la debba pensare come loro.
Le storie dell’umanità
Queste storie incentrate sulla scienza mettono da parte le persone in nome delle quali viene svolta la ricerca. The Mutant Project di Eben Kirksey restituisce loro un ruolo. Anche il suo libro è un tour degli attori alle frontiere dell’editing del genoma, ma per l’autore questi attori includono anche pazienti, attivisti, artisti e studiosi che si occupano della disabilità e della malattia come esperienze vissute e non semplicemente come molecole di DNA.
Nel libro di Kirksey, le questioni della giustizia sono intrecciate con il modo in cui vengono raccontate le storie su come i corpi dovrebbero essere e non essere, strappando le questioni del progresso dalla morsa della scienza e della tecnologia. Come Davies, Kirksey usa la vicenda di Jiankui per inquadrare la sua storia. Abile antropologo, dà il meglio di sé quando affronta le storie personali.
Alcune delle interviste più interessanti del libro sono con i pazienti delle sperimentazioni di Jiankui, incluso un professionista medico sieropositivo che si è impegnato a fondo nel progetto di He dopo essere stato licenziato dal suo lavoro perché con HIV.
L’attenzione di Kirksey per gli esseri umani come qualcosa di più che corpi ingegnerizzabili e per i desideri che guidano l’imperativo di modificare, ci invita a riconoscere lo straordinario pericolo di entrare nel kit di strumenti di modifica genetica a scopo salvifico. Questo pericolo è troppo spesso oscurato da storie superficiali di progresso.
L’ultima mattina del vertice sull’editing del genoma a Hong Kong, meno di 24 ore dopo che aveva presentato il suo esperimento sui bambini CRISPR, il comitato organizzatore della conferenza ha rilasciato una dichiarazione in cui contemporaneamente lo rimproverava e diffidava coloro che avrebbero seguito le sue orme. Dietro questa affermazione c’era l’idea che la tecnologia va avanti e la società si accoda.
Finora, la storia di CRISPR ha riguardato la corsa per essere il primo a scrivere non solo articoli scientifici, ma anche i nucleotidi del genoma e le regole per il futuro umano. La fretta di scrivere – e vincere – il futuro lascia poco spazio alle lezioni che vengono dal passato. Dobbiamo narrare le storie nel modo giusto. Il nostro futuro comune dipende da questa capacità.
Immagine di: Andrea Daquino
(rp)