Dall’inizio del mese MIT Technology Review Italia ha adottato un nuovo sistema di categorie per classificare i materiali redazionali. Ogni cambiamento categoriale comporta, ovviamente, una riflessione su quanto sta avvenendo nel mondo della innovazione e sul ruolo che uno strumento editoriale come il nostro può interpretare nella conoscenza di questi processi innovativi.
di Gian Piero Jacobelli
I nostri lettori più assidui avranno notato che nella Home Page della nostra rivista online sono cambiate le categorie con cui vengono classificate le notizie quotidiane, a fini di ricerca, ma soprattutto come griglia di riferimento per comporre le edizioni mensili.
Un cambiamento categoriale, soprattutto quando avviene all’inizio della primavera (e quando, se no?), ha sempre un valore che trascende le sue funzioni pratiche – la individuazione e la raccolta delle informazioni pertinenti – per riferirsi a logiche di scenario. Con lo scopo di ricomporre le diverse e talvolta contrastanti tendenze vettoriali di un campo, come quello scientifico e tecnologico contemporaneo, in costante e sempre più travolgente evoluzione.
A ragione, nella sua intrigante antologia La vertigine della lista (Bompiani, 2012), Umberto Eco osservava che «ci sono liste che hanno fini pratici e sono finite, come la lista di tutti i libri di una biblioteca; ma ve ne sono altre che vogliono suggerire grandezze innumerabili e che si arrestano incomplete ai confini dell’indefinito». Come dire che, per guardarsi consapevolmente e responsabilmente intorno, bisogna insieme guardare avanti, anche se talvolta si corre il rischio di guardare troppo avanti.
Nel nostro caso, acquista uno specifico e conoscitivamente impegnativo significato il passaggio da una categorizzazione prevalentemente settoriale, anche se già in marcia verso fattori tendenziali, a una categorizzazione che persegue l’intendimento programmatico di una ricognizione degli snodi fondamentali su cui si articolano i processi di globalizzazione socio-economica: l’energia, la robotica, la genetica, la multimedialità, la imprenditorialità.
Per altro, considerate le nostre originarie e perduranti relazioni con la Casa Madre, cioè con la edizione bostoniana di MIT Technology Review, non sorprenderà la decisione di conservare alla definizione categoriale la terminologia anglosassone. Non soltanto perché nei processi innovativi i fronti d’onda della scienza e della tecnologia manifestano un movimento così rapido che la traduzione delle parole non riuscirebbe a tenere dietro a quella delle cose. Ma anche perché, in concreto, quando si usano le stesse parole, si possono più facilmente trovare le stesse cose, offrendo così ai nostri utenti la possibilità di una ricognizione consequenziale negli archivi delle varie edizioni della rivista.
Proprio a causa della loro complessa articolazione concettuale, che include diversi snodi operativi, ci sembra opportuno dettagliare le singole categorie sulla falsariga di quelle d’oltre oceano, nelle loro molteplici componenti contestuali, anche perché risultino meglio motivate le singole attribuzioni a venire.
Sustainable energy: renewable energy, GMOs and agriculture, desalination and water technologies, carbon removal and geoengineering, adapting to the economic and social impact of climate change.
Intelligent machines: robotics, artificial intelligence and machine learning, autonomous vehicles and drones, quantum computing.
Rewriting life: gene editing, gene therapy and immunotherapy, personalized medicine and neuroengineering, synthetic life.
Connectivity: social media, virtual and augmented reality, mobile computing and broadband, Bitcoin and digital ledgers, security and privacy, the Internet of Things.
Business impact: smart startups, new business models suggested by new technologies, technological unemployment and inequality, the future of work.
In italiano restano espresse, invece solo le due categorie “estreme” (perché si trovano all’inizio e alla fine della “lista”): quella degli editoriali e quella degli eventi, che si riferiscono alle nostre considerazioni, volte, per così dire, a ricontestualizzare il globale nel locale, e alle nostre iniziative promozionali, volte a valorizzare le più interessanti risorse personali e imprenditoriali che maturano anno per anno nel nostro paese.
Per concludere, ci sia consentito un faceto riferimento al titolo “stravagante” che abbiamo scelto per questa nota: “Conoscimenti benevoli”, mutuato dalla paradossale classificazione dell’Emporio celeste di conoscimenti benevoli che Jorge Luis Borges citava, o inventava, nel racconto “L’idioma analitico di John Wilkins” (Altre Inquisizioni, Feltrinelli 1963), a cui Michel Foucault si ispirò nel celebre saggio su Le parole e le cose (1966).
«Nelle sue remote pagine è scritto che gli animali si dividono in (a) appartenenti all’Imperatore, (b) imbalsamati, (c) ammaestrati, (d) lattonzoli, (e) sirene, (f) favolosi, (g) cani randagi, (h) inclusi in questa classificazione, (i) che s’agitano come pazzi, (j) innumerevoli, (k) disegnati con un pennello finissimo di pelo di cammello, (l) eccetera, (m) che hanno rotto il vaso, (n) che da lontano sembrano mosche».
A differenza di questa fantastica e sconcertante classificazione borgesiana, classificando “benevolmente”, cioè coerentemente e utilmente, noi non cercheremo di «praticare il caos», ma soltanto di ricomporre, per quanto possibile, un quadro accessibile, ma dinamico, di un panorama che è “caotico” proprio perché muta continuamente velocità e direzione.