La politica tecnologica non è una priorità per il presidente eletto, anche se le Big Tech hanno sostenuto con ampi donazioni la sua campagna.
di Eileen Guo
Durante la sua campagna per la conquista della Casa Bianca, il presidente eletto Joe Biden è stato relativamente moderato nei toni riguardo all’industria tecnologica. In una importante intervista del gennaio 2020 con il “New York Times”, Biden ha sostenuto di voler revocare la sezione 230 e di non essere d’accordo con la politica amichevole dell’amministrazione Obama con la Silicon Valley e ha definito i dirigenti delle aziende tecnologiche “insensibili” che mostravano una “palese arroganza”.
Ma le aziende di Internet sono state anche tra i primi 10 donatori della sua campagna, gli addetti ai lavori del settore tecnologico lo hanno sostenuto e il vicepresidente entrante Kamala Harris ha legami di lunga data con la Silicon Valley come ex procuratore distrettuale a San Francisco. A parte l’accesso alla banda larga, la politica climatica e la risposta al coronavirus, tuttavia, la tecnologia potrebbe non essere in cima alla lista delle priorità di Biden, afferma Gigi Sohn, che è stata consigliere di Tom Wheeler, il presidente della Federal Communications Commission durante l’amministrazione Obama.
Meno di 24 ore dopo che la prima rete televisiva aveva dichiarato vincente Joe Biden, il presidente eletto ha pubblicato su un sito web l’agenda dettagliata della sua futura amministrazione. Le aree di intervento prioritarie erano quattro: covid-19, ripresa economica, giustizia razziale e cambiamento climatico. La tecnologia è stata menzionata brevemente, ma con un focus sull’espansione della banda larga di Internet, piuttosto che sulla regolamentazione delle aziende Big Tech. Allora come sarà la regolamentazione tecnologica sotto la presidenza Biden? Non è chiaro, ma ci sono diversi punti degni di attenzione.
La causa contro Google andrà avanti
Alla fine di ottobre, il Dipartimento di giustizia ha intentato la tanto attesa causa antitrust nei confronti di Google. Mentre gli esperti sono divisi sulla validità della causa stessa, concordano sul fatto che non verrà abbandonata dalla presidenza Biden. Semmai, alcuni sostengono, sarà rafforzata, specialmente con diversi stati (incluso New York) che dovrebbero presentare le proprie azioni legali, che potrebbero essere combinate con le iniziative del DOJ.
Inoltre, l’amministrazione Biden ha “la capacità di fare la sua parte”, afferma Charlotte Slaiman, direttrice della politica di concorrenza presso l’organizzazione di difesa Public Knowledge. “In realtà, ci sono altri problemi di concorrenza relativi a Google che potrebbero attribuiti all’azienda”, ella afferma, comprese potenziali pratiche anticoncorrenziali negli spazi pubblicitari a pagamento.
Nel frattempo, Andrew Sullivan, presidente e CEO di Internet Society, afferma di “sperare” che una presidenza Biden significhi “meno tentativi di interferire nel funzionamento diretto di Internet”. Questo non significa un ripudio della regolamentazione antitrust, egli aggiunge: “Ci sono molti Democratici che vorrebbero assistere a un ridimensionamento di queste aziende, quindi potremmo non vedere un grande cambiamento nella politica”.
Riorientare il dibattito sulla Sezione 230
Biden ha sostenuto la revoca della Sezione 230 del Communications Decency Act, che protegge le aziende Internet dalla responsabilità per i contenuti che ospitano. Sohn afferma che la sua posizione attuale è più sfumata e che, sebbene la Sezione 230 continuerà a essere un’area di dibattito, è probabile che i regolatori abbandonino le azioni proposte da Trump. “Spetta al Congresso legiferare sull’argomento e ai tribunali interpretarla”, spiega Sohn.
A suo parere, la presidenza Biden ridiscuterà la questione senza tener conto della posizione repubblicana che parla di pregiudizi anti-conservatori delle aziende di social media, mai provati, per focalizzare l’attenzione sulle dimensioni e il potere di queste aziende. Una conferma viene da una serie di tweet di Bill Russo, vicedirettore delle comunicazioni della campagna di Biden, che ha affermato che l’incapacità di Facebook di affrontare la disinformazione “sta distruggendo il tessuto della nostra democrazia”.
Le priorità stanno cambiando
Se i repubblicani conquisteranno il Senato, o se i democratici si ritroveranno solo con una maggioranza ristretta, “l’antitrust tecnologico cadrà in fondo alla lista delle priorità”, afferma Alec Stapp, direttore tecnologico del Progressive Policy Institute. Più nello specifico, egli afferma, la necessità di creare un piano per il coronavirus e un pacchetto di stimoli diventeranno l’obiettivo principale.
Durante l’estate, House Democrats ha pubblicato un rapporto di 449 pagine sulle pratiche monopolistiche di Apple, Amazon, Facebook e Google. Charlotte Slaiman, direttrice delle politiche sulla concorrenza di Public Knowledge, un’associazione non-profit di Washington che si occupa di tematiche come le leggi sulla proprietà intellettuale, lo definisce “un problema importante” che caratterizzerà la legislazione a venire.
Evan Greer, vicedirettore delle politiche dell’organizzazione di difesa dei diritti civili Fight for the Future, afferma che esiste già una “rabbia diffusa per gli abusi delle società Big Tech” e che è necessaria un’azione politica che possa “affrontare la questione alla sua radice.” Ciò significa non solo ridurre le dimensioni dei monopoli, “ma anche vietare modelli commerciali di sorveglianza dannosi”.
Secondo alcuni esperti, come Sohn, il risultato può essere ottenuto attraverso una legge nazionale sulla privacy e sulla protezione dei dati dei consumatori, simile al Consumer Privacy Act della California, che è stato ampliato nelle recenti elezioni statali. “Queste aziende sono così potenti per il fatto che hanno accesso a tutti i nostri dati. Limitare il loro accesso ai dati ridurrebbe efficacemente questo potere”, ella conclude.
L’amministrazione Obama ha avuto un rapporto privilegiato con la Silicon Valley e le indicazioni della campagna di Biden suggeriscono che queste stesse relazioni hanno aiutato a farlo eleggere. Secondo i dati del Center for Responsive Politics, che tiene traccia del finanziamento della campagna, Biden ha lanciato una raccolta fondi ospitata dal dirigente di Comcast David Cohen nell’aprile 2019 e ha raccolto oltre 25 milioni di dollari da aziende di Internet. Un certo numero di addetti ai lavori della Silicon Valley si sono uniti al suo team, tra cui una ex dirigente degli affari governativi di Apple, Cynthia C. Hogan, che è stata uno dei quattro co-presidenti del suo comitato di selezione del vicepresidente.
Il modo in cui queste donazioni politiche e le mosse individuali influenzeranno l’approccio dell’amministrazione alla Big Tech è ancora da definire, ma i legami tra politica e Silicon Valley sono stati ben documentati. Il Revolving Door Project, un’organizzazione senza scopo di lucro che si occupa dei rapporti tra l’industria e il governo, ha segnalato che 55 dipendenti di Google sono entrati nell’amministrazione Obama in posizioni influenti, mentre 197 ex funzionari di Obama si sono uniti a Google alla fine del mandato governativo.
Foto: AP / Jeff Chiu