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    Come il cervello regola la paura

    Decifrati al Max-Planck-Gesellschaft i segnali corporei con cui il cervello mantiene l’equilibrio di fronte al pericolo.

    di MIT Technology Review Italia

    Per quanto sgradevole, la sensazione della paura è fondamentale alla nostra sopravvivenza: previene comportamenti rischiosi e promuove lo stato di attenzione necessario a confrontarsi con il pericolo. Esiste però un equilibrio ideale in questo stato: una percezione alterata della paura può compromettere gravemente la qualità della vita quotidiana, avvelenandone l’esperienza con disturbi d’ansia, attacchi di panico o una tendenza al rischio estremo. 

    Come si mantiene in equilibrio la paura? Il primo a manifestare segni di paura è il corpo: il cuore batte più velocemente, la respirazione diventa più superficiale, i movimenti si ‘congelano’, i sensi si fanno più acuti. La domanda che si sono posti i ricercatori del gruppo di ricerca di Nadine Gogolla al Max-Planck-Gesellschaft, però, è come queste informazioni vengano elaborate dal cervello per mantenere l’equilibrio nella paura. 

    Nel loro studio pubblicato dalla rivista Science, i ricercatori hanno puntato i riflettori sulla corteccia insulare, una regione del cervello che elabora le emozioni, sia positive che negative, e informazioni da organi del corpo come cuore o polmoni. 

    Per studiare il ruolo della corteccia insulare nella regolazione della paura, gli studiosi hanno osservato il comportamento di un gruppo di topi. Associando ad una precisa tonalità uditiva l’esperienza di uno stimolo sgradevole, hanno portato i topi a manifestare segni di paura, come il ‘congelamento’ dei movimenti tipico di molte specie, tra cui la nostra. In una seconda fase, i topi sono stati rieducati a non temere il suono liberandolo da ogni associazione sgradevole.

    Per comprendere il ruolo della corteccia insulare nell’esperienza della paura, i ricercatori me hanno disattivato le funzioni in alcuni dei soggetti, con risultati sorprendenti. Rispetto ai topi con una normale attività della corteccia insulare, i topi inizialmente più paurosi hanno impiegato più tempo a disimparare ad aver paura, mentre i più impavidi se ne sono liberati più velocemente. Come spiega Alexandra Klein, prima autrice dello studio, starebbe quindi alla corteccia cerebrale contenere i livelli della paura entro un certo intervallo. Negli animali più paurosi favorisce l’allentamento della paura, mentre nei topi meno paurosi aiuta a mantenerla viva.

    In un approfondimento dei processi coinvolti, i ricercatori hanno esaminato l’attività della corteccia insulare in topi che manifestavano gradi di paura differenti. Secondo quanto osservato, non appena un topo al congelamento evocato dalla paura si associavano nei soggetti una diminuzione sia della frequenza cardiaca diminuiva che delle attività della corteccia insulare. I topi timorosi si bloccavano sostanzialmente più spesso e più a lungo quando sentivano il tono, il che potrebbe spiegare la disattivazione osservata della loro corteccia insulare.

    Per testare la connessione tra la frequenza cardiaca e l’attività della corteccia insulare, gli scienziati hanno interferito con il flusso di informazioni tra corpo e cervello attraverso il nervo vago. È interessante notare che quando lo scambio tra cuore e cervello è stato interrotto, l’attività della corteccia insulare è rimasta stabile e non è diminuita durante il congelamento. Lo studio dimostra quindi che la corteccia insulare richiede un feedback dal corpo per mantenere la paura a un livello appropriato. Inoltre, fornisce la prova che i cambiamenti corporei che si verificano durante il congelamento sono una parte essenziale della regolazione delle emozioni e che il congelamento non è solo una risposta emotiva passiva all’emozione.

    Poiché le disfunzioni della corteccia insulare negli esseri umani sono associate a vari tipi di disturbi d’ansia, questa ricerca apre nuove prospettive sulla possibilità di utilizzare il comportamento e il suo feedback corporeo per regolare attivamente le emozioni. “Per molto tempo, le neuroscienze hanno ignorato il fatto che il cervello non funziona in condizioni di isolamento. Anche il corpo svolge un ruolo cruciale nella regolazione delle emozioni. Il nostro studio suggerisce che dovremmo considerare l’importanza dei segnali corporei quando cerchiamo di capire come sono le emozioni. regolamentato”, afferma Alexandra Klein.

    (lo)

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