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    Chi vincerà la corsa al vaccino?

    Il mondo intero vuole un vaccino, ma ogni paese cercherà in primo luogo di assicurare in via prioritaria una dose ai suoi abitanti.

    di Antonio Regalado

    L’azienda cinese Sinovac Biotech ha sviluppato un vaccino sperimentale per la SARS nel 2004. Quella malattia è scomparsa dopo aver ucciso solo 800 persone e il progetto è stato accantonato. Ma la ricerca passata ha significato che quando il nuovo coronavirus, il SARS-CoV-2, è esploso in Cina lo scorso gennaio, l’azienda aveva a disposizione una road map per sapere come muoversi. Quattro mesi dopo, ha pubblicato le prove che avrebbe potuto proteggere le scimmie dalla malattia, utilizzando un semplice vaccino a base di virus ucciso.

    Rispetto ad allora, la Cina ha un problema diverso: non abbastanza covid-19. Le sue misure di blocco draconiane hanno annullato il virus così efficacemente che i medici non trovano pazienti su cui testare efficacemnte il loro vaccino. Gli Stati Uniti fronteggiano un gran numero di infezioni, ma le tensioni tra i paesi hanno significato che nessun vaccino cinese per il covid-19 sarà mai testato sul suolo statunitense. 

    A giugno, Sinovac ha stretto un accordo con un centro vaccinale brasiliano, l’Istituto Butantan di San Paolo, per condurre una grande sperimentazione su circa 9.000 operatori sanitari. Da parte del Brasile, colpito seriamente dal covid-19, le richieste sono chiare: Butantan pagherà l’intera operazione e recluterà i volontari, ma in cambio Sinovac fornirà al paese sudamericano 60 milioni di dosi di vaccino e gli consentirà di produrre anche ulteriori scorte. 

    Il Brasile può farlo perché, dagli anni 1980, ha sviluppato con cura la sua capacità di studiare, produrre e imbottigliare vaccini a Butantan e in un secondo centro vicino a Rio de Janeiro. “Il programma nazionale di immunizzazione del Brasile ha come obiettivo l’autosufficienza”, afferma Ricardo Palacios, il medico per le malattie infettive di Butantan che sta conducendo lo studio.

    Le persone in ogni paese del mondo sono già in attesa dei vaccini per il covid-19. Gli Stati Uniti, attraverso un’iniziativa governativa chiamata Operazione Warp Speed, hanno già investito più di 5 miliardi di dollari per convincere i produttori di farmaci a produrre vaccini sul loro suolo. La Cina ha un portafoglio di propri candidati e ha aumentato gli investimenti nelle biotecnologie.

    Ma altri paesi, in particolare in Europa, nel corso degli anni hanno venduto o chiuso i centri di produzione del governo, trascurato le competenze settoriale a livello nazionale, o si sono affidati ai paesi vicini per produrre e imbottigliare vaccini. Ampie scorte di vaccino per il covid potrebbero diventare un’arma di potere geopolitico, come lo sono ora il petrolio e gli arsenali nucleari. 

    I governi ci faranno affidamento per far ripartire l’economia e garantire la stabilità politica. Le alleanze stanno cambiando, con la parte del leone che va a paesi che possono creare vaccini, testarli, e fornire il prodotto finito. Il resto del mondo osserva con apprensione, timoroso di essere lasciato indifeso contro la pandemia mortale.  

    Prima l’America

    La corsa verso i vaccini per il covid si è svolta con una velocità senza precedenti. A luglio, diversi candidati, tra cui quello di Sinovac, avevano dimostrato di proteggere le scimmie e si erano dimostrati sicuri nei test iniziali sulle persone.  La fase successiva degli studi clinici deve verificare se funzionano nel conferire l’immunità. Gli esperti dicono che avremo bisogno di diversi vaccini, non solo uno, ed è probabile che all’inizio le scorte saranno decisamente limitate. Ecco perché esiste già una concorrenza senza precedenti tra le nazioni per assicurarsi la supremazia. 

    Dietro le quinte, il baratto per l’accesso ai vaccini è già iniziato, afferma Pierre Morgon, un consulente biotech che ha lavorato con CanSino, un altro produttore cinese di vaccini covid.  Durante la pandemia influenzale H1N1 nel 2009, quando collaborava con l’azienda farmaceutica francese Sanofi, dice Morgon, i diplomatici a Parigi hanno selezionato quali paesi avrebbero dovuto ottenere forniture prioritarie. L’elenco comprendeva nazioni che forniscono materie prime da cui la Francia dipende: gas, petrolio e uranio. “Era tutto abbastanza evidente”, spiega Morgon.

    E non saranno solo gli stati a competere per l’accesso, ma anche aziende, individui, persino gruppi criminali pronti a dirottare un camion frigorifero. Durante l’epidemia di H1N1, la Francia ha inviato la sua gendarmeria ai cancelli dello stabilimento Sanofi. “Quando hai qualcosa che scarseggia e c’è una forte domanda,aumenta il suo valore commerciale”, continua Morgon. “Basta guardare le mascherine, con le persone che le rivendono a multipli enormi.” I servizi segreti occidentali affermano che la Russia ha già schierato un team di hacker noto come Cosy Bear per svelare i segreti dei vaccini dai server del Regno Unito e degli Stati Uniti.

    Negli Stati Uniti, l’amministrazione Trump ha l’obiettivo di assicurarsi 300 milioni di dosi di un vaccino sicuro ed efficace entro gennaio e ha cercato di garantirsele attraverso accordi di “pre-acquisto”. Quando ha annunciato un pagamento di 1,6 miliardi di dollari a Novavax, un’azienda biotecnologica senza vaccini sul mercato (i soldi sono per produrne uno), il Department of Health and Human Services ha specificato che “il governo federale sarà proprietario dei 100 milioni di dosi del vaccino sperimentale”. 

    Il messaggio è: prima gli americani.

    Un accordo di acquisto anticipato degli Stati Uniti altrettanto rischioso con Sanofi in quanto nessun vaccino offre garanzie assolute, ha creato un conflitto diplomatico con la Francia. L’amministratore delegato di Sanofi, Paul Hudson, ha affermato che gli Stati Uniti “hanno diritto a qualsiasi preordine perché si sono assunti il rischio dell’investimento”. I funzionari francesi hanno definito la spiegazione “inaccettabile”, dicendo che un vaccino dovrebbe essere “un bene pubblico globale” e che “la parità di accesso per tutti al vaccino non è negoziabile”. 

    Allo stesso modo, a giugno, Medici Senza Frontiere, un’organizzazione internazionale non governativa, ha rilasciato una dichiarazione infuocata contro le “misure di accumulo nazionaliste”, affermando che “la solidarietà globale dovrebbe essere il punto di partenza fondamentale”. 

    L’alleanza senza scopo di lucro per il vaccino Gavi, che ha sede a Ginevra e acquista vaccini per i paesi poveri, sta raccogliendo 2 miliardi di dollari per stipulare i propri accordi di pre-acquisto per le vaccinazioni per il covid-19 in modo che tutti possano ottenere rifornimenti allo stesso tempo. “Abbiamo coscienza del pericolo che i vaccini vengano acquistati dai paesi ricchi, lasciando in attesa il resto del mondo”, afferma Seth Berkley, CEO di Gavi Seth. 

    “Capisco i governi nazionali che cercano di proteggere i loro cittadini … ma il problema è che nessuno è al sicuro se tutti non sono al sicuro”, egli dice. “Se le epidemie infuriano nel resto del mondo, non si può tornare alla normalità, non si può viaggiare, non si fermerà la crisi economica”. 

    Invece che cercare di immunizzare prima tutti gli abitanti di pochi paesi, continua Berkley, sarebbe meglio distribuire le dosi iniziali per vaccinare una parte della popolazione di ogni paese. Se ci saranno 2 miliardi di dosi disponibili nel 2021, come si ipotizza, ogni paese potrebbe vaccinare il 20 per cento dei suoi cittadini, compresi gli operatori sanitari, quelli a più alto rischio e i potenziali “superdiffusori” come detenuti, rifugiati nei campi profughi e lavoratori degli impianti di lavorazione delle carni.  

    La realtà potrebbe essere leggermente diversa, afferma Clint Hermes, avvocato di Bass, Berry & Sims, specializzato in sperimentazioni sui vaccini. “Anche se non è giusto che alcuni paesi comprino prima di altri, è assai probabile che accada”, afferma Hermes. “Non credo che nessuno si aspetti che gli Stati Uniti inviino il vaccino in Angola prima di somministrarlo in Arkansas… La vera sfida per un accesso equo è come farlo funzionare. Gli esperti di etica possono sedersi in una stanza e decidere chi ottiene cosa e in quale ordine, ma niente di tutto ciò ha importanza a meno che non venga stabilito come finanziare le operazioni”.

    Una scommessa da vincere, ma non a ogni costo

    Per ora, non ci sono prove che un vaccino funzioni, quindi tutte le scommesse comportano dei rischi. All’inizio della pandemia, gli Stati Uniti e le organizzazioni senza scopo di lucro hanno sostenuto con convinzione le tecnologie avanzate che sono state rapide nell’individuare candidati, ma non hanno ancora portato a un vaccino approvato o prodotto su larga scala. Le varie proposte includono il vaccino RNA sviluppato da Moderna Pharmaceuticals e un’iniezione di DNA di Inovio Pharmaceuticals; in tutti e due i casi l’idea è di introdurre informazioni genetiche del virus nelle cellule di una persona. Tra le altre, gli Stati Uniti hanno anche finanziato Johnson & Johnson, che utilizza un approccio più convenzionale. 

    Morgon paragona questa corsa a una gara in cui ci sono “uno struzzo, un cavallo e un cane” al cancelletto di partenza ed è permessa ogni tipo di scommessa”. In Brasile, il presidente di estrema destra Jair Bolsonaro, a volte chiamato il “Trump tropicale”, ha sostenuto che il virus è un semplice raffreddore, ha licenziato il suo ministro della salute e ha affermato che un farmaco contro la malaria, la clorochina, era la cura vincente, prima di contrarre il covid-19 nel mese di luglio. Invece di passare attraverso il governo federale, lo sviluppo del vaccino cinese è finanziato da João Doria, governatore dello stato più ricco del paese, San Paolo, e rivale di Bolsonaro per la corsa alla massima carica del paese.

    Il vaccino di Sinovac utilizza un approccio collaudato, vale a dire che il virus viene chimicamente inattivato o ucciso, e Palacios afferma che il Brasile sarà attrezzato per produrlo localmente una volta che una linea di produzione sarà stata adattata. Berkley vede quindi una situazione sulle stile della favola di Esopo, La lepre e la tartaruga, in cui gli approcci convenzionali a piccoli passi possono raggiungere prima il mercato.

    Nonostante l’attenzione diffusa sul vaccino, alcuni temono che sia la priorità sbagliata. William Haseltine, un tempo ricercatore sull’HIV e imprenditore nel settore delle biotecnologie, pensa che si dovrebbero intraprendere più tentativi per i farmaci antivirali, la strategia che alla fine ha portato l’AIDS sotto controllo. Questo, dice, farebbe guadagnare tempo per creare un vaccino la cui sicurezza sia assoluta prima di inocularlo a miliardi di persone. 

    “Non siamo di fronte a una situazione ordinaria per lo sviluppo di un vaccino, perché la pressione politica ed economica per trovare una soluzione al problema è troppo sostenuta”, dice Haseltine. “Se lanciamo un vaccino che non è completamente sicuro e si presentano effetti collaterali seri, sarà l’inferno e potrebbe costare un prezzo alto in termini di vite”.

    La scienza è sotto processo

    Quest’estate e in autunno, aziende e ricercatori dovrebbero iniziare ad avere dati sufficienti per capire se i vaccini in fase di sviluppo proteggano davvero le persone dall’infezione del coronavirus, o almeno dai suoi effetti letali.  Gli Stati Uniti hanno dedicato una rete finanziata a livello federale con sede presso il Fred Hutchinson Cancer Research Center di Seattle, che ha testato i vaccini contro l’HIV, alla raccolta di prove su cinque vaccini per il covid-19 in grandi sperimentazioni di 30.000 persone ciascuna. Le aziende cinesi, senza un numero sufficiente di casi a casa loro, stanno conducendo studi in Canada, Brasile e altrove.

    Lawrence Corey, un virologo di Fred Hutchinson che è stato scelto all’interno dell’operazione Warp Speed, a luglio, per dirigere le sperimentazioni negli Stati Uniti, afferma che la caccia al vaccino si sta muovendo rapidamente perché gli scienziati hanno “pianificato il successo”. Piuttosto che aspettare la prova finale che il prodotto sia efficace, per esempio, le aziende stanno utilizzando i fondi del governo degli Stati Uniti per aumentare la produzione ora. “Gli studi si moltiplicano velocemente, molto più di qualsiasi altra operazione in cui sia mai stato coinvolto”, afferma Boris Juelg, un medico di Harvard che è tra coloro che si dedicano a tempo pieno agli studi sul covid-19. 

    Il pericolo ora è che i governi premano per il rilascio prematuro di un vaccino. Negli Stati Uniti, per esempio, la Food and Drug Administration ha approvato la clorochina per il trattamento del covid-19, solo per cambiare idea settimane dopo, quando è diventato chiaro che il farmaco non funzionava. A quel punto, l’India aveva bloccato le esportazioni di materie prime, gli Stati Uniti avevano speso milioni in scorte inutili e il presidente del Brasile aveva ordinato all’esercito di produrre vaste scorte del farmaco. 

    Un’altra preoccupazione è che le prove a favore o contro un vaccino possano essere distorte. Già una parte considerevole della popolazione sospetta che i vaccini facciano parte di un complotto. I sondaggi statunitensi condotti questa estate mostrano che circa un quarto degli intervistati afferma che rifiuterebbe un vaccino contro il coronavirus.

    Anche i politici dicono la loro. A luglio, il presidente Trump ha dichiarato che gli Stati Uniti usciranno dall’OMS, un organismo che ha un ruolo importante nella definizione di standard condivisi a livello saniatrio, come il tipo di topo su cui testare i vaccini. La Casa Bianca ha anche attaccato il suo virologo di punta, Anthony Fauci, il cui istituto finanzia la sperimentazione dei vaccini.

    Dall’inizio della pandemia, la rapida condivisione delle informazioni è stata un’arma chiave contro il virus. È stata la pubblicazione della sequenza genetica del virus a gennaio, da parte di scienziati cinesi, a dare il via alla corsa al vaccino. Successivamente, i medici europei hanno inondato le riviste accademiche con descrizioni di casi e di terapie che avevano utilizzato per gestire malattie gravi. Con i vaccini, siano essi originari della Cina, degli Stati Uniti o del Regno Unito, la condivisione dei dati sarà fondamentale in modo che i ricercatori possano confrontare le strategie adottate. 

    Si può, per esempio, capire se qualcuno ha sviluppato l’immunità al virus misurando il livello di anticorpi o di alcune cellule immunitarie nel sangue. In questi casi, il terzo o il quarto vaccino che raggiunge il mercato potrebbe ottenere l’approvazione solo sulla base dei biomarcatori. Non sarà necessario attendere un anno, come in una tipica sperimentazione su un vaccino, per scoprire quale percentuale di persone a cui è stato somministrato il vaccino successivamente si è ammalata. 

    Per Corey, del Fred Hutchinson, è probabile che il coinvolgimento di grandi multinazionali come AstraZeneca e Merck funga da baluardo contro la politicizzazione della ricerca e delle forniture di vaccini. Durante la crisi dell’Ebola, il vaccino vincente è stato creato in Canada, venduto a Merck, finanziato dagli Stati Uniti e testato in Guinea, sotto il coordinamento dell’OMS. Ora è prodotto in Germania. “Difficile attribuire il merito a una singola nazione”, conclude Berkley.

    Immagine: Nicolas Ortega

    (rp)

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