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    Antibiotici, antiepilettici, caffeina, nicotina: i nostri fiumi sono intossicati dai farmaci

    Un nuovo studio ha esaminato 258 fiumi in tutto il mondo, tra cui il Tamigi a Londra e l’Amazzonia in Brasile, per misurare la presenza di 61 farmaci, come carbamazepina, metformina e caffeina. Si è scoperto che più di un quarto dei corsi d’acqua presi in esame mostra concentrazioni potenzialmente tossiche. 

    di MIT Technology Review Italia

    Nonostante la crescente evidenza degli effetti deleteri sulla stato di salute del pianeta, poco si sa della presenza globale di prodotti farmaceutici nei fiumi. Gli studi finora effettuati su questo tipo di inquinamento si riferiscono solamente a 75 paesi, con la maggior parte delle ricerche condotte in Nord America e nell’Europa occidentale. In questo modo si sono lasciate scoperte ampie regioni geografiche. 

    Un nuovo studio, pubblicato su “PNAS”, rientra nel Global Monitoring of Pharmaceuticals Project della University of York, la prima indagine veramente su scala globale sulla contaminazione ambientale da parte dei medicinali. Il set di dati è di alta qualità e riguarda  le concentrazioni di 61 principi attivi farmaceutici (API) e composti utilizzati in medicina e come materiali di consumo (caffeina, nicotina)

    I composti mirati sono stati selezionati sulla base della loro potenziale pericolosità per l’ambiente. Lo studio ha incluso i principali fiumi mondiali come l’Amazzonia, il Mississippi, il Tamigi e il Mekong. I campioni d’acqua sono stati ottenuti da siti che si estendono da villaggi in cui non vengono utilizzati farmaci moderni, ad alcune delle città più popolate del pianeta e hanno incluso zone con climi del tutto differenti, dalla tundra alpina d’alta quota in Colorado alle regioni polari dell’Antartide, ai deserti tunisini.

    Come riportato da “Phys.org”, dai dati si ricava che l’inquinamento farmaceutico sta contaminando l’acqua in tutti i continenti e che esistono forti correlazioni tra lo stato socioeconomico di un paese e il maggiore inquinamento dei prodotti farmaceutici nei suoi fiumi, con le nazioni a reddito medio-basso tra le più inquinate. 

    In precedenza il monitoraggio degli API in queste aree è stato limitato o nullo. Per esempio, dei paesi all’interno del 10° percentile più elevato per le concentrazioni cumulative di API nei rispettivi bacini idrografici, sono disponibili solo tre pubblicazioni precedenti per la Nigeria, due per la Tunisia, una per Costa Rica e Palestina e nessuna per Armenia, Repubblica Democratica del Congo, Etiopia e Bolivia. 

    Laddove, invece, la ricerca precedente è stata più intensa (per esempio, negli Stati Uniti e in Germania, con più di 300 pubblicazioni precedenti in ciascun paese), le concentrazioni totali erano generalmente sostanzialmente inferiori rispetto alle regioni meno studiate, indicando che le precedenti ricerche si sono concentrate principalmente su aree in cui sono probabili rischi minori per l’ecosistema e la salute umana. A conferma di ciò, i paesi e le regioni più inquinati del mondo sono quelli che sono stati meno studiati (vale a dire l’Africa subsahariana, il Sud America e parti dell’Asia meridionale).

    E’ emerso anche che le attività maggiormente associate ai livelli più elevati di inquinamento farmaceutico includevano lo scarico di rifiuti lungo le sponde dei fiumi, le infrastrutture inadeguate per le acque reflue e la produzione farmaceutica e lo scarico del contenuto delle fosse settiche residue nei fiumi. Lo studio ha rivelato che un quarto dei siti conteneva contaminanti (come sulfametossazolo, propranololo, ciprofloxacina e loratadina) a concentrazioni potenzialmente dannose.

    Questo studio dimostra come l’uso di un protocollo di campionamento dal design ridotto al minimo con metodologie analitiche rapide ed economiche e una comunità globale ben collegata ci consenta di studiare le esposizioni alle API e i conseguenti rischi nei fiumi su scala veramente globale. 

    L’approccio potrebbe essere applicato ad altre API e altre classi di inquinanti, come prodotti per la cura personale, sostanze chimiche che alterano il sistema endocrino, pesticidi e metalli. L’integrazione di metodi analitici non mirati potrebbe anche consentire l’identificazione di inquinanti globali sconosciuti.

    In futuro, secondo i ricercatori, il metodo di lavoro si potrebbe estendere anche ad altri mezzi ambientali, come sedimenti, suoli e biota. Ciò consentirebbe lo sviluppo di set di dati su scala globale sull’inquinamento, che potrebbero avere un valore inestimabile per il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, in particolare l’obiettivo 6.3: migliorare la qualità dell’acqua attraverso una riduzione dell’inquinamento e la riduzione al minimo del rilascio di materiale chimico pericoloso e di acque reflue non trattate nell’ambiente acquatico.

    (rp)

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